venerdì 30 agosto 2013

Nuovo sito

Ho deciso di aprirmi un sito personale sulle attività scientifiche, molto spartano ed essenziale. La prima versione è online da ieri sera. Si intitola semplicemente "Theoretical Chemistry & Modeling in Evry".

martedì 6 agosto 2013

De Gregori e la massa di sinistra

Che cosa ha detto di tanto grave De Gregori nell’intervista estiva uscita sul Corriere della Sera lo scorso 31 luglio da aver scatenato una tale ondata di risposte, soprattutto tra il cosiddetto popolo della rete (quello se-dicente di sinistra)? Ha detto forse quello che in molti pensano ma in pochi dicono, o perché non sanno come dirlo o perché pensano che dirlo sia poco ‘corretto’, quasi vergognandosene. Il grande merito di questa intervista è forse stato proprio quello di esser riuscita a mettere nero su bianco il malessere più nascosto di una parte, non so quanto consistente, dell’elettorato ‘storico’ del centrosinistra (storico perché forse non è già più un suo elettorato). Perché forse bisognerebbe iniziare a dire che ad una parte del centrosinistra che sente il “maldipancia” del governo delle larghe intese, ce n’è una che, pur non essendo esaltata da questa situazione, la percepisce come il male minore dopo la sconfitta elettorale e vorrebbe, soprattutto, che si possano mettere a frutto quei paradossi che questa situazione anomala ha generato magari. Era quella parte, silente ma chissà quanto consistente, che già prima delle elezioni non vedeva male un governo post-elettorale fondato sull’alleanza tra il PD e Scelta Civica. Alleanza che tutti pensavano inevitabile, ma che lo stallo al Senato ha reso non sufficiente.

(continua su iMille)

giovedì 25 luglio 2013

L’avanzata frontista incombe sulla Francia



Un segnale preoccupante per la Francia e l’Europa è arrivato alcune domeniche fa da Villeneuve-sur-Lot, una ridente cittadina dell’Aquitania. Questa era, infatti, la circoscrizione elettorale dove era stato ri-eletto deputato nel 2008 Jerome Cahuzac. Di questa circoscrizione era stato deputato dal 1997 al 2002 e poi dal 2010 e dell’omonimo comune era stato anche sindaco dal 2001 al 2012. Jerome Cahuzac era anche il ministro del Budget del governo socialista di Jean-Marc Ayrault finché non è stato travolto da un “piccolo” scandalo finanziario, scandalo che ha nuociuto enormemente sia al governo sia all’immagine del presidente Hollande. In cosa consiste lo scandalo (detto anche “affaire Cahuzac”) è presto detto. Nel dicembre 2012 viene accusato dal giornale Mediapart di frode fiscale e in particolare di avere dei conti all’estero usati per eludere il fisco francese (per le sue attività professionali di medico). Dopo aver negato, e dopo che Hollande e Ayrault avevano annunciato che si fidavano dell’estraneità dichiarata dal proprio ministro, è costretto in marzo ad ammettere la frode fiscale e a dimettersi da ministro. Il 9 aprile viene espulso dal Partito Socialista e rinuncia, sotto la pressione del suo stesso partito e in particolare del presidente dell’Assemblea Nazionale, il socialista Claude Bertolone, a riprendere il suo seggio da deputato (in Francia, infatti, i deputati quando diventano ministri non fanno più i deputati, lasciando il posto ad un “supplente”, ma quando non sono più ministri possono recuperare il proprio seggio). (continua su iMille)

giovedì 18 luglio 2013

Un vero chimico?

Ho il mio primo articolo di chimica organica, che uscirà a breve su Tetrahedron Letters. Io ho fatto alcuni semplici conti per convalidare dei meccanismi di reazione proposti, ma vale lo stesso per essere un chimico a tutti gli effetti?

Si sa che i chimici-fisici non sono proprio dei chimici (poi figuriamoci i teorici ...), ma la chimica organica è quella vera, dove ci si sporca le mani. Certo io ero tranquillamente seduto su una sedia a costruire le molecole e far girare dei conticini, però questo da fuori non si vede! Quindi ho un articolo di chimica organica. Finalmente un "vero chimico"?

lunedì 13 maggio 2013

Verso il congresso (2)



Il senso di un segretario. Qual è ? Spesso viene identificato come il leader e nella visione veltroniana del PD il segretario è leader e quindi candidato premier. Una visione di un PD che non fa alleanze, che nasce per inglobare. Un PD cui però è mancato un organizzatore. Bersani è stato in mezzo al guado. Da una parte visto come il leader, ma dall'altra, per sua stessa ammissione, non come unica punta ma come colui che tiene insieme la baracca. E' rimasto però in mezzo, e quindi né carne né pesce. Né leader carismatico (e lo abbiamo visto), né organizzatore (e anche questo li si è visto).

Ora è chiaro che un partito ha bisogno di entrambe le figure e che è difficile che un leader carismatico sia un grande organizzatore o comunque qualcuno che tiene le fila delle varie anime, come è difficile che un organizzatore sia un leader carismatico. Nella tradizione della sinistra italiana del dopoguerra il segretario era il leader (Togliatti, Longo, Berlinguer) ma aveva dietro un organizzatore. Un organizzatore che però non doveva tenere conto di troppe anime. Il PCI pur sotto il centralismo democratico aveva delle "anime" ma poche e ben salde intorno alla centralità del suo segretario. La DC invece funzionava diversamente, tante anime, tante correnti, tante visioni del mondo anche molto diverse tenute insieme. Con un segretario che tesseva la fila e poi altri che diventavano primi ministri (l'Andreotti che proprio in questi giorni ricordiamo essere stato sette volte primo ministro non è mai stato segretario del partito), partito che non poteva reggere un segretario-premier (e infatti quando fu primo ministro De Mita la DC fibrillò non poco). Ora il PD se vuole mantenere la sua vocazione plurale (e quindi maggioritaria) forse dovrebbe (paradossalmente) cambiare sistema: avere un segretario che rifletta le anime, che ne faciliti la dialettica per giungere ad una visione politica necessariamente complessa ma non contraddittoria e cacofonica, e un candidato premier che ne sia il leader.

E se vogliamo vedere a quel Partito Democratico che, piaccia o no, è il riferimento internazionale del PD italiano, ovvero i Democrats americani, questi hanno un chairman e un candidato presidente che non coincidono.

Se invece si vuole un partito più cementato intorno ad un unico scopo, allora il segretario-leader è un modello migliore. Come sempre, prima di chi, prima di "dieci misure concrete", bisognerebbe capire come il partito vede se stesso e il mondo.

Verso il congresso (1)


Con l’assemblea nazionale di ieri si è aperta la strada che porterà al congresso autunnale del Partito Democratico. L’elezione di Guglielmo Epifani a segretario del partito è da cogliersi da una parte con preoccupazione ma dall’altra con speranza. La preoccupazione è principalmente di natura simbolica e pre-giudiziale, data dalla provenienza di Epifani, inutile nasconderlo. La fusione tra CGIL e il partito del centro-sinistra non fa bene a nessuno e soprattutto, oggi, al partito. E’ vero che la visione che si ha nella vulgata della CGIL (che è in questi mesi soprattutto quella della FIOM di Landini) non rappresenta la realtà del sindacato stesso. Però è anche vero che una parte consistente (forse la più consistente) dell’elettorato del PD proviene da lavoratori dipendenti e pensionati, quindi da quella fascia socio-economica che è rappresentata dai sindacati tradizionali. Se quindi il significato della scelta dell’ex segretario generale della CGIL, è quello di ripiegarsi sul proprio elettorato tradizionale, non possiamo essere ottimisti. E ripeto, non per la categoria socio-economica (a cui poi, tra l’altro, posso anche dire di appartenere, anche se in un altro stato), né perché ho nulla contro la CGIL, ma per l’atto di rifugiarvisi, dello scegliere come segretario il simbolo di quell’organizzazione il cui giusto ruolo è di difendere le conquiste politico-sociali del proprio zoccolo duro elettorale. Potrebbe sembrare anzi logico, ma è un simbolo di difesa, di chi è all’angolo e si affida alla sicurezza del proprio “elettorato sicuro” o quantomeno percepito come sicuro.

Però si può vedere il lato positivo della scelta. Quello di affidarsi all’esperienza organizzativa della CGIL. L’organizzazione del PD, diciamolo, è stata in questi sei anni di vita totalmente assente. Basata sui personalismi e senza nessuna struttura che trascenda i rapporti diretti per il bene di un organismo più grande. Il sindacato italiano è forse l’ultima struttura della sinistra organizzata. E, infatti, di organizzazione ha parlato Epifani nel suo intervento di Roma. Organizzazione del partito e organizzazione del congresso. Speriamo.

Voglio chiudere queste prime note di avvicinamento al congresso che inauguro oggi con un secondo segnale positivo dato da Epifani. Che il congresso sia un congresso dove si capisca cosa è il centro-sinistra oggi, che si parta dalla realtà, dall’analisi della realtà sociale, economica, internazionale, per discutere la linea. E che i nomi siano una conseguenza e non una premessa. Se diventerà un congresso come nel 2009, ovvero unicamente basato sul candidato segretario e sulla lista della spesa (i programmi) di ogni candidato sarà una seconda (e forse ultima) occasione mancata. Perché ridurre la politica ai “programmi” (che è il metodo grillino) è la fine della politica e della visione che è la pre-condizione da cui discendono le azioni e quindi la distinzione tra le famiglie politiche. E oggi non mancano i motivi e gli spunti per iniziare una discussione seria che parta dai principi primi del senso della sinistra. Non solo rimettendo al centro il cuore dell’essere di sinistra (ovvero quello che oggi ricordava Giuliano Amato, volere una società dove anche il figlio di chi sta sotto con il merito può arrivare dove sta il figlio di chi sta sopra) ma ricontestualizzando la crisi italiana ed europea in un mondo che cambia, in rapporti economici e produttivi diversi da quelli non solo degli anni 70 ma anche degli anni 90.

Ecco, usiamo un congresso per guardare con occhio critico concetti “naturali” come quelli di produttività, risorse, industrializzazione e ricordarci come tante conquiste sociali derivano da quel modello produttivo che muta in un mondo diverso.

Se il PD parlerà di questo e non di un candidato contro l’altro, un gruppo contro l’altro, allora avrà usato questo momento forte del congresso per fare del bene a sé e all’Italia. Altrimenti forse neanche esisterà più, o sarà veramente uno zombie come vorrebbe l’ex comico genovese. Epifani sembra rendersi conto di questo. Almeno questo è un buon inizio. Speriamo.

martedì 7 maggio 2013

Andreotti, l'anti-divo



Ieri è morto Giulio Andreotti, e subito sono iniziate lodi e critiche (per non parlare delle ingiurie, di cui si farebbe volentieri a meno) su quello che è stato indubbiamente uno degli attori principali della vita politica italiana. Figura centrale, soprattutto, in quel lungo periodo che va dagli anni sessanta alla prima metà degli anni novanta, fu ben sette volte presidente del consiglio, anche se per un totale di circa sette anni e mezzo, e sempre in primo piano nei governi della Repubblica. Il rappresentante classico di quella stabilità sostanziale della Prima Repubblica che si celava dietro una formale instabilità, che ben incarnava il senso costituzionale del Presidente del Consiglio dei Ministri (senso che è ancora formalmente lo stesso nella Costituzione Italiana).

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martedì 23 aprile 2013

Napolitano e la rotta del governo

“Sulla base dei risultati elettorali – di cui non si può non prendere atto, piacciano oppur no – non c’è partito o coalizione (omogenea o presunta tale) che abbia chiesto voti per governare e ne abbia avuti a sufficienza per poterlo fare con le sole sue forze. Qualunque prospettiva si sia presentata agli elettori, o qualunque patto – se si preferisce questa espressione – si sia stretto con i propri elettori, non si possono non fare i conti con i risultati complessivi delle elezioni. Essi indicano tassativamente la necessità di intese tra forze diverse per far nascere e per far vivere un governo oggi in Italia”.

continua su iMille.

martedì 19 marzo 2013

"Rapporto morale"



Ieri, alla scadenza del mandato del segretario politico del circolo PD Parigi, si è svolta l'elezione per il rinnovo delle cariche. Compiuto questo lungo mandato, iniziato nel gennaio 2009, ho lasciato a nuovi e più motivati democratici. Tanto per capire quanto volubile sia l'Italia, in questo breve periodo ho visto passare due governi (Berlusconi, Monti) e tre segretari del PD (Veltroni, Franceschini, Bersani). Seguendo la regola delle Assemblee Genereali (AG) francesi, in qualità di presidente ho aperto la serata con un breve intervento, chiamato appunto "rapporto morale" che riporto di seguito. Ma i miei pochi lettori possono stare tranquilli, non mi ritiro a vita privata ...


Questo rapporto morale annuale che mi sto accingendo a tenere come Presidente dell’Associazione Democratici Parigi e del Circolo PD Parigi assume, per me, un valore diverso. Perché sarà il mio ultimo come presidente dell’Associazione e del Circolo. E’ venuto il momento di rinnovare le cariche e, come avevo annunciato già dall’autunno, non chiederò di rinnovare il mio mandato di presidente. I motivi sono tanti e dipendono sia da motivi locali sia nazionali sia, soprattutto, personali. E non credo siano poi interesse per molti.
Passo quindi oltre e vorrei essere breve, proponendo alcuni spunti che spero potranno indurre ad una qualche riflessine, spunti nati soprattutto dall’ultimo anno di attività. Spero di poter dare così il mio contributo per aiutare la navigazione nel futuro, che non sarà facile, vista la situazione politica in Italia e in Europa. Ma non voglio tediarvi con un lungo discorso. Proverò ad essere breve e mi limiterò a condurre un ragionamento usando quattro semplici parole.


1. Hybris. Pensare di essere i migliori, diversi, unici. Superiori ad altri e quindi perdere la testa per la propria tracotanza. E’ la hybris anche di chi si sente puro e immacolato. Ma la politica, come qualsiasi nostra attività sociale, dal luogo di lavoro al condominio, è sporcarsi le mani. Ho letto da qualche parte : ‘La giustizia non è il diritto, non è la legge, perché mentre la legge è uguale per tutti, la giustizia incontra l’altro nella sua singolarità e nella sua differenza.’ Chi si sente puro non ha occhi per capire il mondo, resta nella sua torre ad emanare editti assoluti e terribili. Cerchiamo di guardare e, per quello che possiamo, agire nel mondo che ci circonda spinti da ideali come Giustizia e Onestà, ma non confondendo la legge con la Giustizia, i regolamenti con le Regole; cerchiamo di non confondere un principio, che come tale è irraggiungibile nei fatti, con l’intransigenza che facilmente accompagna l’attuazione assoluta di un principio assoluto, intransigenza che non solo è lontana dal principio, ma, mentre ci fa credere di portarci molto vicino al principio, ce ne allontana. E’ la tracotanza che può farci perdere nel senso morale dell’azione politica. Un tema molto scivoloso e molto più difficile di quanto potrebbe sembrare. Come abbiamo provato con difficoltà a barcamenarci tra questi difficili scogli non lo so. Sarà ad ognuno di noi provare a rifletterci. E cercare di tenerlo a mente per il futuro.

2. Società Civile. Guardiamo come anche al livello nazionale le associazioni si sono trasformate : da parallele alla politica, da luogo dove si agisce nella società per la società e per l’azione, a qualcosa di molto più commisto con il potere. Questa commistione è parzialmente un elemento positivo che ci dovrebbe anche far riflettere su possibili strumentalizzazioni dell’azione sociale a fini personali. Se abbiamo parlato e visto usare partiti come taxi, rischiamo forse nel futuro prossimo di trovarci con associazioni usate come taxi. E dall’eccesso di professionismo della politica si rischia di passare all’altro eccesso di ‘uno vale uno’, che mi sembra piuttosto “uno vale l’altro”, all’improvvisazione, alla banalità del cittadino. Poi ho paura che si rimpiangeranno tra non molto le ‘intelligenze irpine’. Non è facile proteggersi dalla scure della semplificazione, dal manicheismo inevitabile che si manifesta quando si esasperano e si esagerano i sensi delle cose e delle parole. Quando si è esasperati poi inevitabilmente si esaspera. Quando la società è in crisi si cercano facili capri espiatori. A volte non del tutto incolpevoli, lungi da me difendere certa classe politica, ma questa andrebbe sostituita con una classe politica parimenti (se non più) professionale, abile, consapevole. E il venire da un’associazione, da una parte di realtà non è detto che sia a priori garanzia. Gli ultimi venti anni dovrebbero avercelo insegnato.

3.Sirene. Sono le sirene della « democrazia diretta » e i subdoli pericoli che ne sono celati. Guardiamo la storia dell’uomo, senza la superiorità supponente di uomini di un presente inopinatamente diverso. Guardiamo i « cittadini Robespierre », i plebisciti napoleonici o gaullisti, il popolo e il peronismo, guardiamo qual è il risvolto dell’appellarsi direttamente al popolo senza la fatica delle mediazioni. Ecco, la fatica, lo studio, sono il contrario del tutto e subito, malattia che sembra essersi istallata in modo sempre più stabile e preoccupante nella vita pubblica italiana, dal piccolo al grande. Le riflessioni, gli studi, il saper attendere, preamboli inevitabili per azioni durature, sono faticose e l’impazienza dell’infinito presente non sembra volerle ammettere. Per questo bisogna avere il coraggio di saper aspettare, di ‘saltare un giro alle elezioni’ o di passare la mano, di guardare la realtà con occhio più distaccato, meno presi dalle contingenze. Lo stato di perenne urgenza, l’emergenza assurta a sistema, non sono condizioni che possono far nascere qualcosa di stabile e positivo. Dovremmo saperlo bene. Basta studiare la storia del passato recente o remoto. Basta scorrere le righe di chi prima di noi si è trovato in situazioni analoghe.

4.Europa. La politica italiana, l’abbiamo capito, purtroppo, è un navigare a vista di mese in mese, di settimana in settimana. Ci perdiamo a volte in ipotesi e complotti, in scenari e scandali. Ma dovremmo forse ritornare, ripensare ognuno di noi, il senso della nostra azione politica qui all’estero. Sarà sicuramente un senso diverso per ciascuno di noi. Una motivazione sicuramente importante, che è stata una delle motivazioni fondanti il circolo, è quella legata all’Europa. Spinti da un bisogno di politica come espressione tangibile di una cittadinanza europea ci siamo messi qui a fare politica per il PD all’estero. Cerchiamo perciò di uscire dalle piccole beghe italiane, e usiamo la nostra posizione favorevole per dare il nostro contributo alla creazione di uno spazio politico europeo. Le possibilità non ci mancano, con il PS e gli altri partiti socialisti europei qui presenti sta già cominciando un cammino che ci porterà alle prossime elezioni europee del 2014. Cerchiamo di farne un momento di costruzione di una coscienza politica socialista europea, ricordando (come ce lo ricorda la bocciatura del bilancio da parte del parlamento europeo) che non ci vuole meno Europa ma più democrazia in Europa e pedagogia sull’Europa.

Chiudo qui e faccio gli auguri al prossimo segretario, ne avrà bisogno per navigare in una stagione politica che non sarà facile né, temo, entusiasmante.

venerdì 22 febbraio 2013

Università e Ricerca nel progetto del PD

Lunedì a Napoli è stato presentato il progetto del PD su Università e Ricerca, programma che si può trovare (e scaricare) in rete.

 Il tema dell’Università e della Ricerca non è marginale nell’idea di Italia che mostra avere il Partito Democratico, come lo prova anche la grande attività di Marco Meloni e Maria Chiara Carrozza, rispettivamente responsabile nella segreteria e presidente del Forum su Università e Ricerca del partito. I due infatti, da soli o insieme, stanno girando l’Italia e non solo (si sono recati anche a Parigi, Bruxelles, Londra e Monaco di Baviera per incontrare tanti italiani all’estero che lavorano nelle università e nei centri di ricerca d’Europa), per spiegare come e perché il PD vuole dare centralità all’insegnamento universitario e alla ricerca.

Il programma presentato brevemente nel 2011 (ne abbiamo parlato in un precedente articolo ) è ora espanso e approfondito. Si parte da una constatazione, non solo sul numero di iscritti, ma soprattutto su quanti sono beneficiari di un aiuto: troppo pochi perché lo studio universitario sia veramente un diritto. Rilanciare il diritto allo studio è infatti una delle preoccupazioni principali. Ma più in generale ‘invertire la rotta’ è la parola centrale del documento. Invertirla sul modo di garantire il diritto allo studio ma non tanto quanto principio astratto (o peggio terribilmente concreto nell’inutile e dannoso ‘diritto al diploma’) ma perché si è consapevoli che l’idea per cui “non serve la laurea per fare le scarpe” è alla base della spirale economico-industriale (perché spirale culturale) in cui sta affossando l’Italia, il suo sistema produttivo e più in generale la società. Traspare, finalmente, la consapevolezza che l’Università del presente in Europa è ben diversa dall’Università italiana dei ‘dottori’, o meglio dell’Università di élite, e perciò bisogna fare proprio il senso dell’Università di massa, che non esclude differenziazioni, al contrario: ‘dobbiamo scoprire la differenziazione: l’università che forma un ampio numero di laureati non è più la stessa di cinquant’anni fa’. 

(continua su iMille)

sabato 26 gennaio 2013

Martedì 29, ore 19:30 a Parigi

Martedì 29, alle 19:30 presso la sezione PS del 2° arrondissement si discuterà di Università e Ricerca con Maria Chiara Carrozza, Laura Garavini, Elio Carozza, Francesco Cerasani e Marco Meloni.

Penso che sia un'ottima occasione per vedere quali sono le idee del PD sull'argomento.

sabato 19 gennaio 2013

L'Italia Giusta



Ecco, questo "manifesto virtuale" del Partito Democratico mi piace. Senza personalismi, senza nomi e senza facce. Un inizio di cambiamento che speriamo trovi forza nelle urne perché si esca dai personalismi che hanno distrutto la società italiana in questi venti anni.

La strada è difficile, in salita, dura. Perché ancora molti, a destra, al centro e a sinistra, hanno una visione incentrata sui "leaders risolutivi" della gestione politica. E' questo il punto fondamentale, secondo me, per cui il cambiamento può arrivare solamente dando forza al Partito Democratico. Senza nomi, senza facce, con tante persone, anche diverse, anche con diverse opinioni su singole questioni, come diversa e plurale è la società italiana.

Manca poco più di un mese. Dopo l'appello "formale" di questa mattina che ho scritto per il circolo di Parigi, adesso uno più spicciolo per i miei pochi lettori: daje!

giovedì 17 gennaio 2013

Tribuna Politica

Sapete che sono un appassionato della politica della prima repubblica e che ai moderni talk shows preferisco le care vecchie Tribune Politiche.

Cercando quelle degli anni 80 che ricordo, ho trovato questi 40 minuti di Vittorio Foa per Democrazia Proletaria, che non è solo un'intervista ma una vera e propria lezione di cultura politica.

E intanto vado alla ricerca di altri video nella rete.

domenica 13 gennaio 2013

Industria, consumi, lavoro


Nel dibattito politico si mette spesso al centro della questione quella del "lavoro". Si parla di articolo 18, di forme di contratti di lavoro, di precariato, di concorsi. A me a volte però sembra che così facendo si parta dalla fine. Voglio lanciare allora qualche riflessione e domanda, non da 'esperto' ma da semplice cittadino (non è che solo gli esperti possono parlare di queste cose, no?) e, perché negarlo, militante del PD.

Il "lavoro" per come lo conosciamo noi (e con il sistema previdenziale ed assistenziale che si è configurato, in modi anche diversi ma con un fondo comune, nella società occidentale) è dato dall'industrializzazione della società. Ora la crisi dell'industrializzazione per come la conosciamo non è di oggi. I motivi sono tanti, e alcuni di questi sono 'fisici' (materie prime) e non ci possiamo fare molto. I 'servizi' hanno così preso sempre più importanza. Per servizi si intendono tante cose, e tra questi anche le finanza (pensiamo all'Inghilterra, il paese che ha inventato la società industriale dove le industrie non esistono quasi più ...). Ma da una parte vogliamo prodotti sempre più economici, dall'altra anche ai servizi non diamo sempre il valore che forse dovrebbero. E allora arriva il corto circuito: i consumi.
Perché il sistema tenga si deve consumare, ma il consumatore di massa punta al ribasso dei prezzi, ergo aiuta la produzione di prodotti più economici. E allora guadagna meno, e cerca ancor più di comprare prodotti meno cari. E così via. E' chiaro che è un ragionamento limite, e la 'qualità' data dall'innovazione tecnologica, per esempio, può rompere questo circolo vizioso. Ma nel mondo dell'informazione quando qualcuno ha capito come fare una cosa, questa cosa è nota a tutti in poco tempo.
La lotta al "consumo", d'altra parte, rischia però di essere anch'essa un boomerang : se nessuno consuma nessuno lavora. Il successo del boom economico fu che l'automobile era un bene non così costoso da essere di nicchia né così piccolo ed economico da non tirare dietro tutta un'economia. Ammettiamolo: la centralità dell'auto nella nostra società era un piccolo miracolo. Ma è un sistema che può ancora reggere?

Si può fermare questo circolo partendo dalla fine, come sostiene chi mette al centro la legislazione sul lavoro? Il loro assunto è che cambiando la legislazione sul lavoro si creeranno delle condizioni di maggiore produttività. Io non sono così convinto che sia un passaggio di necessità. Lo sarebbe se l'occidente fosse investito da un processo di aumento dell'industrializzazione e l'Italia dimostrasse averne di meno per la sua legislazione. Ma non mi risulta sia così. Si dovrebbe perciò partire dalla testa, ovvero dall'industrializzazione. Ma pianificare l'industrializzazione è possibile? E che tipo di industrializzazione? Quella basata sull'auto ? (ovvero quella del boom economico) Penso non sia possibile. Molti diranno, come fece Obama nel 2008: green economy. Ho paura però che fino ad oggi ci sia poco di concreto dietro questo nome affascinante. E infatti Obama non l'ha fatta e nella campagna del 2012 non mi risulta ne abbia parlato così tanto come quattro anni prima.

Restano delle domande. Il PD è l'unico che parla di governo dei processi industriali. Dovrebbe però farsi sentire di più e non farsi sommergere dai falsi problemi (la legislazione sul lavoro) e dal circo della politica delle dichiarazioni. E rimettersi al centro del dibattito politico.

martedì 8 gennaio 2013

La guerra dei capi all’ombra della Tour Eiffel



Il mio primo articolo per iMille del 2013 è sulla destra francese. E' sempre bello vederli litigare ...

Perdere non fa mai bene a nessuno. Ne sanno qualcosa dirigenti e militanti dell’UMP, il partito di Sarkozy che si è dilaniato per quasi due mesi nella «guerra dei capi», ovvero nel confronto drammatico che ha visto contrapporsi François Fillon a Jean-François Copé, per giungere proprio in questi giorni ad una ‘tregua armata’.

Infatti, proprio mentre era in pieno svolgimento la campagna delle primarie del PD, nella vicina Francia si stava consumando un altro testa a testa: quello per la guida dell’UMP, ora Union pour un Mouvement Populaire (Unione per un Movimento Popolare), già Union pour la Majorité Presidentielle (Unione per la Maggioranza Presidenziale), il partito della destra governativa (o repubblicana) francese. Il partito nacque nel 2002 dall’unione delle due storiche destre francesi, quella Gaullista (RPR) e quella cristiano-democratica (UDF), per sostenere la candidatura di Chirac (gaullista che aveva battuto contro tutti i pronostici Balladur sette anni prima) alla sua rielezione. Nei primi anni il partito era saldamente nelle mani di Juppé ma quando poi si dovette trovare un successore al presidente, Sarkozy, allora astro nascente della politica francese, se ne impossessò, usandolo come arma per sgombrare il campo della destra dai suoi concorrenti e lanciarsi verso la conquista dell’Eliseo – cosa che avvenne nel 2007. Negli anni della presidenza il partito fu lasciato nelle mani di fedeli sarkozysti ma non sarebbe stata, come precedentemente, la chiave di volta per la candidatura presidenziale seguente: alle elezioni del 2012 la destra si sarebbe presentata dietro il presidente eletto senza che questi avesse bisogno della legittimazione di leader del suo campo data dall’essere leader del partito. Il ruolo di capo del partito era così «marginale» (o la guerra tra i vari gruppi così difficile da sbrogliare) che la figura di «presidente» fu lasciata vacante nel quinquennio 2007-2012 e sostituita da quella di una segreteria prima e di un segretario generale poi.

(continua su iMille)