Mentre in questi giorni siamo in tanti a trastullarci con la fantapolitica, quella con la p minuscola dove si discetta di possibili scenari di assetti governativi, di date di elezioni, di coalizioni e di candidati premier, la cosa triste è che in pochi, tra quelli che dovrebbero farlo di mestiere, si ricordano della Politica, con la P maiuscola.
Se infatti in pochi anni gli assetti partitici sono cambiati enormemente, e cambiano con una velocità incredibile, altre due cose non cambiano mai: le facce che determinano questi assetti e, cosa ancor peggiore, la struttura antiquata della società italiana. Non cambiano i problemi dell'accesso ad un lavoro dignitoso, il superamento dell'assistenzialismo familiare che, inopportunamente e ingiustamente, supplisce ad un sistema di aiuto di giovani, anziani e malati, dei tanti blocchi corporativi pigri e conservatori che tanto dicono ma poco fanno. E la lista potrebbe essere molto lunga.
E troppo poco spesso si ricorda il nesso inevitabile tra formazioni politiche e necessità sociali. Oggi Ivan Scalfarotto ci ricorda della vocazione maggioritaria del PD, dimenticata da troppi. Ma soprattutto ci ricorda come quella vocazione maggioritaria non sia una formula politichese ma la conseguenza della missione principale del PD per la società italiana: portare un progetto modernizzatore, progressista, di rottura delle corporazioni, di inversione del punto di vista sulla giustizia sociale.
L'analisi della società italiana che portava nel 2007 alla nascita di quel progetto come conseguenza di questo bisogno di rottura delle politiche "pigre", dell'attesa e della "provvidenza", e quindi alla nascita del PD come forza aperta e per questo a vocazione maggioritaria, perché i soggetti interessati a questo tipo di società sarebbero potuti e dovuti confluire al suo interno e, in un meccanismo virtuoso, ampliarne la forza innovatrice e il consenso, è tuttora valida.
Purtroppo pero' ai buoni propositi, come sappiamo bene, non sono seguiti i fatti. Si è ritornati alla politica con la p minuscola che guida tutto e tutti. Alle alleanze senza un modello di società di riferimento fini a se stesse. All'immaginare mostri politici, come l'ammucchiata da Fini al PD.
Manca infatti la consapevolezza che i movimenti e le alleanze politiche nascono da una comunanza di bisogni sociali e di modello di cambiamento. L'assurdo dell'alleanza politica tra una sinistra moderna e progressista con il centro post-democristiano e post-fascista, non è tanto storica e nominalistica, ma nasce proprio da un diverso modello sociale che dovrebbe essere alla base del senso politico del PD.
La destra Fini-Casini, come ho detto ieri, è una destra conservatrice basata su un modello di società centralista da una parte e localista-baronale dall'altro. E' questo il modello del PD ed è questo il tipo di società che l'elettorato progressista italiano vuole abbracciare nella (vana) speranza di cosi' contrastare la destra di Bossi e Berlusconi?
Io spero di no e soprattutto credo che l'elettorato progressista italiano ne sia più consapevole di quanto pensino i suoi sedicenti dirigenti. E qualora se lo fosse dimenticato faremmo bene noi tutti a non smettere di ricordarglielo.
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