domenica 7 ottobre 2012
La scimmia e Archimede?
Sabato 6 ottobre è andata in onda su Rai Tre una puntata di Ulysse dedicata alla mente degli animali.
Tra i vari servizi venivano riportati due esperimenti molto interessanti e degni di qualche riflessione ulteriore.
Uno è quello del video che ho trovato in rete. Lo stesso esperimento è stato fatto con dei bambini di età crescente. Questi hanno cercato di impadronirsi del "premio" dentro il tubo prima tentando di infilare la mano (gesto irrazionale perché il tubo era chiaramente più piccolo della mano, ma un gesto che avremmo fatto anche noi adulti, una sorta di "scontro con la realtà" che la nostra volontà sembra non voler accettare mai profondamente), poi i più piccoli si sono incaponiti sul tubo e sul suo supporto, cercando di levarlo con violenza o tentando addirittura di sbullonarlo dal supporto. Solamente la bambina più grande si è accorta della presenza di una brocca con dell'acqua e ha usato il liquido come lo scimpanzé del video.
Nel video alla fine si fa notare come rilevante il fatto che lo scimpanzé ha saputo utilizzare l'acqua come uno strumento. Ma la cosa più stupefacente, secondo me, è che lo scimpanzé ha dato prova di conoscere i fenomeni fisici in quanto tali, o quasi. Andiamo con ordine. Per fare quello che ha fatto ha dovuto sapere alcune cose (o quanto meno presumerle):
1) che l'acqua è un mezzo che non ha forma propria (ovvero che è un liquido);
2) che un corpo più 'leggero' (per dirla con Archimede) dell'acqua galleggia, e che quindi
3) se la nocciolina è più leggera (meglio sarebbe dire con un peso specifico minore, ma lo stesso Archimede usa il termine 'leggero', non possiamo pretendere di più da una scimmia) allora sale su.
Forse non sapeva se la nocciolina era più leggera dell'acqua prima di provare (o forse si?), ha fatto questa ipotesi e ha verificato che mettendo dell'acqua la nocciolina si avvicinava (saliva) e quindi ha continuato.
La questione dell'utensile mi pare perciò l'aspetto meno rilevante. La scimmia ha una conoscenza quanto meno istintiva del principio di Archimede! Non sappiamo purtroppo come la scimmia sia arrivata a questa conoscenza, se ovvero nel passato si fosse già trovata di fronte a situazioni simili e quale sia stato il processo che l'ha portata a capire che il dilemma della nocciolina nel tubo poteva essere così risolto (brillantemente).
Lo scimpanzé sembra quindi non lontano dai fisici dell'antichità: una conoscenza istintiva che gli consente di escogitare "macchine" per risolvere problemi meccanici e idraulici, al pari dei bambini. Questi ultimi potranno nel corso della loro vita fare il passo successivo ed arrivare ad una conoscenza cosciente. A fare scienza, insomma. Lo scimpanzé, che ha usato l'acqua non indotto da qualcuno ma liberamente, ne è ancora lontano (ma non più dei bambini apparentemente) e molto probabilmente non farà mai il passo successiva. E probabilmente questo passo non lo faranno neanche i suoi figli. Ma come possiamo dirlo a priori per tutta la sua discendenza? Se potessimo vedere da una telecamera che attraversa il tempo l'uomo delle caverne comportarsi in modo simile a questo scimpanzé, potremmo mai pensare che Isaac Newton ne sarebbe stato un discendente?
Ma veniamo al secondo esperimento, che è una variante del primo. In un tubo stretto riempito d'acqua a metà, posato sopra un tavolino, viene messo un oggetto che galleggia (la "preda"). Vicino al tubo si trovano delle palline di due tipi: alcune leggere, di sughero, che galleggiano e altre pesanti, dei sassetti, che affondano. I bambini ci mettono un po' a capire come fare (ovvero riempire il tubo di palline pesanti per far salire il livello dell'acqua), anzi alcuni falliscono completamente (riempiono il tubo di palline di sughero), altri dopo un tentativo capiscono, altri riescono pur continuando ad infilare palline pesanti e leggere.
E veniamo al confronto con un animale che questa volta non è una scimma, ma un uccello, la ghiandaia! L'uccello è stupefacente: guarda il tubo (la preda nel suo caso è un succoso verme che galleggia), prova ad infilare il becco ma non ci arriva. Allora vede che sul tavolo ci sono degli oggetti. Ne prende uno a caso e lo butta nel tubo: è quello leggero e non succede nulla. Ne prende allora uno del secondo tipo, un sassetto, e lo butta nel tubo e il verme sale. Allora continua ad infilare i sassetti finché il verme non arriva a portata di becco e può meritatamente mangiarselo.
Anche la ghiandaia ha fatto un po' di fisica. O no? Ha sperimentato il principio di Archimede. Fino a che punto lo abbia "appreso" non lo possiamo al momento dire. Certo quanto (se non più) dei bambini. Certo difficilmente la ghiadaia scriverà un libro di fisica, ma forse perché non ha bisogno di scrivere libri e preferisce svolazzarsene libera e beata per boschi e foreste.
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