mercoledì 19 ottobre 2011
Il libro del Tao
Come ho detto ieri, uno dei "lasciti" del viaggio coreano è stata la curiosità di provare a capire un po' il modo di pensare orientale. Così appena tornato un libro che ho comprato è stato il famoso libro del Tao (Tao-teh-ching), di Lao-tzu, nell'edizione Newton, curato e tradotto da Girolamo Mancuso.
Fare una "recensione" del libro più letto e tradotto della cultura cinese è sicuramente al di là non solo di questo blog ma anche della possibilità intrinseca di farla senza riscriverlo. Ho citato il curatore e traduttore, perché oltre agli 81 capitoli (non vi spaventate, ogni capitolo è formato da poche righe) importanti sono l'introduzione per inserire nel contesto storico l'opera e le note della traduzione. Infatti è un libro "oscuro", che procede per massime, brevi frasi concise e dense, e per questo da molti è considerato "intraducibile". Per afferrarlo bisognerebbe leggere tutte le traduzioni esistenti e quelle che devono essere ancora fatto, viene annotato nell'introduzione (un modo simpatico anche per mettere le mani avanti), ma certamente da qualche parte bisognerà pur cominciare, pienamente in linea con Lao-tzu, Un albero che un uomo riesce appena ad abbracciare è nato da un ramoscello sottile come un pelo.
Sicuramente molto interessanti sono le ambiguità sintattiche insite nel cinese e più in generale il differente schema mentale insito in una lingua ideogrammatica. Peccato insomma di non sapere il cinese per poterlo comprendere appieno. Ma va bene sicuramente anche così, perché non è un libro da comprendere.
Le mie parole sono molto facili da capire, molto facili da mettere in pratica - eppure non c'è nessuno al mondo capace di capirle, capace di praticarle.
Un libro che una volta letto può restare tranquillamente sul comodino.
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