domenica 29 agosto 2010

Comincia il campionato

Anche se già ci sono stati gli anticipi, i posticipi degli anticipi, e ancora ci saranno posticipi e anticipi dei posticipi, oggi comincia il campionato. Allora mi lancio in alcune considerazioni (per quello che la mia insufficiente cultura calciofila mi consente) sulle squadre che stanno per prendervi parte.
Il mercato è poi ancora aperto e già l'anno scorso gli ultimi colpi di coda hanno riservato sorprese e giocatori fondamentali (Wesley Snijder, per esempio).

Inter. Per la prima volta da anni la squadra è più debole di quella dell'anno precedente. Ha solo ceduto giocatori e non ne ha acquistato alcuno. I "gladiatori" dello scorso anno sono più vecchi di un anno. Un Milan in nuce, soprattutto in difesa. Si parla tanto di acquistare un centrocampista e un attaccante, ma si dimentica che in difesa i giovani latitano. Si potrà affidare solo alla possibile sorpresa del giovanissimi Coutinho? Lo "zero tituli" è una possibilità. Una pausa fisiologica.

Roma. Per la Roma vale lo stesso discorso, o quasi, dell'Inter, con la scusante dei gravissimi problemi societari. Adriano e Simplicio restano due punti interrogativi enormi. Se dal punto di vista societario sarà un anno cruciale, forse dovrebbe iniziare a pensare a gestire l'ancor più difficile passaggio sportivo: l'era post-Totti.

Milan. Con l'arrivo di Ibrahimovic ha sicuramente una marcia in più. Se lo svedese-zingaro tuttofare riuscirà a colmare le lacune difensive allora. Se poi a centrocampo Boateng (uno dei pochi acquisti giovani recenti del Milan) riesce a imporsi, allora potrebbero esser dolori per gli altri. Poi si sa, nell'anno delle elezioni Berlusconi compra il campione ad effetto e la squadra deve andare a mille, almeno fino alle urne ...

Sampdoria. La partenza di Del Neri e un po' di "appagamento" rischiano di non far ripetere la super-annata scorsa. L'eliminazione dalla Champions' League è già il primo segnale, ma forse puo' far bene.

Palermo. Fa parte, insieme a Udinese e Genoa, di quelle squadre che arrivano "misteriose" all'inizio di campionato. Nel suo caso dopo un'ottima annata, qualche cessione importante (Cavani su tutti) e mercato sotterraneo. Se Rossi fornirà continuità potrà bissare la scorsa stagione.

Napoli. Acquisti importanti (Cavani) e cessioni dolorose per la tifoseria (Quagliarella). L'impressione è che la squadra sia meno forte, ma soprattutto instabile psicologicamente, a metà del guado tra speranza e realtà consolidata. Come Palermo, Samp e Genoa, ma più difficile da gestire nella realtà partenopea.

Juventus. La più attiva sul mercato. Molti innesti e cessioni, inevitabili. Una rivoluzione che andava fatta, anche se seguire la strada di tanti acquisti "piccoli" anziché un solo grande nome (a parità di spesa) non paga sempre subito. Diventa pero', con Milan e Inter, una delle favorite al titolo. Perché con tutti i difetti che le si possono trovare, la Juventus resta sempre una squadra che quando non è al tracollo puo' vincere. Se poi tra i nuovi acquisti uno o due faranno un exploit allora sarà dura per le altre.


Le altre.
vedo bene il Genoa e la Lazio, invece più deboli Fiorentina e Udinese. Un punto interrogativo il Cagliari, e gravato da difficili conferme il Bari. Le sorprese da una di queste squadre possono sempre arrivare, anche se non per le zone alte della classifica.

Morale: scommetto in un non-scudetto dell'Inter (a mercato ancora da chiudere).

Nuova grafica

Dopo più di tre anni un ritocchino grafico

venerdì 6 agosto 2010

FantaPolitica mai? (con la P maiuscola)

Mentre in questi giorni siamo in tanti a trastullarci con la fantapolitica, quella con la p minuscola dove si discetta di possibili scenari di assetti governativi, di date di elezioni, di coalizioni e di candidati premier, la cosa triste è che in pochi, tra quelli che dovrebbero farlo di mestiere, si ricordano della Politica, con la P maiuscola.
Se infatti in pochi anni gli assetti partitici sono cambiati enormemente, e cambiano con una velocità incredibile, altre due cose non cambiano mai: le facce che determinano questi assetti e, cosa ancor peggiore, la struttura antiquata della società italiana. Non cambiano i problemi dell'accesso ad un lavoro dignitoso, il superamento dell'assistenzialismo familiare che, inopportunamente e ingiustamente, supplisce ad un sistema di aiuto di giovani, anziani e malati, dei tanti blocchi corporativi pigri e conservatori che tanto dicono ma poco fanno. E la lista potrebbe essere molto lunga.

E troppo poco spesso si ricorda il nesso inevitabile tra formazioni politiche e necessità sociali. Oggi Ivan Scalfarotto ci ricorda della vocazione maggioritaria del PD, dimenticata da troppi. Ma soprattutto ci ricorda come quella vocazione maggioritaria non sia una formula politichese ma la conseguenza della missione principale del PD per la società italiana: portare un progetto modernizzatore, progressista, di rottura delle corporazioni, di inversione del punto di vista sulla giustizia sociale.

L'analisi della società italiana che portava nel 2007 alla nascita di quel progetto come conseguenza di questo bisogno di rottura delle politiche "pigre", dell'attesa e della "provvidenza", e quindi alla nascita del PD come forza aperta e per questo a vocazione maggioritaria, perché i soggetti interessati a questo tipo di società sarebbero potuti e dovuti confluire al suo interno e, in un meccanismo virtuoso, ampliarne la forza innovatrice e il consenso, è tuttora valida.
Purtroppo pero' ai buoni propositi, come sappiamo bene, non sono seguiti i fatti. Si è ritornati alla politica con la p minuscola che guida tutto e tutti. Alle alleanze senza un modello di società di riferimento fini a se stesse. All'immaginare mostri politici, come l'ammucchiata da Fini al PD.
Manca infatti la consapevolezza che i movimenti e le alleanze politiche nascono da una comunanza di bisogni sociali e di modello di cambiamento. L'assurdo dell'alleanza politica tra una sinistra moderna e progressista con il centro post-democristiano e post-fascista, non è tanto storica e nominalistica, ma nasce proprio da un diverso modello sociale che dovrebbe essere alla base del senso politico del PD.
La destra Fini-Casini, come ho detto ieri, è una destra conservatrice basata su un modello di società centralista da una parte e localista-baronale dall'altro. E' questo il modello del PD ed è questo il tipo di società che l'elettorato progressista italiano vuole abbracciare nella (vana) speranza di cosi' contrastare la destra di Bossi e Berlusconi?
Io spero di no e soprattutto credo che l'elettorato progressista italiano ne sia più consapevole di quanto pensino i suoi sedicenti dirigenti. E qualora se lo fosse dimenticato faremmo bene noi tutti a non smettere di ricordarglielo.

giovedì 5 agosto 2010

in un viaggio molto strano

Il cuore della divisione

Con la votazione di ieri sulla sfiducia a Caliendo si è materializzato un "fronte" formato da FLI, UDC, MPA e API. Questo fronte ha, chiaramente, trovato un pretesto nella "questione morale" (chi è in parlamento grazie ai voti di Cuffaro di tutto puo' parlare tranne che di questione morale) ma è cementato da qualcosa di più profondo.
Qualcosa che rischia di spaccare ancor più il governo della giustizia. Ed è la concezione dello stato, che si esplicita in questi anni con il termine "federalismo".

Il nuovo fronte ha infatti una visione "à l'ancienne" del rapporto tra stato e cittadino. Una visione democristiana, paternalistica, dove al localismo baronale si affianca un grande stato riparatore che dispensa sicurezza. La sicurezza degli impieghi statali, regionali, provinciali, comunali, para-statali. Uno stato che non lascia il cittadino mai solo, ma in cambio gli chiede l'anima. Gli chiede di appoggiare il barone locale. Una concezione dell'italia che non è passata, che è ancora attuale, da molti (i giovani) vista come un miraggio e che quindi, al di là del buon senso economico che dovrebbe farci capire quanto sia impossibile, ha ancora un grande appeal.
Questa destra conservatrice è chiaramente antitetica alla destra di Berlusconi, ma soprattutto di Bossi e Tremonti. Per questo il cuore della divisione verrà e rischierà di generare dei grandi movimenti tellurici nel governo quando arriveranno i decreti di attuazione del federalismo.
Su queste contraddizioni e su queste due destre dovrebbe avere gioco facile la sinistra per incunearsi. Certo dovrebbe chiarire molte cose, come avrebbe dovuto fare da anni. Ora il tempo per farlo rischia di scadere presto, addirittura di precipitare.

mercoledì 4 agosto 2010

Fantapolitica (quella con la p minuscola)

Bhe a questo punto la fantapolitica pullula, ed è difficile non cedere a previsioni.
Difficile poi separare quello che si spera da quello che sembra possibile. Per questo provo a evocare alcuni "scenari". E' chiaro che l'assetto politico è radicalmente cambiato. Il governo è minoritario alla camera, PDL+Lega infatti qui hanno bisogno dell'appoggio di Fli, che già sta trovando sponde in UdC, Api, MPA. La loro strategia neanche tanto velata è quella di tenere sotto scacco il governo. Un esercizio difficile, che puo' portare a diverse soluzioni.

Scenario 1. A settembre Berlusconi approfitta di una scusa (che anzi si trova ad arte) e fa cadere il governo, capisce che lo vogliono fare bollire lentamente e sa che andando alle urne PDL+Lega puo' vincere se gli altri non sono organizzati. Questo mette fuori gioco Fini, che dovrà puntare a presentare il "terzo polo" con UdC, MPA e API. Il PD tenterà di corteggiare il centro, ma Fini non puo' andare col PD, la sua lista non la voterebbe neanche sua madre e forse anche il PD dovrebbe comprendere che alleati con il grigio centro avrebbe meno voti del PDS. Un PDS-S. La situazione pero' precipiterebbe cosi' velocemente che i "mestatori" potrebbero non avere il tempo. Quindi il PD andrebbe al voto con l'unica coalizione che abbia un senso, PD-IdV-SEL. Candidato premier Bindi. Prevedo un'onorevole sconfitta.

Scenario 1.bis. Si vota ad ottobre ma nel PD riescono a prevalere i pavidi e quindi fare un'ammucchiata non riuscita, ovvero PD-UdC-Fini-MPA-Api. IdV e SEL vanno da soli. Il candidato naturale della nuova destra del PD sarebbe Enrico Letta (uomo di destra). Il PD di fatto non esiste più, la sinistra prende il 15% e vincono B&B, ovviamente.

Scenario 2. Il tira-e-molla riesce a passare l'anno solare. Perché Berlusconi ha paura che Napolitano dia l'incarico a qualcun altro, magari a uno dei suoi e che insomma meglio vivacchiare fino a febbraio che entrare nell'incognita delle "grandi intese". Si vota in primavera. A quel punto l'asse Fini-Casini si è organizzata e puo' presentarsi con più forza davanti all'elettorato come un centro-destra europeo. Il PD prima o tardi capirà che con Fini si possono fare di concerto imboscate parlamentari ma non presentarsi davanti agli elettori. Si costituisce l'asse PD-IdV-SEL, magari anche con primarie. Candidato premier Chiamparino. Con due destre, la coalizione di sinistra ha buone possibilità di vincere.

Scenario 3. Tra una cosa e l'altra riescono a tirarla ancora più lunga, con una rigenerazione interna del centro-destra, magari arrivando addirittura a finire la legislatura. Troppi dettagli è impossibile non solo prevederli ma neanche immaginarli.

Scenario 4. Si fa un "governo di transizione", che verrebbe additato subito da Berlusconi come un "ribaltone". Che pero' fa comodo a Berlusconi perché si assumerebbe la responsabilità di una finanziaria "lacrime e sangue", di cui il PD sarebbe co-signatario (da tipico idiota) e con l'impero mediatico il Cavaliere l'imputerebbe ai soliti comunisti. Si vota a maggio-giugno e Berlusconi rivince a mani basse.

Quindi, a Berlusconi convengono gli scenari 1 (e 1.bis) e 4. Al PD lo scenario 2, a Fini lo scenario 3. A Casini vanno bene un po' tutti ...
Cosa succederà dipende al 90% da Berlusconi e al 10% dall'intelligenza di Fini-Casini (e dalle sponde dell'opposizione) nel non tirare troppo la corda.

domenica 1 agosto 2010

Elezioni?

Le nubi che si addensavano da alcuni mesi sul cielo del PDL hanno finalmente scatenato un temporale. Non proprio fulmini a ciel sereno, ma certamente quando due anni fa nasceva una maggioranza di governo con quella che è (è stato?) forse il più ampio margine parlamentare della Repubblica, pochi si potevano immaginare una situazione “à la” Prodi, ovvero un esecutivo Berlusconi sotto il ricatto di gruppuscoli di parlamentari “di lotta e di governo”. Ma la politica (quella con la p minuscola) italiana ci riserva sempre sorprese. In mancanza di grandi piani economici per contrastare la crisi economica o di strappi nelle consuetudini ottocentesche dei rapporti sociali o di rilanci della crescita culturale e quindi democratica e produttiva (ovvero di Politica, con la P maiuscola), si hanno sempre intrighi, trappole parlamentari, paventati governi di transizione (verso dove poi ...) o di larghe intese (su cosa non si sa) o ancora peggio per fare la legge elettorale (ma se i partiti non sono d’accordo neanche al proprio interno su un modello di legge elettorale come possono esserlo tra loro!). Tutte formule che fanno impazzire di gioia cronisti e “esperti” e che potrebbero avere anche un senso se non avessero l’effetto controproducente di far percepire come “quelle cose” la politica, mentre, appunto, la vita quotidiana si affronta con sempre maggiori difficoltà e l’unione sociale (quella su cui la politica vera dovrebbe lavorare) si disintegra.

Ma tant’è. Arriva l’estate e ora passeranno il tempo a tramare (per parafrasare un ministro della Repubblica). Quello che però non possiamo non domandarci è: cosa succederà a settembre? Se poi agli intrighi interni (che nascondono sempre una divaricazione sociale nella rappresentanza) si dovesse aggiungere una “crisi sociale” allora l’esplosione (o meglio l’implosione) sarebbe garantita. Fermo restando che il boccino resta dalla parte della maggioranza, cosa dovrebbe fare o dire l’opposizione? A caldo verrebbe da dire che la cosa migliore e più giusta sarebbe martellare sul fallimento della maggioranza che ha fatto come, anzi peggio, di quella di centro-sinistra. Perché se il governo Prodi del 2006 nasceva già debole (1 senatore di scarto e, soprattutto, 11 partiti), il governo Berlusconi del 2008 aveva come uno dei suoi maggiori vanti proprio quello di essere diverso “antropologicamente” dalla sinistra: una vasta maggioranza, 2 partiti e tutti fedeli al presidente e al programma votati dagli italiani. Hanno quindi dimostrato di non essere in grado di mantenere un governo che nasceva bene (e specularmente bisognerebbe far notare il “miracolo” di Prodi che riuscì a tenere in vita un governo “nato male” per un anno e mezzo) per non parlare della inazione quando si tratta di contrastare il declino (per riprendere un’espressione cara a chi criticava dall’interno il governo Prodi solo alcuni mesi prima di passare nel centro-destra). Inazione che non manca quando c’è da difendere il gruppo dirigente dai pericoli di inchieste giudiziarie o tagliare sulla pelle delle classi sociali che non li hanno votati.
Quella grande differenza numerica si è quindi ridotta a soli sei-otto mesi in più di vita politica? Ancora il governo è lì, e la sua fine è solo una possibilità. Forse Berlusconi reggerà e non cadrà nella tentazione delle elezioni anticipate. Forse no.
Ma l’opposizione? E’ sano e saggio domandare “governi di transizione” come prima risposta a caldo? Soprattutto quando non si hanno i numeri per imporsi? Non si fa solamente il gioco mediatico della destra e non si fa semplicemente la parte di chi ama tramare e ha paura delle elezioni? Certamente sciogliere dopo solo due anni e mezzo una legislatura che è seguita ad una precedente che è durata solo due anni non è un bene per la democrazia. Perché se votare è sempre un atto democratico, l’inflazione elettorale rischia di generare “mostri”, di indebolire cioè la democrazia facendo apparire le elezioni inutili.

Agosto comincia con un dilemma, chiedere a gran voce elezioni?, e con un’incognita, reggerà il governo? Perché se tutti noi ci auguriamo che finisca il governo Berlusconi (uno dei peggiori degli ultimi anni, anche del suo precedente), restano non pochi dubbi su quale scenario augurarsi per l’immediato futuro.