sabato 26 gennaio 2013

Martedì 29, ore 19:30 a Parigi

Martedì 29, alle 19:30 presso la sezione PS del 2° arrondissement si discuterà di Università e Ricerca con Maria Chiara Carrozza, Laura Garavini, Elio Carozza, Francesco Cerasani e Marco Meloni.

Penso che sia un'ottima occasione per vedere quali sono le idee del PD sull'argomento.

sabato 19 gennaio 2013

L'Italia Giusta



Ecco, questo "manifesto virtuale" del Partito Democratico mi piace. Senza personalismi, senza nomi e senza facce. Un inizio di cambiamento che speriamo trovi forza nelle urne perché si esca dai personalismi che hanno distrutto la società italiana in questi venti anni.

La strada è difficile, in salita, dura. Perché ancora molti, a destra, al centro e a sinistra, hanno una visione incentrata sui "leaders risolutivi" della gestione politica. E' questo il punto fondamentale, secondo me, per cui il cambiamento può arrivare solamente dando forza al Partito Democratico. Senza nomi, senza facce, con tante persone, anche diverse, anche con diverse opinioni su singole questioni, come diversa e plurale è la società italiana.

Manca poco più di un mese. Dopo l'appello "formale" di questa mattina che ho scritto per il circolo di Parigi, adesso uno più spicciolo per i miei pochi lettori: daje!

giovedì 17 gennaio 2013

Tribuna Politica

Sapete che sono un appassionato della politica della prima repubblica e che ai moderni talk shows preferisco le care vecchie Tribune Politiche.

Cercando quelle degli anni 80 che ricordo, ho trovato questi 40 minuti di Vittorio Foa per Democrazia Proletaria, che non è solo un'intervista ma una vera e propria lezione di cultura politica.

E intanto vado alla ricerca di altri video nella rete.

domenica 13 gennaio 2013

Industria, consumi, lavoro


Nel dibattito politico si mette spesso al centro della questione quella del "lavoro". Si parla di articolo 18, di forme di contratti di lavoro, di precariato, di concorsi. A me a volte però sembra che così facendo si parta dalla fine. Voglio lanciare allora qualche riflessione e domanda, non da 'esperto' ma da semplice cittadino (non è che solo gli esperti possono parlare di queste cose, no?) e, perché negarlo, militante del PD.

Il "lavoro" per come lo conosciamo noi (e con il sistema previdenziale ed assistenziale che si è configurato, in modi anche diversi ma con un fondo comune, nella società occidentale) è dato dall'industrializzazione della società. Ora la crisi dell'industrializzazione per come la conosciamo non è di oggi. I motivi sono tanti, e alcuni di questi sono 'fisici' (materie prime) e non ci possiamo fare molto. I 'servizi' hanno così preso sempre più importanza. Per servizi si intendono tante cose, e tra questi anche le finanza (pensiamo all'Inghilterra, il paese che ha inventato la società industriale dove le industrie non esistono quasi più ...). Ma da una parte vogliamo prodotti sempre più economici, dall'altra anche ai servizi non diamo sempre il valore che forse dovrebbero. E allora arriva il corto circuito: i consumi.
Perché il sistema tenga si deve consumare, ma il consumatore di massa punta al ribasso dei prezzi, ergo aiuta la produzione di prodotti più economici. E allora guadagna meno, e cerca ancor più di comprare prodotti meno cari. E così via. E' chiaro che è un ragionamento limite, e la 'qualità' data dall'innovazione tecnologica, per esempio, può rompere questo circolo vizioso. Ma nel mondo dell'informazione quando qualcuno ha capito come fare una cosa, questa cosa è nota a tutti in poco tempo.
La lotta al "consumo", d'altra parte, rischia però di essere anch'essa un boomerang : se nessuno consuma nessuno lavora. Il successo del boom economico fu che l'automobile era un bene non così costoso da essere di nicchia né così piccolo ed economico da non tirare dietro tutta un'economia. Ammettiamolo: la centralità dell'auto nella nostra società era un piccolo miracolo. Ma è un sistema che può ancora reggere?

Si può fermare questo circolo partendo dalla fine, come sostiene chi mette al centro la legislazione sul lavoro? Il loro assunto è che cambiando la legislazione sul lavoro si creeranno delle condizioni di maggiore produttività. Io non sono così convinto che sia un passaggio di necessità. Lo sarebbe se l'occidente fosse investito da un processo di aumento dell'industrializzazione e l'Italia dimostrasse averne di meno per la sua legislazione. Ma non mi risulta sia così. Si dovrebbe perciò partire dalla testa, ovvero dall'industrializzazione. Ma pianificare l'industrializzazione è possibile? E che tipo di industrializzazione? Quella basata sull'auto ? (ovvero quella del boom economico) Penso non sia possibile. Molti diranno, come fece Obama nel 2008: green economy. Ho paura però che fino ad oggi ci sia poco di concreto dietro questo nome affascinante. E infatti Obama non l'ha fatta e nella campagna del 2012 non mi risulta ne abbia parlato così tanto come quattro anni prima.

Restano delle domande. Il PD è l'unico che parla di governo dei processi industriali. Dovrebbe però farsi sentire di più e non farsi sommergere dai falsi problemi (la legislazione sul lavoro) e dal circo della politica delle dichiarazioni. E rimettersi al centro del dibattito politico.

martedì 8 gennaio 2013

La guerra dei capi all’ombra della Tour Eiffel



Il mio primo articolo per iMille del 2013 è sulla destra francese. E' sempre bello vederli litigare ...

Perdere non fa mai bene a nessuno. Ne sanno qualcosa dirigenti e militanti dell’UMP, il partito di Sarkozy che si è dilaniato per quasi due mesi nella «guerra dei capi», ovvero nel confronto drammatico che ha visto contrapporsi François Fillon a Jean-François Copé, per giungere proprio in questi giorni ad una ‘tregua armata’.

Infatti, proprio mentre era in pieno svolgimento la campagna delle primarie del PD, nella vicina Francia si stava consumando un altro testa a testa: quello per la guida dell’UMP, ora Union pour un Mouvement Populaire (Unione per un Movimento Popolare), già Union pour la Majorité Presidentielle (Unione per la Maggioranza Presidenziale), il partito della destra governativa (o repubblicana) francese. Il partito nacque nel 2002 dall’unione delle due storiche destre francesi, quella Gaullista (RPR) e quella cristiano-democratica (UDF), per sostenere la candidatura di Chirac (gaullista che aveva battuto contro tutti i pronostici Balladur sette anni prima) alla sua rielezione. Nei primi anni il partito era saldamente nelle mani di Juppé ma quando poi si dovette trovare un successore al presidente, Sarkozy, allora astro nascente della politica francese, se ne impossessò, usandolo come arma per sgombrare il campo della destra dai suoi concorrenti e lanciarsi verso la conquista dell’Eliseo – cosa che avvenne nel 2007. Negli anni della presidenza il partito fu lasciato nelle mani di fedeli sarkozysti ma non sarebbe stata, come precedentemente, la chiave di volta per la candidatura presidenziale seguente: alle elezioni del 2012 la destra si sarebbe presentata dietro il presidente eletto senza che questi avesse bisogno della legittimazione di leader del suo campo data dall’essere leader del partito. Il ruolo di capo del partito era così «marginale» (o la guerra tra i vari gruppi così difficile da sbrogliare) che la figura di «presidente» fu lasciata vacante nel quinquennio 2007-2012 e sostituita da quella di una segreteria prima e di un segretario generale poi.

(continua su iMille)