venerdì 18 marzo 2011
Il giorno dopo la retorica
Ieri c'è stata in Italia questa giornata di festa con tante commemorazioni. A me ogni volta che ci sono parate, inni e tutte le prove di appartenenza, ma soprattutto tutte quelle manifestazioni che dispensano retorica a fiotti, mi viene sempre un certo fastidio.
E penso che si è sfiorato (per essere buoni) il ridicolo in molti casi. Vedere tutte quelle coccarde all'occhiello delle persone più impensabili. Per una volta ero contento di non dover comunque sentire troppo questi "eventi collettivi", stando all'estero ed avendo passato la giornata impegnato in un convegno (molto più d'attualità che una commemorazione, si parlava delle proprietà chimico-fisiche dei radionucleidi ...) non solo non ho visto di persona tutto questo indossar coccarde e sventolar bandiere, ma neanche la rete ha potuto troppo invadere la mia ritrosia snob verso tutto questo genere di cose.
Mi ero però ripromesso di non dire, né fare nulla. Quindi una giornata (anche per cause di forza maggiore) silente in rete. E perché è anche difficile dire in modo lucido, logico, sensato, o anche solamente pensato, qualcosa, senza scadere o in un patriottismo patriottardo o in facili incomprensioni. Soprattutto perché vivendo all'estero alla fine della fiera l'essere italiani significa qualcosa, anche se cosa questo significhi penso sia meno netto di quello che si pensi. Qualcosa penso che l'ho già scritta qui.
Riguardo poi alla scelta curiosa di questo giorno, il 17 marzo, vorrei solo far notare che se uno va ad estrinsecare la natura della ricorrenza si tratta della proclamazione di Vittorio Emanuele II Re d'Italia e del parlamento del Piemonte come parlamento del regno d'Italia. Qualcosa al metà tra il monarchico e il gattopardesco. Con il curioso fatto che il re non ha neanche cambiato la propria numerazione (cosa che fece il re di Prussia quando divenne imperatore di Germania, invece).
E vorrei che ognuno (tra quei pochi che leggono qui) si guardasse dentro e non riflettesse sul fatto che la sinistra abbia amplificato questa ricorrenza semplicemente perché la vede(va) come una fessura nell'inossidabile rapporto tra Berlusconi, il PdL e la Lega.
Poi ci sarebbe da ricordare che il giorno fondativo della Repubblica non è nell'unificazione "dall'alto" dei vecchi stati pre-unitari, ma proprio nella cacciata di quella monarchia che aveva fatto ciò. Quindi si festeggi il 25 aprile e il 2 giugno, come momento popolare (anche se limitato) il primo e democratico il secondo. D'altro canto i francesi festeggiano la presa della Bastiglia, simbolo di un evento fondativo del loro stare insieme, non il trattato di Verdun.
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