Di ritorno da Changes - la festa del cambiamento, che si è tenuta lo scorso week-end ad Acquapendente(VT) e al vicino parco del monte Rufeno, riporto (in attesa di recuperare chissà il video) il testo del mio intervento del venerdì pomeriggio. L'intervento era nel quadro di una serie di interventi/racconti di un evento che simboleggiasse il cambiamento cui associare anche una canzone. Riporto qui di seguito quello che avevo scritto in preparazione. Ovviamente dal vivo è stato un po' diverso, sia perché a voce poi si segue il canovaccio, sia perché poi mi facevano segni di stringere per stare nei cinque minuti, sia perché si aggiungono sempre i riferimenti a quanto avvenuto prima. Ma soprattutto per ringraziare i musicisti che hanno avuto il coraggio di suonare dal vivo basso e voce un brano non facilissimo e per scusarmi di averlo scelto, non sapendo che sarebbe stato suonato dal vivo.
La faccio breve, ecco l'intervento:
Voglio iniziare con i brevi versi della canzone che ho scelto, “L’Elefante Bianco” degli Area, per aiutarmi in questa mia breve parte della storia, del racconto che si è voluto scegliere come “ouverture” di questa tre giorni.
Corri forte ragazzo, corri
la gente dice sei stato tu
ombre bianche, vecchi poteri
il mondo compran senza pudore
vecchie immagini, santi stupidi
tutto lascian così com'è
guarda avanti non ci pensare
la storia viaggia insieme a te
Corri forte ragazzo, corri
la gente dice sei stato tu
prendi tutto non ti fermare
il fuoco brucia la tua virtù
alza il pugno senza tremare
guarda in viso la tua realtà
guarda avanti non ci pensare
la storia viaggia insieme a te
Impara a leggere le cose intorno a te
finché non se ne scoprirà la realtà
districar le regole che
non ci funzionan più per spezzar
poi tutto ciò con radicalità.
Questo testo, anche astratto dal contesto degli anni 70, riporta alla nostra posizione nella storia, correre, “guardare in viso” la realtà ed essere consapevoli che la storia avanza, insieme a noi, nella nostra quotidianità. Una storia, ed un cambiamento che ognuno porta nella storia agendo, cambiamento che però può essere ambivalente.
Mi si chiede di narrare un evento e una canzone. Ci arriverò all’evento, sono partito dalla canzone e dal fluire, il continuo, il correre che è legato e caratterizza la storia.
Al cambiamento noi qui oggi, come spesso, diamo un’accezione sottintesa positiva. Ma il cambiamento può anche essere regressione. Però noi questo non lo chiamiamo cambiamento, lo chiamiamo involuzione, e reazionari quanti spingono in questo senso.
E lo spirito con cui si affronta il mondo, la storia che corre insieme a noi, determina se andremo verso un progresso o una regressione. Al livello collettivo quanto individuale.
“Gioia e Rivoluzione” dicevano sempre gli Area in quel periodo. “Gioia e Riformismo” potremmo noi dire oggi.
Perché una rivoluzione se non è gioiosa non è cambiamento, come ci ammonisce David Grossman:
“E’ la disperazione il carburante che permette alle situazioni distorte di rimanere immutate a volte per anni, persino per generazioni. E’ la disperazione a impedire che un giorno le cose possano cambiare, che ci sia una redenzione. E la disperazione più profonda è quella nei confronti dell’uomo, ovvero nei confronti di ciò che questa situazione distorta rivela, in fin dei conti, di ognuno di noi.” (David Grossman, Con gli occhi del nemico - L’arte di scrivere nelle tenebre della guerra)
Una disperazione, una vita angusta che riprende quella della “Piccola favola” di Kafka:
"Ahi!" disse il topo, "il mondo diventa ogni giorno più angusto. Prima era così ampio che avevo paura, continuavo a correre ed ero felice di vedere finalmente a sinistra e a destra in lontananza delle pareti, ma queste lunghe pareti si corrono incontro l'un l'altra così rapidamente che io sono già nell'ultima stanza, e lì, nell'angolo, c'è la trappola nella quale cadrò". - "Devi solo cambiare la direzione della corsa", disse il gatto e lo mangiò.
Gioia e disperazione, progresso e regressione. Come ci poniamo di fronte agli eventi che accadono, che subiamo o che plasmiamo, poter cambiare il corso stesso degli eventi.
E poi il cambiamento, una realtà che non c’è più ed una che si è costituita, questo fenomeno “continuo” viene spesso simboleggiato da un evento, come avvenisse per discontinuità. Ma le “discontinuità” accadono a seguito di un processo di “accumulazione”. L’evento ne è icona e simbolo, ne è vessillo. Attenzione che però può anche a volte diventarne simulacro.
Il cambiamento arriva giorno dopo giorno, accumulando appunto differenze, con la costanza e la determinazione, con la fiducia che è propria della gioia.
Anche le “rivoluzioni scientifiche” avvengono con un lento processo di accumulazione di nuove osservazioni che si sentono strette, inopportune, nel paradigma dominante, finché un nuovo paradigma si manifesta. Ma è il processo di accumulazione che causa la “rivoluzione”.
Come quando scaldiamo lentamente un solido, che prende il nostro calore con costanza, ma ci appare uguale finché un “evento catastrofico”, una transizione di fase, non manifesta il cambiamento di stato e da un solido abbiamo un liquido. Un cambiamento improvviso. Un punto da segnare. Ma che non avremmo se non avessimo scaldato con costanza e regolarità.
Arrivo quindi a due punti, due eventi, che considero “emblematici” di come i cambiamenti avvengono e vengono percepiti, e dello sfasamento che spesso abbiamo tra identificazione di un simbolo di cambiamento e il cambiamento realmente avvenuto.
Il capodanno del 2002 segna la nascita dell’Euro come moneta unica di (quasi) tutta Europa. Un cambiamento che simboleggia l’unione, e soprattutto la Pace. Un progetto di mezzo secolo che si porta a compimento. Passato attraverso decenni di passaggi, di piccoli cambiamenti. E lo dimentichiamo spesso, perché scontato, oggi. La pace tra gli stati d’Europa, un cambiamento che segna (anzi che avrebbe dovuto segnare) l’abbattimento dei muri, delle nazioni che sono sinonimo di guerre e conflitti.
Un cambiamento che però può a volte essere l’inizio della fine. Un punto cui si è arrivati grazie alla gioia dei popoli e dei governanti. Pagare con la stessa moneta come il simbolo della costituzione di un vero stato sovranazionale, gli stati uniti d’Europa. Le vecchie nazioni che si facevano la guerra diventano un grande fulcro di ricchezza materiale e immateriale, industria e cultura, scambi commerciali e di idee. Popoli che si fondono, culture che si contaminano, società che si aprono, egoismi che si sciolgono. Uno stato che diventa forte perché pacifico, prospero, aperto, fecondo.
Mi guardate strabuzzando gli occhi, “che film ha visto questo qui?”. Ecco, una piega della storia che non è accaduta e che potremmo narrare come in un film di fantascienza segnando il capodanno del 2002 come l’inizio di un’epoca. Un evento per un cambiamento epocale. E’ quello che si diceva in quei giorni. Invece sembra, purtroppo, essere stato l’inizio della fine. Ma ancora la fine non la conosciamo. Siamo (come coscienza collettiva) ora in uno stato d’animo più vicino alla disperazione. Forse guardando ad una storia immaginata, riguardando questo film di fantascienza tratteggiato brevemente, che abbiamo sepolto lontano nella nostra memoria, possiamo correre nella storia con più “gioia” e forse quando tra dieci anni qualcuno mi, ci, richiederà un giorno di cambiamento, questo capodanno del 2002 sarà un giorno naturale. Il primo caffè pagato in euro ad un bar di piazza Sonnino.
Qualche mese prima di quell’evento però ne era accaduto un altro che aveva sicuramente scosso la nostra società, tant’è che ognuno di noi si ricorda cosa stava facendo in quel preciso momento, parlo dell’attacco alle torri gemelle. “Il mondo non sarà più come prima” si diceva in quei giorni. La consapevolezza della vulnerabilità di USA e occidente ha provocato però “disperazione” e rimozione. Ha provocato guerre, lo sappiamo e lo sentivamo. Ma anche qui, come in tutte le guerre, il prima e dopo è anche simbolico. Era una guerra che già c’era. Il cambiamento sarebbe potuto avvenire come una risposta positiva, da parte della società prima ancora che dei governi. Certo per noi, dalla pace dell’unione delle nazioni europee in pochi mesi si passò in un incubo. Un incubo che ha lacerato, che ha portato le nostre coscienze sulla difensiva.
Allora, per concludere, mi piacerebbe poter raccontare tra dieci anni di un giorno di cambiamento che ha simboleggiato una nuova epoca meno lacerata, un primo gennaio della pace, un nuovo 25 aprile, un nuovo 8 maggio, la fine delle tensioni nazionali pericolosamente riprese in seno all’Europa e specularmente in seno ad ogni società.
E ricordare così di quel primo caffè preso allo scoccare della mezzanotte di un tiepido capodanno romano, un gesto usuale che diventa un momento di rottura pagando con una nuova moneta che simboleggerà un giorno la vera unione tra i popoli che vivono in Europa e, lanciamoci ancor più in là, esempio per i popoli del mondo.
Un film di fantascienza, appunto, la cui realizzazione, se ci sarà, sarà di chi ha corso con “gioia” nella storia.
22 commenti:
Riccardo mi sembra un articolo molto interessanto, ad oggi in questa società, non esiste metafora migliore per imparare a vivere che quella della corsa....bisogna correre per non restare fuori delle news, delle nuove tecnologie, delle riflessioni politiche....di tutto....correre per essere competitivi e per poter far fronte al mondo, ad un mondo sempre più globalizzato!!!
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