venerdì 10 giugno 2011
Etty
Ho finito ieri notte di leggere un libro per il quale un solo attributo sarebbe riduttivo, ovvero Diario (1941-1943) di Etty Hillesum.
Non voglio scrivere una recensione né raccontare cosa si trova in queste pagine. Gli occhi di Etty, che inevitabilemente diventa da subito un'amica in carne ed ossa, ci guardano e ci chiedono di parlare con lei (la foto è la stessa che campeggia dalla copertina dell'edizione Adelphi).
Etty inizia a scrive il suo diario riflettendo sul suo privato e sui suoi sentimenti ma è costretta forzosamente a passare dall'intimo al pubblico, senza però mai perdere il filo di se stessa. Anzi, più il mondo intorno a lei la stringe più lei parla e nutre la sua più intima interiorità. E così contrappone all'odio che i nazisti facevano crescere lentamente, subdolamente ma inesorabilmente nell'Olanda occupata, sia tra agli olandesi che tra agli ebrei, la sua anima chiara, la sua "fedeltà".
Perché, come ci lascia scritto, Per umiliare qualcuno si deve essere in due: colui che umilia, e colui che è umiliato e soprattutto: che si lascia umiliare.
Etty ci ricorda tante cose, tanti orrori che sono sempre dietro l'angolo nella natura umana. Pendii e strade scivolose che possono intraprendere tutte le società umane, anche inconsapevolmente, spinte da dimenticanze, egoismi, paure.
Etty però a quasi settant'anni dalla sua morte ad Auschwitz resta non solo viva ma diventa sin dalle prime pagine una parte di noi, un'amica appunto.
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