domenica 4 marzo 2012
Studiare per ascoltare buona musica?
Oggi da Fazio ho avuto la fortuna di conoscere il "nuovo" (dal 2007, nuovo per me che sono da quasi dieci anni lontano da Roma) direttore dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il direttore anglo-italo-americano Anthony Pappano. Sembra simpatico e adatto a dare una soffiata di freschezza a quell'ambiente un po' "bolsito" (dovuto anche ad un'età media elevatina) tipico dei concerti romani. Interessantissima mi sembra l'idea di mandare domani il concerto in live streaming su internet (gratis tra l'altro). Certo l'acustica di un live streaming non potrà mai competere con quella di un concerto all'auditorium, ma è una bella idea per avvicinare nuovo pubblico. Come "effetto collaterale" non credo voluto ha poi il pregio di far ritornare virtualmente dentro l'auditorium chi come me è ora lontano e può ricordare quando ci andava tanti anni fa. Non era il nuovo auditorium, ma si trattava della vecchia sala di via della Conciliazione, ma conta poco. Come non ricordare Abbado con i Berliner, Uto Ughi che non finiva mai di fare i bis o Carlo Maria Giulini che fece un oratorio di Bach tutto di fila senza interruzioni (con chiari segni di cedimento psico-fisico da parte di buona parte del pubblico)?
Una domanda di Fazio mi ha fatto "saltare", domanda che apparentemente è normale, scontata (e quindi per questo ancor più "scandalosa"), ovvero su come educare il pubblico alla musica classica. Questa cosa che bisogna avere una "cultura" per godere della buona musica l'ho sempre trovata un'assurdità. La musica non rientra nella dimensione mentale o intellettuale, ma in quella della fruizione artistica diretta. Ascoltiamo canzoni in inglese senza capire i testi e non ci poniamo nessuna domanda sul nostro livello di competenza linguistica. Ora pensiamo veramente c'è bisogno di una qualche particolare formazione speciale per poter sentire Mozart, Bach, Haendel o Monteverdi?
Non so. Non credo. Al massimo abitudine. D'altra parte molti di questi all'epoca non lavoravano, non facevno musica in modo e con scopi molto diversi da quelli della musica che noi oggi chiamiamo "leggera". Anzi, dovevano affrontare il pubblico delle platee dei loro tempi che era molto meno tranquillo dei pogatori dei concerti heavy metal.
Ma più delle parole può la musica per spiegare se stessa.
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