sabato 15 ottobre 2011

15 ottobre visto da lontano



Oggi doveva essere un tranquillo sabato d'autunno, pesce, carne e un po' di verdure al marché d'Aligre, un bel cielo terso e aria fresca e frizzante (12°), quando dopo il TG delle 14 passo un attimo su RaiNews24 e scopro che c'è la diretta della succursale italiana/romana degli indignati - anzi fino ai TG non sapevo neanche di questa "giornata globale" che è paradossalmente contro la "globalizzazione" (che poi è una frase che non vuol dire nulla e mi ricorda la stupidata di Montebourg della de-mondialisation).
Così da lontano ho potuto assistere alla manifestazione romana e ovviamente agli scontri, grazie allo splendido servizio di RaiNews24 che ha riportato fedelmente l'evolversi del corteo, i primi fuochi in via Cavour fino agli scontri di piazza San Giovanni.
Sul rapporto tra movimentismo e progressismo ho già detto e discusso qualche giorno fa sul blog de iMille, e penso che quelle riflessioni siano indipendenti dagli effetti dei tafferugli sui movimenti e sull'opinione pubblica.

Certe cose però voglio provare a dirle dopo questa lunga giornata di tensione che ho potuto vivere da lontano, grazie all'azione integrata di TV e rete.

Non credo mai troppo ai dietrologismi e alle "infiltrazioni dei servizi" (detto anche metodo Kossiga) e tra l'altro l'insurrezione era stata annunciata. Mi sembrano piuttosto parti della società, che ogni settimana fanno questo in tutti gli stadi d'Italia, e che sono molto comuni per esempio in Francia (i casseur si "infiltrano" per dirla all'italiana pure nelle feste per le vittorie delle partite della nazionale). Ora ritorna il nome "black-block" che forse non vuole dire nulla, non vengono da Marte, mandati da qualche cattivone, servi del potere o feccia che spunta dal nulla, sono una parte ben presente e viva della società di oggi. Sono accanto a noi tutti i giorni, nelle metropolitane, tra i banchi di scuola.

Gli organizzatori poi hanno dato prova di pura inettitudine, è l'inettitudine dei movimenti "senza bandiere", il frutto delle tante sigle parcellizzate, comitati per quello e quell'altro, popoli di vari colori, l'importante che non ci sia una organizzazione (non è "dalemismo" ma una constatazione sull'oggi e su quanti compongono questi movimenti ora). Così un responsabile non si vergogna a dire che il problema è stato che la manifestazione era troppo grande. Ora io di manifestazioni oceaniche sulle stesse strade ne ho fatte almeno due, e lì si parlava di milioni di persone, non di centinaia di migliaia e non è mai successo nulla. Certo in quei casi c'erano le "guardie rosse" di CGIL-CISL-UIL, lavoratori temprati da catene di montaggio e cantieri navali, infarciti di pochi "cioè" e "probblematiche" ma più concreti. Alcuni di questi erano forse anche a Roma, ma senza che fosse riconosciuto un ruolo guida alla propria organizzazione. Anzi questi movimenti come contestano i partiti (uno degli slogan preferiti è "i partiti non li vogliamo") e la loro democrazia interna (che con tutti i difetti è pur sempre un meccanismo democratico), altrettanto fanno con i sindacati, quelli che sono invece capaci di fare manifestazioni enormi che ottengono i risultati voluti.

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