lunedì 19 settembre 2011

Dalla Corea (14) - 18 settembre 2011



Ultimo giorno pienamente coreano, una pigra domenica, sveglia non tardi ma mi prendo il mio tempo prima di andare in dipartimento, fuori è nuvoloso, ha piovuto la notte abbassando la temperatura, si sta meglio fuori che dentro (senza aria condizionata). In dipartimento ci stanno sia Ki sia Ara, d’altra parte il campus è fatto anche per questo, invece di lavorare da casa si può fare benissimo lo stesso in università, con il vantaggio che si incontra qualcuno, gli studenti possono studiare insieme, certo non c’è tanta gente, però è aperto e non è completamente vuoto. Il gruppo della professoressa di Chemical Education ieri (sabato) ha avuto un lungo group meeting, per dire, dalle dieci del mattino alle cinque del pomeriggio. Posso proporlo in Francia, sarei da solo (anzi fino ad Evry di sabato non ci vado manco io), in USA invece qualche studente potrebbe denunciarti (scherziamo con Ki pensando a queste due ipotesi). A pranzo andiamo in un ristorante ancora diverso (non siamo mai stati a mangiare due volte nello stesso posto in quindici giorni, incredibile) dove mangiamo una cosa quasi europea, praticamente è carne in brodo, con brodo annesso, anzi servita in quelle tipiche ciotole con il brodo e i pezzoni di carne ancora attaccati agli ossi, portano le forbici e delle pinze per liberarli, tagliarli e mangiarli con le bacchette, la solita ciotola di riso e l’immancabile chimci (che rende il lesso un lesso coreano). C’è anche una buona salsetta a base di salsa di soia e mostarda in cui inzuppare la carne. Buono, leggero (è carne bollita in pratica) e nutriente. Ci vogliamo prendere lo sfizio di un caffè da qualche parte (è pur sempre domenica) ma sono tutti chiusi, quindi ripieghiamo per il supermercato che è attrezzato per vendere quei caffè solubili, con tanto di distributore di acqua bollente e tavolini (volendo, e così fanno gli studenti spesso per il pranzo e/o la cena) si possono comprare delle cose da mangiare cui va messa solo dell’acqua bollente per farle diventare delle zuppe o da passare al microonde (di cui è anche attrezzato il supermercato).
Il pomeriggio passa poi tranquillo, finisco di analizzare anche le traiettorie della di-glicina, sbrigo qualche faccenda, navigo un po’, intanto alle tre Ara va via, ma lei e Ki mi accompagnano domani alla stazione dei bus per mettermi su quello che va all’aeroporto, e arriva un’altra studentessa di Ki a stampare delle cose. Alle sei poi ci sta uno spettacolo televisivo che piace tanto a Ki dove sono in competizione sette cantanti (magari in una delle appendici lo spiego), a confermare che le trasmissioni canore vanno molto qui in corea. La migliore secondo me è (come l’altra volta) una cantante “anziana” (dicono loro, credo abbia una cinquantina d’anni) mulatta, mezza coreana e mezza afroamericana, e quindi la voce (oltre all’interpretazione) unisce la potenza coreana con il timbro afro.
Dopo ultimo bakali e tortino di chimci, in un posto ancora nuovo, uno finto tradizionale, perché arredato in legno ma dentro uno di quegli edifici moderni dove stanno i negozi al limitare del campus. E per finire, congedandoci con l’ultimo brindisi di bakali arriva anche l’ultima storia zen (dice che mi manderà dei titoli e ripete che il vero zen è in corea ... ). “Mentre pregavano al tramonto, quando il sole stava scomparendo oltre l’orizzonte e rendeva tutto rosso il cielo, il sacerdote si avvicinò e chiese: è giorno o notte? Lo guardarono stupiti e lui continuò, né giorno né notte”. Queste sono “domande” e in particolare questa si accoppia con un’altra storia: “Stavo facendo un’escursione in montagna, a nord di Seoul, oltre il palazzo reale, là dove il confine non è lontano, quando ad un tratto sentii da un lato i fucili del campo militare e dall’altro, contemporaneamente, la campana del tempio. E mi fermai incapace di continuare”.
Ora cerco di addormentarmi presto perché domani si deve partire di buon mattino e mi attende un viaggio molto lungo che mi riporterà nella vecchia e pigra Europa.

p.s. nota del mattino: sono all’aeroporto di Seoul dove c’è internet gratis, sia attraverso una serie di mini portatili di una nota marca coreana, sia attraverso il free wifi. All’avanguardia, non capisco perché da noi (ma anche in USA eccetto Dallas o Houston) continuino a chiedere soldi per navigare ... che poi si chiama proprio airport il sistema. Riesco così a caricare la giornata di ieri prima di imbarcarmi.

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