Una giornata lunghissima che provo a riassumere la mattina dopo. Sveglia non tardi, arrivo in dipartimento verso le nove, neanche il tempo di prendere il caffè che di corsa alla fermata dell’autobus. Prendiamo così il bus che ci porta alla fermata della corriera (e sul bus incontriamo pure Ciccio!). Qui in un caos che aumenta, dalla tranquillità del campus, anche perché questo fine settimana c’è questa festa coreana e tutti si spostano, prendiamo praticamente al volo la corriera per Seoul. Viaggio confortevole perché ho l’impressione che anche i sedili delle corriere (come quelli dell’aereo) siano più spaziosi si quelli nostrani, eppure le persone qui non sono particolarmente grandi, ma meglio così si sta più comodi e posso sonnecchiare, tanto non si vede nulla dai finestrini perché pioviggina. Dopo non molto, un’ora e mezza, arriviamo a Seoul e poi ... altri trenta minuti per la stazione del bus, perché qui il traffico si sente che è bello pesante, in una città di venti milioni di abitanti non mi sarei aspettato qualcosa di molto diverso! Appena arriviamo alla stazione della metropolitana una sperduta ragazza non coreana (sudafricana) ci vede e ci chiede se parliamo inglese, chiedendoci se sappiamo come deve fare per andare in un certo posto, ovvero una Università. E’ fortunata, perché oltre a capirla abbiamo pure tempo, e così proviamo a spiegarle cosa deve fare per farsi i biglietti della metro, Ki le scrive pure su un pezzo di carta il nome di dove deve arrivare in coreano. Solo che non riesce a prelevare e qui si può pagare quasi tutto con la carta di credito ma non i biglietti della metro! La lasciamo che si andava a cercare un taxi ... chissà se è riuscita ad arrivare a destinazione ... dal sudafrica, praticamente agli antipodi! Quindi si prende la metropolitana! Per fortuna è sabato quindi non è molto affollata, comunque anche questi vagoni hanno l’aria di essere più larghi dei nostri (sicuramente di quelli parigini o londinesi) e ci sta una musichetta che annuncia l’arrivo dei treni. Poi scendiamo e andiamo a prendere un pacco per Ki in uno di questi tipici palazzi coreani, enormi casermoni di quindici piani lunghissimi, insomma Corviale sembra quasi una casetta, al confronto. Arrivando a Seoul questa lunga schiera di palazzi forma come un muro, che si può vedere da molto lontano. Poi nuova metro, dove invece di chiedere l’elemosina ci sono persone che vendono una specie di calzino/plantare e arriviamo a casa del fratello per lasciare gli zaini. Si vede che faceva il giudice e ora avvocato, infatti è un villino unifamiliare al centro della città. La signora mi dice che è “molto vecchia” la casa, del 74 ... comunque ci rinfreschiamo con un ottimo frullato di un qualche frutto e via. Pranzo veloce perché è molto tardi e poi al “centro storico”, ovvero un grande viale, attorniato di grattacieli che porta al palazzo del re, che si vede già in lontananza, preceduto dalla statua di un famoso ammiraglio del XVI secolo e dal più grande re di corea, quello che ha inventato l’alfabeto coreano. Prima però incontriamo una specie di rassegna fotografica sulla guerra di Corea, con tanto di ringraziamento per le (mi pare) 56 nazioni che l’hanno aiutata, tra cui l’Italia che a quel tempo fornì assistenza sanitaria. E ci sono anche foto del viale in cui stiamo ora, un cumulo di macerie. Continuiamo il nostro avvicinamento al palazzo reale, fermandoci un paio di volte per le statue e delle “live performances”. Sotto la statua del re si apre poi una specie di museo, sia sul re che sull’ammiraglio. Musei più all’inglese che alla italo-francese, ovvero interattivi, con giocherelli e quelle cosette che alleggeriscono la visita (soprattutto se il museo è in coreano aiuta ...). Poi si entra nel palazzo reale, che è enorme, sullo stile della città proibita di Pechino, e che in pratica chiude la città, dietro infatti ci sono delle montagne e poi la città da quella parte non continua, anche perché a mezz’ora di macchina c’è la Corea del Nord. Dopo a fianco ci sta un altro museo “interattivo”, più grande, delle tradizioni popolari.
Ci avviamo poi verso un quartiere limitrofo dove ci sono proprio a fianco di grattacieli moderni ancora qualche casa tradizionale, una zona un po’ turistica dove ci sono negozi di souvenirs, altri di piccoli artigiani (mah ...), ristoranti e locali. Già perché sono le sei e mezzo e per loro è l’ora di cena! E voila, si rimaterializza “lo choffeur”! Sempre nel suo completo nero con camicia grigia. Ci danno un foglietto di un ristorante con tanti piattini e si mettono a cercarlo nei vicoli, entriamo in vari ristoranti, in un paio ci sediamo pure, ma poi non so confabulano e c’è sempre qualcosa che non va. Finalmente ce n’è uno che pare gli vada bene, anche se lo choffeur continua a lamentarsi chiedendo non so bene cosa. Si vede poi che aveva fame! Ci hanno portato un tripudio di cose, dalle verdure alla carne al pesce (e mangiare il pesce con le bacchette non è stata impresa facile ...) e altre strane ciotole. Noi anche se poco si era mangiato tardi, ma per loro non pare conti. Dopo ci andiamo a prendere una birra, anzi alla fine un’altro tipo di vino di riso (ma leggero come una birra in gradazione) accompagnato da seppia seccata con noccioline (perché qui quando bevono accompagnano sempre). Lo choffeur è un patito di “suono”, lavora come ingegnere del suono per migliorare la qualità di non so bene cosa, e ci porta a vedere uno spettacolo di live jazz ... ma pensa in corea! Sono bravini direi, anche se è tardi, vediamo solo la prima parte e ce ne torniamo a casa.
Siccome sono straniero io ho un letto vero e non una specie di tatami (ovvero dormire per terra) ...
Ora una seconda giornata a Seoul, poi magari altre riflessioni quando torno alla KNUE con calma.
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