domenica 13 gennaio 2013

Industria, consumi, lavoro


Nel dibattito politico si mette spesso al centro della questione quella del "lavoro". Si parla di articolo 18, di forme di contratti di lavoro, di precariato, di concorsi. A me a volte però sembra che così facendo si parta dalla fine. Voglio lanciare allora qualche riflessione e domanda, non da 'esperto' ma da semplice cittadino (non è che solo gli esperti possono parlare di queste cose, no?) e, perché negarlo, militante del PD.

Il "lavoro" per come lo conosciamo noi (e con il sistema previdenziale ed assistenziale che si è configurato, in modi anche diversi ma con un fondo comune, nella società occidentale) è dato dall'industrializzazione della società. Ora la crisi dell'industrializzazione per come la conosciamo non è di oggi. I motivi sono tanti, e alcuni di questi sono 'fisici' (materie prime) e non ci possiamo fare molto. I 'servizi' hanno così preso sempre più importanza. Per servizi si intendono tante cose, e tra questi anche le finanza (pensiamo all'Inghilterra, il paese che ha inventato la società industriale dove le industrie non esistono quasi più ...). Ma da una parte vogliamo prodotti sempre più economici, dall'altra anche ai servizi non diamo sempre il valore che forse dovrebbero. E allora arriva il corto circuito: i consumi.
Perché il sistema tenga si deve consumare, ma il consumatore di massa punta al ribasso dei prezzi, ergo aiuta la produzione di prodotti più economici. E allora guadagna meno, e cerca ancor più di comprare prodotti meno cari. E così via. E' chiaro che è un ragionamento limite, e la 'qualità' data dall'innovazione tecnologica, per esempio, può rompere questo circolo vizioso. Ma nel mondo dell'informazione quando qualcuno ha capito come fare una cosa, questa cosa è nota a tutti in poco tempo.
La lotta al "consumo", d'altra parte, rischia però di essere anch'essa un boomerang : se nessuno consuma nessuno lavora. Il successo del boom economico fu che l'automobile era un bene non così costoso da essere di nicchia né così piccolo ed economico da non tirare dietro tutta un'economia. Ammettiamolo: la centralità dell'auto nella nostra società era un piccolo miracolo. Ma è un sistema che può ancora reggere?

Si può fermare questo circolo partendo dalla fine, come sostiene chi mette al centro la legislazione sul lavoro? Il loro assunto è che cambiando la legislazione sul lavoro si creeranno delle condizioni di maggiore produttività. Io non sono così convinto che sia un passaggio di necessità. Lo sarebbe se l'occidente fosse investito da un processo di aumento dell'industrializzazione e l'Italia dimostrasse averne di meno per la sua legislazione. Ma non mi risulta sia così. Si dovrebbe perciò partire dalla testa, ovvero dall'industrializzazione. Ma pianificare l'industrializzazione è possibile? E che tipo di industrializzazione? Quella basata sull'auto ? (ovvero quella del boom economico) Penso non sia possibile. Molti diranno, come fece Obama nel 2008: green economy. Ho paura però che fino ad oggi ci sia poco di concreto dietro questo nome affascinante. E infatti Obama non l'ha fatta e nella campagna del 2012 non mi risulta ne abbia parlato così tanto come quattro anni prima.

Restano delle domande. Il PD è l'unico che parla di governo dei processi industriali. Dovrebbe però farsi sentire di più e non farsi sommergere dai falsi problemi (la legislazione sul lavoro) e dal circo della politica delle dichiarazioni. E rimettersi al centro del dibattito politico.

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