lunedì 13 giugno 2011
Referendum e la fine dei miti
Quando le urne dei quattro referendum si sono chiuse da quasi quattro ore, nell'attesa ancora di sapere quanti degli italiani all'estero abbiano votato (le operazioni sono ancora in corso a Castelnuovo di Porto), possiamo già dire con ragionevole certezza che il quorum è stato raggiunto (57% degli aventi diritto in Italia) e che il SI ha vinto in tutti e quattro i referendum.
Un secondo colpo al governo in poche settimane, dopo lo schiaffo delle amministrative. E questa volta viene dalla bocciatura direttamente da parte dell'elettorato (il "popolo" per usare la retorica pidiellota) di provvedimenti presi dal governo (ed è grottesco Maroni a dire che lui è sempre stato contro la privatizzazione dell'acqua, poiché fa parte di quello stesso governo che ha varato il provvedimento).
Possiamo poi dire che forse alcuni miti della cosiddetta seconda repubblica sono cascati, o quanto meno cominciano a vacillare.
1) Il mito delle televisioni come unico mezzo per la generazione del consenso e veicolo delle informazioni politiche, scavalcate da Internet e dalle molteplici fonti di informazioni che qui vi si possono trovare. Se è difficile sapere quanto abbia pesato pesato nella generazione del consenso, è innegabile che nei minuti successivi le ore 15 per tutti quanti le informazioni venivano dal sito internet del ministero dell'interno. Era quasi comico vedere l'inviata del TG3 leggere i dati su internet come noi a casa e ancor più comica la schermata che passava la TV: la stessa che si aveva sul proprio computer, solamente meno leggibile. Simbolico per una volta Rutelli che in diretta con il suo ipad batteva sul tempo le giornaliste televisive.
2) Il mito del popolo che sta con Berlusconi. Questa volta no. Questa volta è una maggioranza che ha detto no a Berlusconi, al suo governo e al suo modo di fare, sia in politica sia più in generale. Infatti è innegabile che il quesito numero 4 lo colpisce direttamente. Colpisce il suo modo di porsi al di là e al di sopra della Legge e quindi al di là della democrazia. E' colpito la sua visione unica del potere, dove nessuno è indipendente da chi è "unto dal popolo". E paradossalmente questo arriva attraverso lo strumento pricipe delle democrazie dirette, il referendum, ed è quindi un colpo assolutamente unico e distruttivo. E' la fine del mito dell'imbattibilità di Berlusconi.
3) Il mito del privato come panacea di tutti i mali. Questo mito nasce nella metà degli anni novanta ed è basato su un principio pratico: il pubblico non riesce a far funzionare i servizi, il privato lo farà meglio. Come conseguenza inevitabile di questo pensiero dominante (a destra come a sinistra) l'arrivo dell'alfiere del privato, Silvio Berlusconi "imprenditore di successo" (necessariamente tra virgolette). Un principio che è logicamente fallace e che con i referendum sull'acqua (e sui servizi pubblici) è stato sconfessato, anche per le esperienze fatte in materia negli ultimi venti anni. Anziché dire che ciò che il pubblico non è capace di gestire è meglio darlo in gestione ad un privato (che si è visto non arrivare da Marte, ma essere parte della stessa cricca e formare la stessa rete affaristica, con in più un aumento dei prezzi) esiste l'opzione di un controllo pubblico delle aziende pubbliche. Se infatti una cosa non funziona è forse meglio migliorarla anziché farla funzionare ugualmente male e pagare pure di più. Al di là dei "dettagli" è il mito della liberalizzazione senza si e senza ma che viene a finire. Ora vedremo se si riuscirà nel passo successivo, ovvero quello della valutazione della classe politica e amministrativa in base alla sua efficienza e non per blocchi granitici (ideologici si direbbe con la vecchia retorica della seconda repubblica). Questa sarà la sfida più grande, perché sarebbe una prima volta assoluta per l'Italia.
Sono tre miti che cascano, che scricchiolano per essere più prudenti, miti che avevano segnato un'epoca che sta forse, lentamente, duramente, tramontando.
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