Come avevo già detto ieri (paradossi della differenza tra quando scrivo e quando metto online) oggi è iniziato presto ma non così presto come le due mattine precedenti. In ogni modo la prima avventura del mattino (avventura si fa per dire) mi accade quando incontro fuori dalla stanza la signora delle pulizie che ... mi chiede qualcosa! Ovviamente io con la faccia persa provo a far capire che non avevo capito, lei insiste e mi domanda due o tre volte qualcosa. Poi mi fa dei segni, come a chiedermi “dormire” , “lì” (indicandomi la porta dalla quale ero uscito, ovvero la mia stanza) e io con l’aria stupida degli stranieri che non capiscono annuisco. Ma mi aveva veramente chiesto questo poco prima in coreano? O solamente questo e non altro? Non lo saprò mai. Arrivo comunque in dipartimento di buon’ora, ci sono solamente Ki e il suo studente undergraduate, Wochurl (o qualcosa del genere), che io tra me chiamo semplicemente “Ciccio” (metterò una foto e si capirà subito perché, non tanto per la taglia, ovviamente non è proprio uno stecchino, ma anche per la faccia). Lavoro un po’ poi quando torna Ciccio mi offre prima il tè, provvidenziale non avendo preso il caffè e molto buono, un tè cinese, e poi chiacchieriamo, vuole sapere dove ho studiato, gli mostro le foto della Sapienza in rete. Poi mi spiega cosa fa, che ora ha gli esami finali tra poco, che vuole andare a fare la graduate school in un’altra Università, perché questa è principalmente per insegnare e non avrebbe tempo per fare altro; mi fa vedere anche cosa ha fatto di ricerca come undergraduate (in pratica graduate sarebbero quelli della specialistica, undergraduate prima) e mi mostra un simpatico articoletto dove ha fatto dei conti di chimica quantistica su dei sistemi legati all’energia solare, lui, insieme a Ki, “il suo professore”, hanno fatto la parte teorica per comprendere alcuni esperimenti di un altro gruppo coreano. Insomma bravo Ciccio! Magari tra qualche anno ce lo troviamo PhD in Europa o in un qualche gruppo americano. Peccato sia costretto a lasciare la KNUE (ovvero Korea National University of Education), ma chissà se resta in contatto con Ki possiamo anche recuperarlo.
Poi va a studiare e io un po’ vedo le mie traiettorie un po’ adatto un mio codice di analisi di Venus (il programma che uso per questi progetti con Ki) per una graduate student di Ki (di nome Ju Yahng, più o meno) che dovrebbe usarlo ma non sa programmare. Non mi stupisco, è graduate student e deve fare molto insegnamento qui, poi non è che studenti e post-doc americani (e parlo sempre dei gruppi teorici) siano spesso questi programmatori (non che io mi consideri un grande programmatore, però se devo le mie due righe di codice in fortran me le faccio senza troppi problemi, ma sono di un’altra generazione, di quelli che per giocare al computer dovevano copiare righe e righe di codice da riviste o libretti per computer, quelli per i quali il sistema “a finestre” è una novità ...). A mezzogiorno torna Ki da lezione e andiamo a mangiare, insieme al professore di biochimica, direttore del dipartimento, quello che ha fatto il dottorato in Francia. Un professore giovane e dinamico, che parla molto bene sia francese sia inglese (ha poi fatto il post-doc in USA, insomma anche in una piccola Università della Corea i professori non sono sempre stati qui, ma hanno studiato fuori, proprio come nella più grande Università d’Europa, quella sulle sponde del Tevere ... se qualche buon intenditore passa di qui capisce ...) e andiamo a mangiare in un ristorante di noodles. In pratica spaghetti alla chitarra in un brodo di verdure. Leggero e buono, mangiando sempre fuori ci vogliono delle cose non troppo elaborate almeno una volta al giorno. Dopo ci prendiamo un caffè espresso (buono devo dire) al bar a fianco e riesco finalmente a pagare! No perché qui si usa che uno solo paga sempre per tutti, e in genere è il più anziano o il più alto in grado, quindi per me è praticamente impossibile, combinato col fatto che non ho proprio una grande padronanza della lingua! Torniamo in laboratorio e più o meno tutto tranquillo fino alle cinque e mezza, posso così studiarmi le mie traiettorie con calma e pensarci su, quelle cose che si possono fare solo quando si è “invited”!
Stasera poi cena con i professori del dipartimento. Non è molto grande, quindi sono solo in sette, sei presenti questa sera: Ki, che è professore di chimica fisica, il direttore del dipartimento con cui abbiamo pranzato, biochimico, il decano (che non è poi tanto anziano) professore di chimica analitica, un altro più anziano ma evidentemente da meno tempo alla KNUE, professore di chimica organica, il professore di chimica inorganica che avevo già conosciuto e che pare sia un grande giocatore di badminton e l’unica donna che insegna “chemical education”. Andiamo questa volta in un ristorante cinese in una saletta riservata (per fortuna con un tavolo normale, perché l’esperienza del tavolo basso si deve fare e posso anche rifarla ma magari non per una cena formale) dove ci portano alcune cose che si trovano anche in Europa ma niente riso! E uno che pensa che al cinese si mangia solo riso ... Conversazione di normale amministrazione, ma tantissimi punti li guadagno con la mia provetta capacità nell’usare le bacchette! Già me la cavavo ma con questi pochi giorni asiatici oramai sono diventato un professionista, riesco anche nelle pietanze più ardite!
Prima di terminare due parole su quello che sono riuscito a vedere, oltre il campus, della Corea. Il ristorante non stava al campus ma in città, ed essendo andati presto (ovvero all’orario coreano) sono riuscito a vedere un po’ meglio le strade, i palazzi, i negozi. Sui palazzi resto sempre meravigliato dalla quantità di torri che hanno, anche qui non solo a Seoul dove immagino sia più normale, grandi edifici quasi in stile socialismo reale con numeri stampati a caratteri cubitali sui lati. Mi hanno detto che la città è praticamente tutta nuova perché durante la guerra di Corea era stata praticamente distrutta. Più verso il centro ci sono anche case ad altezza più umana, pochissime “tradizionali” (ovvero con i tetti all’orientale) altre sembrano palazzine italiane del litorale laziale disposte un po’ alla rinfusa come in quei quartieri che stanno verso Cornelia o Battistini (e anche lo stile delle case gli somiglia). Un’altra cosa curiosa è che le strade anche quando sono strette e hanno macchine parcheggiate a destra e sinistra sono spesso a doppio senso, per cui bisogna fermarsi e accostarsi quando ci si incrocia (mi ricorda qualcosa di familiare ...). I negozi hanno qualcosa di curioso, che provo a esprimere. Le insegne sono molto colorate, vistose, con quei grandi caratteri orientali stampati su fondi rossi, verdi o gialli, vivi però allo stesso tempo un po’ inizio anni ottanta. Spesso le insegne hanno come dei pupazzetti che spiegano (per esempio il ristorante della zuppa di interiora di maiale ha un bel maialino a fianco al nome, un maialino in stile fumetto) o che invitano ad entrare. Dentro però la maggior parte sono spogli, da negozio cinese “scrauso”, con il neon al soffitto e le cose in delle squallide librerie, tipo la Billy di Ikea. Anche i negozi di elettrodomestici o altri prodotti alla moda sono un po’ su questo stile. Ma sicuramente questo fine settimana a Seoul potrò vedere meglio. Curioso questo stile dimesso, al risparmio, quando poi è coreana oltre a Hyundai e Samsung (per dire tra le più famose) anche LG (che io pensavo americana) che è la prima casa produttrice al mondo (no dico al mondo!) di schermi piatti. Insomma risparmiano sul superfluo per investire in prodotti all’avanguardia. Non ho ancora capito se questa crisi abbia colpito anche qui, probabilmente sì ma se sono ancora in una fase espansiva sicuramente meno dei nostri vecchi, stanchi e decadenti paesi europei.
Bene, per questa sera finisco qui. Sabato andrò a Seoul con Ki perché è festa fino a lunedì, non so quando e se riuscirò a trovare una connessione per mettere online la cronaca dei prossimi giorni, forse sì, altrimenti spero riuscirò a farlo martedì (che è ancora festa, però torniamo e immagino che in qualche modo riuscirò ad entrare in dipartimento, fonte della rete e quindi del mio unico contatto con l’esterno).
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