sabato 26 marzo 2011

Impressionante

Certo che i giapponesi sono forti. E il confronto con qualsiasi opera ingegneristica si sia mai fatta (o progettata) in Italia è impossibile. Con o senza terremoti (e io comunque la manderei come cartolina a Bertolaso & co)
Ora ecco l'autostrada distrutta dal terremoto prima (cioè circa due settimane fa)



ed eccola oggi!!



Qui si può vedere anche con l'animazione, per restare più impressionati

Next Step

Bene, arrivato a Minneapolis la trovo non tanto diversa da come l'avevo lasciata. Qualche grado sotto zero (Celsius ...) e la neve per terra.
Oggi però giretto californiano, in aereo fino a LA (sono 4 ore! l'America è grande ...) e poi in bus per Anheim.
Se fanno la conferenza a Disneyland mica è colpa mia!

giovedì 24 marzo 2011

Gioco scudetto

Dal sito de La Repubblica facendo i pronostici per le restanti partite il più possibile "decorrelato", mi è venuta la seguente classifica finale.

La grande economia

E alla fine la grande economia del vate Tremonti, la cultura dell'impresa e dell'ottimismo che inevitabilmente porta ricchezza di Berlusconi, quale mirabile intervento ha portato ? L'aumento delle tasse sulla benzina. Ma allora ci tenevamo Formica e Cirino Pomicino, no?

mercoledì 23 marzo 2011

La Libia e la destra "diffusa"



Ho già detto quanto il modo in cui gli eventi si stavano (e si stanno) svolgendo in Libia abbia messo in evidenza un rinascente nazionalismo degli stati europei (qui e qui, principalmente).
Vorrei fare alcune precisazioni e riflessioni.

1) La critica ai modi in cui ogni stato ha affrontato questa crisi non è sulla decisione di intervenire ma sul modo, che ha messo in luce il fallimento di tanti enti sovra-nazionali e soprattutto della costituzione di un'Europa veramente unita, che, è triste dirlo, ma dobbiamo considerare passato, un tentativo fallito. Non per non fare nulla, ma per ripensare completamente l'approccio. Così non funziona, non esiste.

2) Ascoltando come nei media italiani si sta svolgendo il dibattito, non posso che convincermi di quanto i miei timori iniziali sull'affilar di sciabole fossero fondati. Guardiamo infatti come la destra (italiana e specularmente quella francese) affronta l'argomento. Dopo un week-end di attesa prima Ferrara e poi Vespa sono andati alla carica (seguiti da Libero, il Giornale e tutti in coro) con il ritornello "la Francia vuole sostituire Total a Eni in Libia", declinato in modi diversi, velati, sottintesi, analogici ma anche diritti e sfacciati. Ed è poi tutto un fiorire di "interessi dell'Italia", energia, immigrati, "prestigio" internazionale. Il tutto in un contesto di assurda guerra commerciale che riguarda anche altri comparti, meno "evidenti", come Bulgari, Parmalat etc. Ora finché si pone la questione in questi termini, Italia/Eni vs Francia/Total non si esce dal vortice. Ovvero ci si pone in uno scontro tra compagnie che si identifica in scontro tra stati.

Ci fermiamo a pensare un attimo? Interessi economici forti (energetici in primis, ma più in generale industriali) di due società(per semplificare, ma si potrebbe facilmente estendere ad altre) che entrano in conflitto, supportate dai rispettivi governi e opinioni pubbliche. E' quello che esattamente successe in Europa tra la fine dell'ottocento e i primi del novecento e (chiaramente fusa con altre situazioni di frizione soprattutto territoriali) portò diritti diritti alla Prima Guerra Mondiale. E' chiaro che è un'iperbole (non stiamo qui a fare l'enorme elenco di differenze, è un'analogia, un monito per tentare di scuotere), ma non dobbiamo mai dimenticare quanto certi equilibri possano essere più fragili di quello che noi pensiamo, rassicurandoci.

Si dirà che non è possibile, è esagerato, c'è l'Europa. C'è l'Europa? Qualcuno se ne sta forse accorgendo? Quando Sarkozy ha compiuto il gesto diplomaticamente avventato di ricevere all'Eliseo i rappresentanti di Benghazi, qualcuno non ha pensato che sarebbe stato compito del rappresentante della politica estera europea, invece di pensare alle proprie diplomazie? Non siamo tutti caduti nel vertice delle destre europee che hanno imposto la linea dell'Europa delle nazioni?

3) E concludo, quello che è solo un post e quindi non può essere esaustivo su un argomento così vasto e ancora poco chiaro. La sinistra ha una grande colpa. Si è fatta prendere dal vortice degli interessi nazionali, non ha mai rovesciato il tavolo e posto il problema che se restiamo alla difesa degli interessi nazionali non se ne esce, che se si risolve a Total/Francia vs Eni/Italia nulla di buono potrà arrivare. I nazionalismi hanno già avvelenato gli stati europei, e purtroppo l'antidoto che i governi del secondo dopo guerra erano riusciti a trovare (antidoto che era più un anestetico) ha finito il suo effetto. Siamo qui a lamentarci dell'Italia ai margini anche a sinistra, con la Finocchiaro che contesta la politica del governo perché "Tutto questo indebolisce grandemente l'Italia e la sua posizione".
E nessuno dice nulla quando in uno studio televisivo si osa dire che "la Libia è casa nostra". Casa nostra? Ma ci rendiamo conto dei messaggi che si fanno passare? Ci rendiamo conto di quanto siano ridicoli e pericolosi certi toni da inizio novecento? Di quanto sia ancor più pericoloso perché ciò non è limitato all'Italia, ma analoghe posizioni si hanno in Francia e in Germania. Perché se la sinistra italiana è afona, sconfitta culturalmente, quella francese non è da meno. La République ha completamente dimenticato la sua vocazione "cittadina" da contrapporre a quella nazionale e l'affossamento (principalmente da sinistra) della costituzione europea ne resterà una colpa storicamente grave.

4) Quando quindi non riesco a compiacermi dei tanti sventolar di bandiere di pochi giorni fa, di tutta la retorica patriottarda, di inni e fanfare, è perché c'è un fondo di destra diffusa, di nazionalismo che porta necessariamente verso foschi futuri, in questi comportamenti. In una fusione di slogan, azioni di governo, ricatti, frustrazioni, vittorie mutilate e schiaffi di Tunisi. Una retorica che per questo è tanto più colpevole a sinistra, che dovrebbe ricordarsi la storia e la sua vocazione "umanitaria" che alla fine è inconciliabile con il nazionalismo nel continente europeo.

Ready to go!




So forti, quanto so forti!

lunedì 21 marzo 2011

La grande opera di Sarko



I presidenti della V Repubblica francese hanno sempre avuto il vizio di voler rimanere nella storia, come i re. In genere per questo facevano grandi opere, musei, biblioteche, aeroporti.

Charles De Gaulle, il fondatore della V repubblica non ha bisogno di molto di più. Salvatore della patria due volte, liberatore dal nazismo, "vincitore" (si fa per dire) della seconda guerra mondiale. A lui è dato il nome del più grande aeroporto nonché della piazza dove sorge l'arco di trionfo.

George Pompidou, suo primo ministro e successore, invece rimane nel ricordo collettivo per la sua passione per l'arte contemporanea, un nuovo re-mecenate. A lui dobbiamo il magnifico Centre Pompidou con una vastissima e sempre rinnovata collezione di opere moderne e contemporanee. Tanto che secondo me molti non associano questo nome ad un ex-presidente. Chapeau.

Valéry Giscard d'Estaing, invece è stato meno prolifico in grandi opere. E sfortunato. Ha provato, terminata la presidenza, a rimanere alla storia come l'autore della costituzione europea, ma purtroppo ha fallito. Sarebbe stato il giusto coronamento di una politica europeista importante. Rimarrà nell'immaginario per essersi fatto battere nella rivincita da Mitterrand.

François Mitterrand. Un comportamento da "re sole". La piramide del Louvre, l'Opera Bastille, il quartiere della Defense, la Bibliothéque Mitterrand. Ha portato pienamente l'architettura di Parigi nell'era moderna.

Jacques Chirac. Più in sordina, però resta voluto da lui il bel museo del Quai Branly, ancora poco noto ma molto bello architettonicamente.

E veniamo al presidente attuale, Nicolas Sarkozy ("le petit Nicolas" o "Sarko"). Il suo quinquennato sta finendo e i suoi progetti per la "grand Paris" sembrano ristagnare, come il "grande otto" che dovrebbe girare intorno a Parigi per gran parte dell'Ile de France. Anche il campus sul parco di Saclay stenta a decollare, l'Università di Parigi XI ha fatto sapere che non ci andrà e anche il CNRS se ne è tirato fuori. Gli resta qualche ente fedelissimo, ma non sembra possibile vedere qualcosa a breve. Così, colpo di genio e una grande opera gli ci si pone a portata di mano: una guerra!

Su il Politico

Hanno ripreso un mio post di qualche giorno fa su "il Politico", sui rischi della ripresa nazionalista legata alla crisi libica.

Proprio quando la Francia continua a volersi proporre come leader, rifiutando per esempio i cappelli Nato, con scuse francamente un po' ridicole.

Grazie intanto alla redazione de "il Politico" per aver manifestato spontaneo interesse per quello che scrivo qui (e grazie alla cassa di risonanza di faccia-libro).

E' primavera!



"incommensurabilmente bella", come dice un commentatore sul tubo.

domenica 20 marzo 2011

Franco-britannica



Si era capito che Parigi e Londra erano il motore dell'attacco alla Libia. E tra le altre istutuzioni sovra-nazionali ad essere state messe da parte ci sta anche la Nato.
E' di ora la notizia secondo la quale il segretario di stato alla difesa americana Gates prefigura una guida ufficialmente franco-britannica. Ora l'ultima volta che Francia e Inghilterra hanno guidato un'operazione militare importante risale al 1956, la crisi di Suez. Vedete voi ...

Un milione di anni



E' quasi impossibile pensare su scala umana un tempo così lungo. Eppure su scala geologica non è così tanto. Ed è il tempo, a sentire un responsabile dell'ANDRA al convegno sui radionucleidi cui sono andato a Parigi giovedì e venerdì scorsi, cui bisogna pensare nella gestione delle scorie delle centrali nucleari.

Ripensiamoci, un milione di anni. Qualcosa più lontano del diluvio universale.
Così "inconcepibile" (nel senso proprio di non potersi concepire) che oltre ai tanti problemi tecnici, bisogna porsi anche quello di come far riconoscere agli abitanti di un futuro lontanissimo che in quelle zone non bisogna andarci né abitarci. Degli americani un po’ fantascientifici addirittura hanno proposto di “costruire” dei culti che definiscano come “aree sacre” quelle zone, perché l’unica cosa che si pensa potrebbe resistere così tanto sia una religione …. (mi sa che vedono troppi films, comunque).

Il culto del nucleare, con tanto di sacerdoti ...

Come Rommel ?



A quasi ventiquattr'ore dall'inizio dell'attacco dei francesi, come sempre tutto può ancora succedere, nel futuro "prossimo". Vediamo riprendendo dall'inizio.

1) Dopo Tunisia ed Egitto, anche in Libia cominciano in febbraio manifestazioni contro il regime quarantennale di Gheddafi.

2) Il regime sembra scricchiorale, o quanto meno sembra così sui media occidentali, presi forse dall'entusiasmo dei successi di Tunisia ed Egitto.

3) La Libia non è uno stato organizzato né ad alta densità. Non ci sono imponenti manifestazioni come al Cairo, anche perché non esistono città come il Cairo in Libia.

4) La Cirenaica forma un consiglio indipendente e dalla sua parte passano molti esponenti del regime, ambasciatori, capi-tribù.

5) Gheddafi però passata la buriana, tenuto duro grazie ai mercenari, inizia a riorganizzarsi, anche politicamente all'interno. E da una settimana, dieci giorni a questa parte inverte la tendenza, cominciando piano piano a riconquistare postazioni, quando sembrava che ai ribelli mancasse oramai solo Tripoli.

6) Approfittando della distrazione dell'opinione pubblica internazionale che guardava il Giappone, Gheddafi riconquista quasi tutto, arriva alle porte di Bengasi e si appresta all'assedio. Che la guerra nel deserto libico avviene aggirando le città della costa passando attraverso il deserto ad alta velocità lo si sapeva. Bastava leggere i piani di Rommel.

7) A questo punto, quando i ribelli sembravano sul punto di capitolare, Francia e Inghilterra premono sull'accelleratore ed intervengono, per evitare che Gheddafi si riappropri di tutto il paese.

E siamo ad oggi. Se l'intervento fosse avvenuto per aiutare i ribelli a dare l'ultima scossa a Gheddafi allora si sarebbe potuto immaginare un intervento breve. Ma ora? Come diceva Luttwak, bisogna "sperare" che come conseguenza agli attacchi, i ribelli riusciranno a prevalere. A spanne però sono diverse le cose che possono succedere, nel tempo di un mese, diciamo.

A) I ribelli riconquistano le posizioni e, con il supporto degli aerei occidentali, vincono militarmente, entrando a Tripoli. Questa è chiaramente l'opzione che tutti auspicano. Capovolgimenti veloci sono sempre possibili da quelle parti, come ci insegnano le guerre nel deserto, finché restano guerre e non diventano guerriglie.

B) I ribelli conquistano stabilmente la Cirenaica e si arriva de facto ad una divisione della Libia in due stati, Cirenaica e Tripolitania, magari con un cessate il fuoco. In pratica una situazione instabile e confusa per anni.

C) Si continua con continui capovolgimenti e conquiste a terra, con la coalizione che bombarda, ma con bombardamenti che man mano diventano sempre meno giustificabili dalla risoluzione ONU. E' di queste ore il parziale dietro-front della lega araba. Un pantano inestricabile, in pratica.

D) Gheddafi, seppur colpito, prevale sui ribelli a terra.

Il problema di fondo è che l'ONU non ha dato mandato di rovesciare Gheddafi, ma solo di imporre una "no-fly-zone". E su questa ambiguità molti giocano, anche nel campo occidentale. Perché ricordiamo che Gheddafi era amico di molti e un nuovo stato guidato dai ribelli sarebbe troppo filo-francese per tanti.

sabato 19 marzo 2011

Lo schiaffo di Tripoli



I bombardamenti sono cominciati questo pomeriggio, dopo l'annuncio di Sarkozy. Bandiera francese in bella evidenza, quella europea un semplice pandant.
Pandant come tutte le organizzazioni sopra-nazionali che sono state semplicemente ignorate, al contrario di quanto fatto in tutti gli interventi precedenti.

In questo caso abbiamo avuto un gruppo di nazioni che hanno preso l'iniziativa, alcune che le appoggiano tenendosi il più possibile a distanza, altre che sono contrarie, ma si astengono, quasi ammettendo l'inutilità dell'ONU, altri che guardano altrove.

Gli stati con la crisi economica hanno iniziato a ripiegarsi su se stessi, e ora gli effetti si vedono anche nelle relazioni internazionali (un filo rosso lega anche il protezionismo italiano su parmalat, inconciliabile con i principi quanto meno europei del libero commercio e della libera impresa), nella politica estera che torna "tradizionale".

Tutto quanto sembra sempre più simile a quanto avvenne poco più di un secolo fa in Europa, quando si giungeva al crepuscolo di una grande stagione pacifica sul continente.

A quel tempo ci fu un evento famoso in Italia come "lo schiaffo di Tunisi", sentito così a lungo come un'offesa per l'opinione pubblica italiana che ancora nel 1913, cioè trent'anni dopo, Luigi Pirandello diceva, "Intanto guardate: Tunisi è là! (…) E ci sono i francesi là, che ce l'hanno presa a tradimento! E domani possiamo averli qua, in casa nostra, capite?".

Oggi gli stati agiscono dopo il consesso di Parigi di ieri, grandi sorrisi e strette di mano. Ma quando si va alla guerra separati, ognuno con obiettivi e rancori diversi, non si sa mai come andrà a finire, non solo, e non tanto se durerà poco o tanto, se e quando finirà il regime di Gheddafi, ma per come saranno i rapporti tra le nazioni dopo.
Ci sarà chi si sentirà "schiaffeggiato", chi "sfruttato", chi "vincitore".

Qualcosa di tristemente già visto nella storia; quando si mette l'accento su "inni e bandiere" nazionali, il finale non è quasi mai positivo.

Senza essere catastrofisti, una cosa è quasi sicura: nazioni unite ed unione europea hanno dimostrato ancora una volta di essere degli enti totalmente inutili ed ininfluenti. E questo non è per niente un buon segno.

Le sciabole delle nazioni



Con Gheddafi ad un passo dalla repressione totale della rivolta, la linea interventista ha prevalso, perché un finale così non poteva essere ammesso da troppi stati.

Una ennesima coalizione si sta rapidamente costituendo, i più ricchi contro un dittatore per aiutare la rivolta. Buone intenzioni, apparentemente.
Però questo non ci può nascondere i rischi, le nubi nere che si addensano vicine e lontane.

Guerre aeree e bombardamenti in Libia sono dietro casa. E non sono mai una cosa da augurare lontano, figuriamoci a pochi chilometri dalle coste siciliane.

Ma poi è proprio la modalità e il posizionamento delle "nazioni" a preoccupare, perché ricorda molto (troppo) una storia già vista. Francia e Inghilterra, con gli USA "a ruota" (paradossalmente) che spingono per intervenire nel mediterraneo, la Germania restia e l'Italia tentennante, con il ridicolo finale delle dichiarazioni di La Russa e i servizi "roboanti" dei tg.
L'Europa come al solito inesistente, distrutta.
Le nazioni della fine dell'ottocento ritornano fragorose sulla scena internazionale, sugli stessi luoghi. Quando Gheddafi, nel suo delirio, richiama il colonialismo, non è detto che abbia torto. Molto simile nei modi, negli attori e nelle finalità.

E vedere i "capi delle nazioni" sfilare a Parigi, centro di questo ennesimo conflitto mascherato, è troppo un déjà-vu. Come diceva una giornalista italiana oggi a Bengasi, "l'impressione è che il peggio debba ancora venire".

La forza della parola

Ripreso

Agoravox ha ripreso due righe sulle elezioni di Napoli di qualche giorno fa.

venerdì 18 marzo 2011

Però che panorama

Il giorno dopo la retorica



Ieri c'è stata in Italia questa giornata di festa con tante commemorazioni. A me ogni volta che ci sono parate, inni e tutte le prove di appartenenza, ma soprattutto tutte quelle manifestazioni che dispensano retorica a fiotti, mi viene sempre un certo fastidio.
E penso che si è sfiorato (per essere buoni) il ridicolo in molti casi. Vedere tutte quelle coccarde all'occhiello delle persone più impensabili. Per una volta ero contento di non dover comunque sentire troppo questi "eventi collettivi", stando all'estero ed avendo passato la giornata impegnato in un convegno (molto più d'attualità che una commemorazione, si parlava delle proprietà chimico-fisiche dei radionucleidi ...) non solo non ho visto di persona tutto questo indossar coccarde e sventolar bandiere, ma neanche la rete ha potuto troppo invadere la mia ritrosia snob verso tutto questo genere di cose.

Mi ero però ripromesso di non dire, né fare nulla. Quindi una giornata (anche per cause di forza maggiore) silente in rete. E perché è anche difficile dire in modo lucido, logico, sensato, o anche solamente pensato, qualcosa, senza scadere o in un patriottismo patriottardo o in facili incomprensioni. Soprattutto perché vivendo all'estero alla fine della fiera l'essere italiani significa qualcosa, anche se cosa questo significhi penso sia meno netto di quello che si pensi. Qualcosa penso che l'ho già scritta qui.

Riguardo poi alla scelta curiosa di questo giorno, il 17 marzo, vorrei solo far notare che se uno va ad estrinsecare la natura della ricorrenza si tratta della proclamazione di Vittorio Emanuele II Re d'Italia e del parlamento del Piemonte come parlamento del regno d'Italia. Qualcosa al metà tra il monarchico e il gattopardesco. Con il curioso fatto che il re non ha neanche cambiato la propria numerazione (cosa che fece il re di Prussia quando divenne imperatore di Germania, invece).

E vorrei che ognuno (tra quei pochi che leggono qui) si guardasse dentro e non riflettesse sul fatto che la sinistra abbia amplificato questa ricorrenza semplicemente perché la vede(va) come una fessura nell'inossidabile rapporto tra Berlusconi, il PdL e la Lega.

Poi ci sarebbe da ricordare che il giorno fondativo della Repubblica non è nell'unificazione "dall'alto" dei vecchi stati pre-unitari, ma proprio nella cacciata di quella monarchia che aveva fatto ciò. Quindi si festeggi il 25 aprile e il 2 giugno, come momento popolare (anche se limitato) il primo e democratico il secondo. D'altro canto i francesi festeggiano la presa della Bastiglia, simbolo di un evento fondativo del loro stare insieme, non il trattato di Verdun.

mercoledì 16 marzo 2011

Il Milan utilizza la tattica B



Allora, a Ibrahimovic hanno dato 3 giornate di squalifica dopo il rosso che ha preso contro il Bari.
Lunedì la "sentenza" del giudice sportivo nelle "motivazioni" parla di "manata" di Ibrahimovic al difensore del Bari. Ma attenzione, oggi il Milan (si la società, quella con Galliani amministratore delegato ma di proprietà del più grande perseguitato dalla giustizia di tutti i tempi) "lascia trapelare" ad una giornalista sportiva che il referto dell'arbitro parlava di "mano appoggiata". E allora? Ricorso, perché, dice l'avvocato Cantalamessa che è inconcepibile questa sentenza con queste motivazioni.
Franco Rossi (giustamente) dice che è una mossa per intorbidire le acque, alludendo che il Milan si sia inventato il referto, che infatti non ha prodotto, ma "lascia trapelare", insomma lancia il sasso e ritira la mano, per mettere pressione, per gridare al complotto, allo scandalo.

Che poi è talmente ovvio: i giudici perseguitano B ovunque egli agisca. Non l'ha detto poi lo stesso B alcune settimane fa?: "speriamo di non incontrare arbitri comunisti". Gli arbitri non si sa, ma i giudici è ovvio! Tutti, appena vestono la toga, non importa dove, come e perché, diventano dei persecutori di B.
Fa parte del contratto, pare.

Dal MIT sul Giappone

Mentre i giornalisti dei media generalisti, non capendo ovviamente molto di come funziona una centrale nucleare, anzi diciamo non avendo probabilmente alcuna idea di cosa significhino i termini coinvolti (in italiano poi si usa lo stesso termine per "fusione nucleare" e "fusione", quella normale, per intenderci il ghiaccio che diventa acqua), su un sito gestito dal MIT c'è una dettagliata spiegazione.

E' in inglese e un po' tecnica (ma non troppo), ma vale forse un piccolo sforzo.

martedì 15 marzo 2011

Niente pagelle

Purtroppo sono riuscito a vedere (con pure mille difficoltà) solo il primo tempo e quindi visto il risultato per ben due volte ribaltato, non posso fare le pagelle.
Per fortuna oggi Telenova funzionava e ho seguito una "radiocronaca".
Una partita incredibile, peccato non averla vista tutta.

Venti nel Pacifico del Nord



Dove vanno tendenzialmente (ovvero su larga scala) i venti e le correnti marine nel Pacifico del Nord ce lo dice direttamente Coriolis.

CNRS e Giappone

La situazione si fa sempre più grave in Giappone, purtroppo.
Il CNRS per i suoi agenti in missione lì ha deciso, tenuto conto dei rischi, di adottare le seguenti misure:

- i progetti di missione sono annullati; è vietato partire.

- per chi è attualmente in missione: è chiesto di rientrare in Francia il più velocemente possibile.

- per chi è permanentemente in Giappone: si raccomanda di rientrare in Francia. Il CNRS si prenderà carico delle spese di rimpatrio.

Come dire ... è parecchio grave la faccenda ....

L'americani so' proprio forti!

La Gelmini anche su Nature



Quasi in contemporanea con la sua intervista da Fazio, Mariastella Gelmini ha avuto gli "onori" delle cronache di Nature, una delle maggiori riviste scientifiche del mondo.
Infatti, nell'edizione del 10 marzo campeggia un editoriale dal titolo "Notes on a scandal" dove si confrontano due casi considerati "simili" ma con un esito molto diverso: le frodi nella tesi di dottorato dell'ex-ministro della difesa tedesco Karl-Theodor zu Guttenberg e l'esame di stato "facilitato" di Mariastella Gelmini.

E' chiaro che l'analogia si regge su un filo. Infatti il ministro tedesco ha "imbrogliato" scopiazzando, senza citare, interi brani della sua tesi di dottorato, mentre il ministro italiano è semplicemente andata a fare l'esame di stato in un posto dove è più facile. Però se sono due titoli molto diversi accademicamente sono relativamente simili per il prestigio sociale che questi titoli danno. Infatti in Germania il dottorato conferisce il titolo di Dr. che è molto prestigioso, perché non è dato oramai dopo solo una laurea triennale come in Italia. Un titolo di cui si fregia anche la cancelliera Merkel, che prima di fare politica faceva la scienziata in Chimica-Fisica nella Repubblica Democratica Tedesca. Analogamente, fregiarsi del titolo di "avvocato" in Italia conferisce prestigio sociale ed è un "volano" per la carriera politica.

Nature pone l'esame di stato fatto da Mariastella Gelmini nei termini seguenti: come il ministro tedesco, ha preso una "scorciatoia accademica" per ottenere il diploma che l'avrebbe aiutata nella carriera politica (e Nature qui ha il torto di non dire che i due diplomi sono diversi nella loro sostanza). E continua descrivendo: nel 2001 ha viaggiato dalla sua città di Brescia nel nord a Reggio Calabria, nel profondo sud. Specificando la differenza tra i due luoghi: a quel tempo la percentuale di promozione nel nord era inferiore del 10%, mentre a Reggio Calabria, città nota per i suoi bassi standard accademici, rincara la dose Nature, la stessa percentuale era stranamente di più del 90%.

In entrambi i casi le comunità accademiche hanno chiesto le dimissioni dei due ministri, con esiti diversi.

E così proprio mentre il ministro Gelmini vara una riforma per migliorare il sistema della ricerca e dell'Università, riesce a comparire su Nature per la sua determinazione nel conseguire una carriera politica sfruttando una "scorciatoia", legale, in barba ai principi di rigore accademico e di rispetto per le istituzioni nazionali che vorrebbe portare su standard europei.

lunedì 14 marzo 2011

Italia, cambiare angolo



Questa cosa dell'unità d'Italia a pelle non mi piace, tutto questa retorica patriottarda "bipartisan" mi lascia sempre perplesso. Ma vivendo tutti giorni il non-essere della stessa "nazionalità" di chi mi ronza intorno, è inevitabile che qualche domanda sulla propria "ità" uno se le ponga. E magari sbaglia, nel senso che è la domanda ad essere sbagliata. Allora trovo questo commento sul blog di FC che mi pare riesca a cogliere nel segno e a ben ruotare l'ottica.

Sapevate che un neonato di 30.000 anni fa (sì proprio tanto tempo fa) trasportato qui, nella nostra società globalizzata, dalle caverne al mouse, crescerebbe esattamente allo stesso modo di un suo coetaneo contemporaneo, perché il cervello umano non si è evoluto poi tanto e si adatterebbe in maniera completa al nuovo intorno che nuovo non sarebbe per chi vi crescerebbe dal principio?

Cosa significa? Significa che non è tanto il nascere in un luogo né l’identità dei propri genitori né tantomeno qualcosa di mistico che possa essere nel sangue, ma è il crescere, ricevere un’educazione e assimilare una certa cultura fin da piccoli: è questo che ci rende italiani piuttosto che egiziani piuttosto che canadesi. La patria è soltanto una educazione. Allora io non sono italiano, ma sono soltanto cresciuto in Italia ed ho assimilato la cultura italiana; se fossi cresciuto in Portagallo, avrei assimilato un’altra cultura, altre abitudini e modi di vedere le cose, indipendentemente dal luogo di nascita, dai genitori, dai nonni e dal primo pianto infantile. Semplicemente.

Certo il mio aspetto, i miei lineamenti ed i colori, saranno spesso un facile biglietto di visita, ma soltanto per l’apparenza. Eppure la patria non è in noi, di base siamo tutti uguali: il bambino di 30.000 anni fa, io e voi, potremmo esser cresciuti tutti in un altro paese e identificarci oggi in quella nuova patria, per poi capire che patria è soltanto un’appartenenza, un’etichetta che riassume genericamente pezzi di noi, un’idea politica di propaganda, un contenitore di irrazionalità, d’odi e d’orgogli, una educazione da identificare e capire, nelle origini e nei suoi limiti. Solo così, senza rigetti né crisi d’identità, potremmo intendere che non esistono stranieri, nessun emigrante né immigrato, ma soltanto spostamenti da un luogo ad un altro, condividendo culture senza giusto né sbagliato, ma soltanto un diverso da conoscere ed interpretare. La patria non è nel sangue!

domenica 13 marzo 2011

Roma - Lazio, pagelle

Partita strana come tanti derby romani. Un primo tempo frazionato e incostante. Nel secondo più intensità ma senza una squadra che sembra poter prevalere. E come spesso accade risolve una punizione di Totti con papera di Muslera. Poi è ancora il capitano a far cadere la Lazio nella trappola del nervosismo. Due espulsi e secondo gol chiudono un finale folle.

DONI 6. Poco impegnato ma attento quando serve.
MEXES 6.5 Difende con grinta.
JUAN 6.5 Impeccabile dietro, spreca un'occasione nitida in attacco nel primo tempo.
RIISE 6. Inizia forte avanti, poi cala quando ha paura dietro.
BURDISSO 6.5 Preciso e puntuale dalla sua parte.
PERROTTA 5. Si agita con poca efficacia tra le linee.
PIZARRO 6.5 Detta i tempi a centrocampo e colpisce una traversa netta a inizio partita.
DE ROSSI 6. Lui con Pizarro tengono in mano il pallino del gioco. Sente la partita e non è sempre lucido.
MENEZ 5.5 Invisibile, quando viene servito si fa trovare sempre in ritardo.
TOTTI 6.5 Fuori fase fino al gol su punizione, poi focalizza su di sé la partita, facendo impazzire la lazio e mettendo in cassaforte il derby.
VUCINIC 6.5 Il più mobile e dinamico in attacco, gioca largo ma non ha compagni in mezzo per finalizzare il tanto lavoro sulla fascia. Cala un po' nella ripresa.
TADDEI 6. Entra e svolge il compito con diligenza.
SIMPLICIO 6. Entra per tenere palla e si procura pure il rigore.
MONTELLA Si gioca la carta Totti come uomo-derby. Dopo settanta minuti altalenanti il Jolly del capitano colpisce come aveva scommesso.

MUSLERA 5. Mai impegnato fino al tiro di Totti che colpevolmente non riesce a prendere.
BIAVA 6. Contiene bene le folate giallorosse.
STENDARDO 6. Buona prova difensiva.
RADU 5. Bene in difesa, timido nel proporsi. Impazzisce nel finale e si prende un rosso diretto.
LICHTSTEINER 6. Lotta avanti e indietro, pericoloso quando riesce a guadagnare il fondo.
HERNANES 5. Un fantasma per quasi tutto il primo tempo, quando si accende la lazio è pericolosissima. Anche nel secondo ha solo dei lampi, troppo incostante per incidere.
MATUZALEM 5.5 Macina a centrocampo, ma troppo nervoso e falloso.
LEDESMA 5. Anche lui combattente in mezzo al campo, quantità e qualità, finché non impazzisce come tutta la squadra nel finale.
SCULLI 5.5 Si muove molto ma senza concretizzare.
ZARATE 5. Anche lui quasi inesistente in campo, si vede solo a sprazzi.
FLOCCARI 5. Dovrebbe essere il terminale offensivo della lazio. Dovrebbe.
MAURI 5. Entra per dare maggiore spinta ma non evita il vortice in cui cade la squadra.
KOZAK s.v. Mai servito nello scampolo di partita che gioca.
BROCCHI s.v.
REJA Mette in campo una buona squadra che sembra poter prevalere alla distanza. Invece l'incostanza di Hernanes e Zarate, la papera di Muslera e gli ultimi 10 minuti di follia collettiva lo castigano.

E se poi, intanto, vince Gheddafi?



Mentre l'attenzione del mondo è, giustamente, rivolta alla tragedia giapponese, Gheddafi avanza sempre più verso est, tanto che oramai ha in linea di tiro Bengasi. Se questa dovesse cadere sarebbe semplicemente la fine della rivolta e il ritorno nelle mani del colonnello del controllo di tutto il paese. Un dramma per la Libia e un casino diplomatico.

Dando per scontato il primo, il secondo è paradossale e sintome della goffagine e dell'improvvisazione di molti governi. Per esempio, che farà la Francia che alcuni giorni fa ha addirittura quasi riconosciuto il comitato di Bengasi come rappresentante della Libia? E cosa faranno EU e USA che hanno, giustamente, appoggiato la rivolta?
Perché si ha la sensazione che hanno lanciato il sasso e poi ritirato la mano.
Così la Libia ri-gheddafizzata o vedrà una nuova teoria di governanti occidentali (soprattutto europei) ri-genuflettersi innanzi al rais oppure sarà uno "stato canaglia" al centro del mediterraneo, peggio di quando negli anni 80 Reagan arrivò a bombardarla (e Gheddafi a tirare su Lampedusa).

I governi sono in balia degli eventi, non intervengono concretamente, parlano per calmare le proprie opinioni pubbliche e per darsi un manto di "purezza", ma rischiano di fare una figuraccia e di perdere completamente la bussola.
E non agendo dovrebbero pragmaticamente almeno porsi il problema sul che fare se vince Gheddafi.

Tangi!



Tangi, si ni porti mangi, sinnò t'arrangi!

Ancora un lungo giorno



Mentre qui arrivano gli echi della terribile situazione giapponese, dove ora ancor prima di pensare a fare un bilancio finale della distruzione e alla ricostruzione, c'è ancora una centrale nucleare che minaccia una catastrofe, seguo il racconto di due giapponesi, uno bloccato in USA e uno in una zona poco colpita dal sisma. Ecco una piccola cronologia per sapere cosa succede e cosa dicono in Giappone stia succedendo.

22:16: L'area di 20 km intorno alla centrale è "Keep out area". Ma ora il livello di radiazioni è basso, tre volte quello dei raggi X di un esame medico. E ora il livello sta diminuendo. Non ti preoccupare!

22:48: Devo correggere e precisare il messaggio precedente. I media dicono che circa venti persone sono state esposte a radiazioni. L'esposizione totale è stata circa tre volte il livello dei raggi X medici, il che significa che il livello ambientale è molto basso (molto più basso dei raggi X medici). Intanto il livello è sceso a valori più bassi. Non c'è motivo per avere paura.

3:56: Grazie per l'informazione. E' importante sapere se il livello di radiazioni è pericoloso per la salute umana oppure no. Spero che domani sia disponibile un aeroplano. Grazie.

5:21 Cattive notizie. I media dicono che il livello di radiazioni intorno alla centrale è aumentato di circa 9000 volte lo standard stabilito per legge e la centrale ha dichiarato lo stato di emergenza. Comunque credo non ci sia problema per casa tua.

5:26 Oh!! Mi sembra difficile che gli aeroplani atterreranno in Giappone domani. In ogni modo grazie per le tue importanti informazioni. Domani sarà ancora un lungo giorno...

sabato 12 marzo 2011

Don din don!

Tutti a difendere

Difendere la costituzione, difendere la scuola pubblica, difendere la magistratura, difendere l'articolo 1, difendere l'unità d'Italia.

Ora ho capito che la destra attacca da decenni ad alzo zero un po' su tutto e tutti, ma sarebbe bello ritornare a vedere la sinistra in piazza per qualcosa.
Qualcuno diceva che "la migliore difesa è l'attacco", ma sono in pochi a ricordarselo.

Doppio turno, qual è il problema?



Qui in Francia oggi Rai Tre ha trasmesso il TG-R Campania, dove si sono presentati i candidati a sindaco di Napoli per le prossime elezioni comunali. Alla fine della rassegna dei tanti candidati, il responsabile di SeL locale ha lanciato un "curioso" appello al centro-sinistra all'unità, perché, a suo dire, le divisioni avrebbero portato alla sconfitta. Premesso che la sconfitta a Napoli è più che probabile (e meritata) a causa dei disastri del centro-sinistra, culminati con la farsa delle primarie del PD, bisognerebbe ricordare a questo responsabile (come a tanti) che il sistema elettorale dei sindaci è un doppio turno con ballottaggio. Quindi se nessuno raggiunge la metà più uno dei votanti, uniti o divisi non cambia nulla al primo turno.
E se qualcuno dell'altro campo dovesse raggiungere la maggioranza assoluta al primo turno l'avrebbe ottenuta sia con un centrosinistra unito che con un centrosinistra diviso.
Tanto più mi pare che anche dall'altra parte non sono proprio unitissimi. Alla candidatura UDC-FLI, che tecnicamente non sono più con la maggioranza, si aggiunge quella nientepopodimeno che di Clemente Mastella, che ricordiamo essere stato eletto al parlamento europeo con il PdL e che ha lanciato la sua candidatura dopo essere comparso solo una settimana fa sugli schermi di Rai Due come tifoso del Napoli.

Insomma, il bello del doppio turno è che ognuno presenta le sue caratteristiche al primo turno, misura la sua forza elettorale e al secondo turno si vede.
E' la democrazia, verrebbe da dire al portavoce di SeL.

Loro stanno bene



I miei amici giapponesi conosciuti questo autunno in primavera a Minneapolis stanno bene, per fortuna.
Due stavano a Chiba e Kanazawa, quest'ultima lontano dalla zona della prima scossa e maremoto ma vicina alla scossa di questa mattina nella prefettura di Nigata, il terzo era tornato a Minneapolis, e proprio oggi ritornava a Nihon.
E' incredibile come grazie ad internet siamo riusciti a saperli tutti vivi, soprattutto incredibile come loro da zone fortemente colpite (soprattutto Chiba) riescano ad avere accesso alla rete.

Quando ce vuo' ce vuo'

Il fioretto del 2011 è che questo blog parli sempre meno di PD, però non si può non riportare questo intervento di Ivan ieri in commissione diritti del PD e cercare nel proprio piccolo di dare voce il più possibile a chi prova quasi follemente, visto il livello del dibattito politico italiano, a contrastare i soprusi e le disparità quotidiani che vivono sulla propria pelle non pochi italiani (ma che essendo soprusi anche se fossero su una sola persona andrebbero ugualmente denunciati).

Perché, “non è grave il clamore dei violenti. E’ grave il silenzio delle persone per bene”.

venerdì 11 marzo 2011

日本人の友人



Che dire quando si viene a sapere e a vedere distruzioni come quelle del Giappone di questi giorni?
Nulla, se non pensare agli amici giapponesi, quelli conosciuti di persona in tanti posti del mondo, e quelli che si vedono in fila con il caschetto di plastica bianco, o quelli che si immaginano dentro le case e le macchine trascinate via dall'acqua. O che stavano nei treni o nelle navi.

我々はすべての日本人です

Trema Costa, arriviamo!



In netta ascesa il nuovo blog de iMille, nel suo nuovo formato "magazine" di approfondimento sta insidiando non pochi bloggers e blog famosi, come Antonio Di Pietro e soprattutto Francesco Costa!

Ancora 10 posizioni, ma stiamo in forte ascesa.
Trema Costa, arriviamo!

giovedì 10 marzo 2011

Un anomalo anno zero

Stasera è andato in onda un "anomalo" anno zero, in un clima tranquillo, senza parlarsi uno sull'altro, senza isteriche deputate o sottosegretarie pidielline che se ne vanno offese.
Certo quando si inizia con Tremonti alla lavagnetta seguito da Scalfari per "svegliare" e poi Bertinotti e De Bortoli è inevitabile. Tranquillità che forse può venir tacciata di essere "soporifera", che è la prova di quanto si è spesso abituati alle urla che meccanicamente tengono svegli

Sicuramente la cosa migliore sono stati i servizi dalla Libia. La televisione che ogni tanto si ricorda di ciò che la rende diversa: le immagini, i servizi che ti fanno entrare nella quotidianeità, anche tragica e bellicosa.
Poi si è continuato con una lunga discussione su globalizzazione e crisi, con le solite posizioni di Tremonti. Sicuramente il dibattito è stato interessante per molti aspetti, mi pare però che si girava intorno al convitato di pietra, mai nominato, se non marginalmente alla fine da una vignetta di Vauro.
Si è parlato delle speculazioni finanziarie e delle rivolte nei paesi arabi, della Cina e delle nuove classi medie.

Ma non si è mai detto di quanto la crisi energetica sia allo stesso tempo causa ed effetto, in un avvitarsi continuo.
Un convitato di pietre, appunto, che troneggiava da lontano.
"La Cina è vicina", diceva una delle ultime vignette di Vauro, "Si ma con quello che costa la benzina ci dovremmo andare a piedi", finiva. Appunto.

Dall'ACS per iMille

E' uscito oggi sul sito de iMille un mio contributo che riprende un dibattito che c'è stato alcuni mesi fa su C&EN, il settimanale dell'American Chemical Society. Lo riporto anche qui.

Valutazione della ricerca universitaria : il dibattito oltre oceano

In questi mesi con la riforma Gelmini si è (e si sta) molto parlando delle commissioni di valutazione delle attività di ricercatori e professori universitari. Il sistema delle tenure, che elimina la figura del giovane ricercatore a tempo indeterminato si è chiaramente ispirata al sistema americano. E’ allora interessante notare come, proprio durante le discussioni, le contestazioni a volte troppo “a priori” e le difese anche queste troppo senza cognizione e riflessione, si sia svolto su Chemical & Engineereng News, (C&EN, il settimanale della American Chemical Society) un dibattito sulla valutazione e quindi sul senso della ricerca fondamentale ai giorni nostri. Tutto è iniziato da un editoriale dell’11 ottobre 2010 di Allen J. Bard, professore in chimica alla University of Texas a Austin. L’editoriale dal titolo provocatorio It’s not the money, stupid! ha provocato, come ci si aspettava, molte reazioni e il dibattito che ne è seguito è stato riportato nell’edizione di C&EN del 13 dicembre 2010 [1], proprio mentre da noi si attendeva la caduta del governo e si era alla fine dell’iter di approvazione della riforma Gelmini.

Cosa ha detto Bard nel suo editoriale di ottobre? La sua tesi centrale è che la cultura della ricerca accademica si è spostata negli ultimo 50 anni dalla valutazione basata sull’insegnamento, la creatività e la produttività a quella basata semplicemente sulla quantità di denaro che si riesce ad ottenere. Per questo, continua, i membri delle facoltà sono ora giudicati dalle stesse commissioni dei dipartimenti (quindi costituite di accademici) più sulla base dei fondi di ricerca ottenuti che sulla qualità del lavoro poi effettivamente svolto. Il fatto di essere valutati sui fondi ottenuti è chiaramente un segnale , un riconoscimento, del lavoro svolto precedentemente, però essere valutati solo (o principalmente) su questi non può essere una valutazione scientifica perché spesso chi prende la decisione finale per l’assegnazione dei fondi, come dice Bard, sono dei responsabili di progetto delle agenzie governative che sono lontani dalla ricerca più avanzata. Un altro problema, forse uno dei più gravi, che causa questo sistema che spinge ad una ricerca sempre maggiore di fondi, è che i giovani scienziati spendono il 70% del loro tempo scrivendo progetti, e questo in quello che è il periodo più prolifico di uno scienziato. Tempo che viene sempre più tolto alla supervisione degli studenti, e quindi alla formazione dei nuovi scienziati. A supporto della tesi di Bard si potrebbero citare i sempre più ricorrenti casi di frode scientifica, tra cui uno dei più famosi è quello di uno studente della Columbia il cui supervisore ha dovuto ritirare due articoli in cui studente (B.Sezen) e professore (D.Sames) risultavano autori, perché in seguito nel gruppo si erano accorti che i dati erano irriproducibili. Dati che si è scoperto essere totalmente inventati. Lo studente aveva proprio falsificato degli spettri NMR! Un caso sul quale il federal Office of Research Integrity ha trovato ben 21 effrazioni, come spiegato in dettaglio nello stesso sito dell’American Chemical Society [2] e che è considerato uno dei peggiori incidenti di frode scientifica della comunità chimica.
Per tornare all’editoriale di Bard, uno dei potenziali pericoli segnalati che stanno nascendo generati dal sistema è il sempre maggiore interesse delle Università non solo negli overheads ottenuti dai fondi (quando un gruppo in una università ottiene un finanziamento da una agenzia, una parte di questo va al dipartimento che lo ospita) ma direttamente nella generazione di proprietà intellettuale per aumentare il vantaggio direttamente economico ottenuto dall’istituzione. Questo non è chiaramente visto come un male in sé (come alcuni detrattori di Bard cercano di dire) ma se preso come criterio unico provoca delle distorsioni pericolose, come sempre quando si assume un unico criterio di valutazione.

Ma forse uno dei maggiori pericoli è quello che Bard espone nelle sue conclusioni. Se lavorare fianco a fianco con gli studenti e condurre ricerca scientifica fondamentale a lungo termine non è più l’attività quotidiana dello scienziato, ma il denaro è la cosa più importante, allora si entra in competizione con professioni molto più lucrative di quella accademica. Perché dunque un giovane e brillante studente dovrebbe fare scienza avendo come modello finale poi lo stesso lavoro quotidiano di altre professioni del mondo della finanza sicuramente pagate di più?

L’editoriale di Bard ha sollevato un vivace dibattito in cui si sono criticati alcune sue affermazioni ma anche segnalata la fondatezza di alcuni pericoli da lui sollevati. In particolare Prestwich e Wight (University of Utah) contrappongono al modello tradizionale (cui è chiaramente legato Bard, PhD ad Harvard nel 1957, un non giovanissimo che ha però più di 850 pubblicazioni su riviste internazionali di cui quattro già nel 2011, quindi non un anziano barone sfaccendato) in cui l’accademico ottiene il rispetto dei suoi pari grazie alle pubblicazioni nelle riviste di maggior prestigio, ottenendo fondi di ricerca e vincendo premi, un nuovo modello in cui il rispetto è rispetto sociale che si ottiene quindi quando le proprie attività hanno un impatto positivo sul resto della popolazione. Un nuovo modello per scienziati dell’era della conoscenza diffusa e dell’educazione permanente, dove si ha tutti da guadagnare se si rende chiara la connessione tra le tasse pagate e la ricerca da queste sovvenzionate. Una nuova generazione di accademici “imprenditori”, continuano Prestwich e Wight, abituati ad identificare e risolvere problemi del mondo reale, a trasferire la ricerca di base in tecnologia applicata e ottenere al tempo stesso prodotti per tutti e pubblicazioni scientifiche. Al servizio dell’Università di massa quindi, perché saranno insegnanti non solo per quel 5% di studenti che diventerà professore o scienziato ma per quel 95% che andrà nel mondo reale e che diventerà politico, uomo d’affari, scrittore, direttore d’azienda.

Partendo quindi dai criteri di valutazione delle tenure il dibattito si è spostato sulla definizione oggi della frontiera (se questa esiste) tra ricerca fondamentale e applicata, confine che soprattutto in chimica è tante volte poco ben definito.

Ed è tanto più interessante ed istruttivo vedere come i criteri di valutazione universitaria e quindi la definizione del ruolo dell’Università nella società siano qualcosa in continua evoluzione e nessun sistema ha delle certezze granitiche sui cui basarsi sempre e comunque. Questo non vuol dire assolutamente che la valutazione è un male in sé, anzi Bard chiede valutazione ma non a senso unico, non chiede finanziamenti a pioggia, vuole sganciare il legame a volte perverso tra valutazione e finanziamenti, senza eliminare nessuno dei due. Quando quindi in Italia, e in molti altri stati d’Europa, si iniziano ad utilizzare, giustamente, sempre più sistemi di valutazione basati su commissioni, agenzie, progetti nazionali e sovranazionali, è bene vedere i problemi che esistono dove questo tipo di sistema è in vigore da molto tempo e, dialogando al nostro interno e con chi lo conosce meglio di noi, cercare di considerare tutti i differenti aspetti.
Perché un approccio fideistico, da una parte e dall’altra, non porta mai nulla di positivo ma sempre distorsioni. E perché i contorni definiti del modello che si adotta sono legati al rapporto che immaginiamo nella società del futuro tra innovazione, ricerca scientifica, insegnamento universitario e formazione permanente, sviluppo sociale, economico e culturale.

Note

1) Si può accedere da qui all’articolo completo.
2) Una nota dell’ACS la si trova qui.

mercoledì 9 marzo 2011

Al bar dello sport



E' da circa due anni che sulla freebox francese affianco alla Rai è comparso un canale locale, Telenova.
Così finalmente ritorna il calcio nel suo aspetto più bello, genuino, affascinante: la chiacchiera da bar. Su Telenova, come sui tanti canali locali di Roma, la domenica, quando ci sono partite importanti, arriva la trasmissione in cui si seguono (ma non si vedono!) le partite, con un parterre formato da ex-giocatori e allenatori, giornalisti sportivi (spesso di testate locali), tifosi (più o meno famosi). E mentre pigramente la partita trascorre le discussioni fervono. Come al bar dello sport, appunto.
Ma è proprio questo il bello del calcio. Una partita in sé è quasi sempre noiosa, per la maggior parte del tempo non succede nulla. Ma il bello nasce proprio dalla convivialità, dallo scambio di "granitiche" certezze, dalle bonarie litigate.

Insomma molto meglio seguirle su questi genuini canali locali (e purtroppo ogni tanto Telenova qui in Francia proprio sul più bello cambia pelle e diventa un altro canale che manda vecchi telefilm) che sui vari canali via cavo o satellite dove mandano le partite intere.

Meglio il bar dello stadio!

martedì 8 marzo 2011

Ora me menano ...

Un po' di ironia per l'8 marzo? :)

Io e te, un tanto ar chilo?

More about Io e te
Come dice qualcuno un "libro da tram", nel senso che si legge in un viaggio in tram, neanche in treno. E questo essere molto breve ha sollevato molte critiche. Le più ingiuste sono quelle che trovano che 10€ per 100 pagine siano un po' troppe. Francamente mi sembrano parecchio idiote come critiche, non è che i libri vanno "un tanto ar chilo". Anche perché così ragionando si leggerebbero solo Dostoevskij e Tolstoj (per esempio con 14€ ti danno 883 pagine di Demoni, un bell'affare si direbbe!!!).

Quindi prendiamolo per quello che è: un racconto che per motivi commerciali è diventato un libro, ma resta appunto un racconto. Ben scritto e gradevole. Esagera anche il buon Sciltian forse a tesserne le lodi, però è innegabile che scorre via facile (ed è un grande pregio).

Sempre la più lucida

Grazie come sempre a Chiara, la più lucida sulle questioni più spinose.

lunedì 7 marzo 2011

I bambini di poi

Meravigliosa questa, come aveva fatto a sfuggirmi?

Atomi, Neruda e blog

Visto che qualcuno apre un blog però poi non ci mette nulla, preferendo scrivere delle note su faccialibro, allora glilo rubo questo!

Ode all'atomo, di Pablo Neruda

Piccolissima
stella,
sembravi
per sempre
sepolta,
e, nel metallo, nascosto
il tuo diabolico
fuoco.
Un giorno
alla tua minuscola
porta:
era l'uomo.
Con una
scarica
ti liberarono,
vedesti il mondo,
uscisti
nel giorno,
percorresti
città,
il tuo gran fulgore arrivava
a illuminare le esistenze,
eri
un frutto terribile
d'elettrica bellezza,
venivi
ad affrettare le fiamme
dell'estate,
e allora
giunse
armato
d'occhiali di tigre
e armatura,
con camicia quadrata,
con sulferei baffi,
e coda di porcospino
giunse il guerriero
e ti sedusse:
dormi,
ti mormoròm,
avvolgiti tutto,
atomo, che sembri
un dio greco,
una primaverile
modistica parigina,
adagiati
sulla mia unghia,
entra in questa casettina,
e allora
il guerriero
ti mise nel suo gilè
come se fossi soltanto
una pillola
nordamericana,
e se ne andò per il mondo
e ti lasciò cadere
a Hiroshima.
Ci svegliammo.

domenica 6 marzo 2011

A 10 giornate dalla fine

Quando mancano 10 giornate (e 30 punti in palio) dalla fine del campionato, è possibile vedere quanto le previsioni di fine agosto siano state "azzeccate". Anche se non si sa chi vincerà (ma una squadra sembra aver preso il largo), bilanci di fallimenti, successi, raddrizzamenti in corsa sono già possibili.

Milan. Avevamo detto che il Milan era quello che si era rafforzato di più, e gli sforzi societari sono stati ripagati. Soprattutto quando ai rinforzi dell'estate si sono aggiunte delle buone correzioni in corsa, su tutte l'acquisto di van Bommel e Cassano e la partenza di Ronaldinho. Con 5 punti di vantaggio dall'Inter e 10 partite da giocare, i rossoneri sembrano lanciati. Con la classia "simpatia" tra sorti del Milan e quelle politiche del suo presidente.

Inter. Inizia male, malissimo, come avevamo pronosticato. Poi Benitez va via e la stagione riprende, non certo per demerito del tecnico spagnolo ma perché solo a gennaio si sono fatti gli acquisti necessari. Sono il primo attacco del campionato ma sono troppo instabili in difesa.

Roma. Una classica stagione di transizione societarie poi diventata anche tecnica. Montella in panchina ha fortuna all'inizio, la squadra non è scarsa ma non ha assolutamente continuità. La scommessa Adriano è stata persa, Simplicio un po' meglio. Borriello si è rivelato essere l'acquisto migliore.

Juventus. Avevamo detto che si era preferita la strategia di piccoli acquisti medi anziché il grande campione, ma non pensavamo potesse andare così male. In realtà Quagliarella è stato un grande acquisto e da quando si è infortunato per la Juve è stato, non a caso, un tracollo. E per l'anno prossimo si parla dell'ennesima rifondazione bianconera. Peggio della Fiat, insomma.

Sampdoria. Quarta lo scorso anno, in zona retrocessione adesso. Sembra che si siano messi d'impegno per romper un giocattolo, prima cedendo Del Neri e Marotta e poi Cassano e Pazzini.

Napoli. Una grande stagione. Deve ancora reggere la continuità della pressione dell'alta classifica, ma sicuramente positivo il bilancio dei partenopei.

Palermo. Era un'incognita (battezzato "misterioso" ad agosto), inizia bene, poi cala alla distanza e crolla a Febbraio.

Per le altre, abbiamo azzeccato la previsione di una buona Lazio (che è andata anche meglio delle speranze più rosee) e di una debole Fiorentina, mentre sull'Udinese male e Genoa bene, abbiamo toppato alla grande. Succede solo quando le previsioni si scrivono nero su bianco e si riprendono sei mesi dopo.

E ora pronti per il rush finale!

Palazzo Grazioli

E' proprio vero che Palazzo Grazioli è vietato ai minori!

Come dice un mio amico che mi ha segnalato l'esistenza del sito www.palazzograzioli.com, "internet never lies".

Forse no, ma è sicuramente pieno di burloni!

Statistiche 2

Se le statistiche di accesso di questo blog chiaramente hanno un problema BOT per quanto riguarda gli stati di provenienza, sono però comunque interessanti (comprendendo i BOT) sui dati forniti da "Navigatore" e "Sistema Operativo" utilizzati.

Per il navigatore si ha un testa a testa tra Explorer (44%) e Firefox (39%) che rispecchia l'oramai sostanziale parità di utilizzo dei due programmi. Molto indietro compaiono gli altri, con valori che dubito siano statisticamente significativi (se proiettati su tutti gli utilizzatori), e comunque vedono Chrome (6%) e Safari (4%) molto indietro.

Per i sistemi operativi si ha invece ancora un forte predominio di Windows (76%) su Macintosh (16%). Ma magari tutti i BOT usano Win e falsano il risultato :) Anche qui le altre piattaforme sono ancora trascurabili, con Unix (5%) e i vari sistemi per smartphone, iphone e affini che iniziano a comparire.

Vedremo come evolve la situazione.

Tempi

Come dice bene Francesco Costa : "non c’è stato modo di salvare i maniscalchi quando sono state inventate le automobili".
Questo vale per piccole librerie vs grande distribuzione (nei grandi megastores e su internet), ma lo stesso si può dire per tante professioni oggi come ieri. E difenderle è inutile, impossibile. Si sprecano tempo e risorse che si potrebbero utilizzare invece per aiutare chi è inevitabilmente schiacciato, magari con corsi di formazione.
Quando si parla tanto di "formazione permanente" vuol dire proprio questo. Soprattutto oggi con trasformazioni molto più veloci del passato, bisogna imparare a supportare chi si ritrova troppo rapidamente con dei mestieri già fuori dai tempi.
Ma andare contro i tempi è da pazzi.

sabato 5 marzo 2011

Juventus - Milan, pagelle per agoravox

Il Milan vince di misura e continua la sua corsa. Segna solo in finale del primo tempo ma dà sempre l'impressione di governare la partita. Sbaglia due grandi occasioni con Ibrahimovic e Cassano in avvio di partita, contiene il ritorno d'orgoglio della Juve e mantiene sempre il pallino del gioco. E' fortunato a passare in vantaggio in una fase del secondo tempo quando la Juve sembrava aver preso confidenza. Per un diavolo in paradiso una signora che sprofonda. Ma la differenza c'è tutta, a partire dalla qualità individuale ed è ben rappresenata dai 20 punti di distacco.

BUFFON 6 Attento, non particolarmente impegnato anche se non senza pecche nel gol.
TRAORE 6 Puntuale nelle chiusure, poco lucido nella spinta e nei passaggi in fase propositiva.
BARZAGLI 6.5 Fa bene il suo compito di contenimento.
CHIELLINI 6.5 Chiude Ibrahimovic con decisione. Ritorna centrale e la difesa bianconera ne guadagna sicuramente. Finisce all'assalto ma poco lucido.
SORENSEN 6 Chiude ed è bravo nel proporre e proporsi in avanti nel primo tempo, arretra sempre di più nella ripresa fino a svanire.
MELO 6.5 Lotta costantemente in mezzo al campo senza lesinare randellate, nel secondo tempo si sobbarca tutto il lavoro e tiene in piedi la squadra.
KRASIC 6 Da lui nascono tutte le (poche) azioni pericolose del primo tempo, sparisce però nel secondo.
MARCHISIO 5.5 Volenteroso ma poco lucido.
MARTINEZ 5 Inesistente, inutile, inconcludente.
TONI 5.5 Poco servito, poco incisivo e troppo lento.
IAQUINTA 5 Entra per sostituire un poco servito Toni, non si nota per niente.
MATRI 5.5 Sempre troppo lontano dall'azione e poco reattivo quando potrebbe.
DEL NERI 5.5 Ha il solo merito di aver rimesso Chiellini al centro della difesa, così da riuscire a limitare i danni, ma la squadra quando finisce la verve di Krasic non esiste.

ABBIATI 6.5 Poco impegnato, ma attento quando serve.
JANKULOVSKI 6.5 Dal suo lato ha Krasic che lo impegna nel primo tempo. Padrone della fascia nel secondo.
THIAGO SILVA 7 Impeccabile, conduce la difesa senza far correre rischi al portiere.
NESTA 6.5 Puntuale, pulito.
GATTUSO 6.5 Lotta come sempre, poi inizia ad avanzare il suo raggio di azione, fino ad andare in gol e diventare centrocampista offensivo a fianco di Seedorf.
FLAMINI 6 Tra i tre centrocampisti di quantità schierati è quello che prova a dialogare di più con gli attaccanti nel primo tempo, ma con poca fortuna. Nel secondo tempo si scambia con Gattuso.
ABATE 6.5 Difende bene e prova a farsi vedere anche avanti.
BOATENG K-P 7 Da lui arrivano le illuminazioni per gli attaccanti. Lucido e dinamico, una spina nel fianco per la difesa bianconera, finché colpito duri non deve uscire.
ROBINHO 5 Inesistente come trequartista, poco presente anche come attaccante.
VAN BOMMEL 6.5 Ottimo regista difensivo, lottatore forse troppo rude ma efficace.
IBRAHIMOVIC 5 Svampito, sbaglia un'occasione da non pardere a inizio gara. Stanco e lento è spesso troppo lontano dall'azione.
CASSANO 5.5 Inizia forte ma poi lentamente si spegne.
SEEDORF 6 Entra per controllare il vantaggio.
ALLEGRI 6 Quando si ha come sostituto di Boateng un certo Robinho e di Cassano Seedorf non ci si può lamentare. Mette bene la squadra con una formula azzecata di tre centrocampisti di forza, un trequartista e due punte. E trova con van Bommel una diga e registra arretrato preziosissimo.

Eddai, una piccola prova



Come ogni anno il consigliere della mia banca mi propone di non lasciare tutto ad accumularsi sul conto corrente (che in Francia non ha per niente interessi) ma mettere in vari luoghi dove in un modo o nell'altro (e con percentuali minime) aumentano, lentamente ma inesorabilmente (in teoria).
Così anno dopo anno ho iniziato anche a differenziare questi "pseudo" investimenti (che poi si riduce a spostare dei numeri da un nome all'altro), anche perché i vari luoghi protetti dallo stato francese hanno dei tetti massimi.
Ora ne ho aperto uno con un piccolissimo rischio (fatto su una cifra irrisoria), così vediamo tra qualche mese vediamo come va. E per riprendermi da ciò mi sono pure comprato al mercatino regionale un salume e un formaggio basco, più delle olive alla provenzale.

Una piccola prova insomma ... ma per la prima volta i numerelli di accumulo o perdita dipendono indirettamente dal famoso CAC40. Vabbé non è che sono entrato nel mondo della borsa e della finanza, guardo i numeri girare dalla finestra, piuttosto.

VI DIN.F90

Come provare a dire quanto è bello iniziare proprio da zero, da "vi din.f90" ?
E poi vedere come le traiettorie escono fuori, come oscillano le funzioni di correlazione, come le distribuzioni classiche evolvono, magari si sfasano un po'. Di come cambiano le cose giocando con temperatura, accoppiamenti, differenze di frequenze etc ...
E il bello deve ancora venire!

giovedì 3 marzo 2011

Cosa si può fare?

Di dottorato, non di laurea!



L'altro giorno è scappato nel servizio del Tg1, oggi a Bersani ad anno zero. Precisiamo: il ministro tedesco della difesa si è dimesso per aver "copiato" (o meglio "riportato senza citare") interi pezzi della sua tesi di DOTTORATO, non di laurea.
I 'lapsus' sono sintomatici di una incredibile ignoranza della società italiana sull'esistenza (e ruolo) dei dottorati di ricerca, che in Italia esistono oramai da circa venticinque anni. Ma si sa che le "novità" ci mettono un po' per essere assorbite ...

E ricordiamo che chi fa il dottorato è a tutti gli effetti uno studente, NON è un "professore", non "insegna all'Università" (anche se può tenere dei corsi o dei laboratori, cosa che in Francia è retribuita, e in molti posti è parte integrante anche della giustificazione del proprio stipendio), non è un "precario della ricerca" (perché non è che tutti quelli che fanno il dottorato devono necessariamente restare nell'Università, altrimenti la piramide "impazzirebbe", come la maionese ...), non sono tanto meno "assistenti" (figura professionale che non esiste più da vari decenni) anche se molto spesso l'idea che gli stessi dottorandi in Italia danno di sé stessi (questo soprattutto nelle facoltà umanistiche) è quella di chi è in coda per ereditare una cattedra o qualche briciola.

Insomma i giornalisti dovrebbero essere informati di come funziona (formalmente) almeno in Italia il sistema e sapere qual è la differenza tra una tesi di laurea e dottorato, per non parlare dei politici che sono gli stessi che poi magari pontificano su riforme dell'Università o della ricerca, chiaramente non sapendo di cosa parlano.

Postilla: nel mondo è il dottorato che conferisce il titolo di "dottore" (è una tautologia, non si dovrebbe neanche specificare, ma tant'è ...), in Italia invece se prima questo titolo era conferito dopo la laurea quinquennale ora addirittura dopo la triennale (che altrove è garanzia di saper poco più che leggere, scrivere e far di conto ...).

A questo punto perché non dare il titolo di dottore sin dalla nascita?

mercoledì 2 marzo 2011

Un nuovo J. Phys. Chem. B

Il primo articolo accettato del 2011: Stability and Instability of the Isoelectronic UO22+ and PaO2+ Actinyl Oxo-Cations in Aqueous Solution from DFT-based Molecular Dynamics, primo autore con B.Siboulet, S.Abadie, R.Vuilleumier e P.Vitorge.
Ancora un JPCB (ci stiamo facendo il callo, non male), e soprattutto primo articolo per il buon Sacha!

Aspettando i proofs, chissà se uscirà prima questo che quello della special issue in onore di G.Fleming (in press da parecchi mesi).

martedì 1 marzo 2011

La danza regale nella V Repubblica



E' di qualche giorno fa la notizia delle dimissioni di Michèle Alliot-Marie, detta MAM, da ministro degli esteri francese, per la troppa vicinanza con l'appena deposto presidente tunisino Ben-Alì. Senza entrare nelle tante (troppe) implicazioni che la Francia ha con i tanti (anche questi troppi) presidenti-dittatori delle sue ex-colonie (non solo nel Maghreb, ma anche nella zona sub-sahariana), è interessante notare come dimissioni, ritorni e rimpasti siano un leit-motif dei governi francesi. Nel bel mezzo della V Repubblica.

E’ bene ricordare che la V Repubblica nasceva nel 1958 dal tracollo della IV Repubblica, debole e instabile cui diede la spallata finale la crisi algerina. La IV Repubblica si fondava su un sistema parlamentare (molto simile alla "cosiddetta" I Repubblica italiana) che non produceva maggioranze parlamentari omogenee, con 22 governi nei suoi 12 anni di vita (1946-1958). Nel 1958 la costituzione venne modificata (cosa che non è mai avvenuta nel passaggio prima-seconda repubblica in Italia) istituendo una repubblica "semi"-presidenziale, la cui stabilità era garantita dal settennato del presidente eletto direttamente. A questi si affiancava un governo direttamente da lui nominato e un parlamento eletto ogni 5 anni (quindi fuori fase con le elezioni presidenziali).

Recentemente poi si è rafforzata la "stabilità", o meglio l'omogeneità tra Eliseo e camera dei deputati, riducendo a 5 gli anni del mandato presidenziale, così da evitare le coabitazioni. Inoltre mettendo le elezioni presidenziali un mese prima di quelle politiche (per la sola camera dei deputati, il Senato è eletto indirettamente), l’effetto trascinamento del presidente eletto nei confronti del è quasi assicurato per legge.

In questo quadro, si immagina un sistema molto stabile, una continuità di governo. Insomma tutte quelle belle cose che durante la prima repubblica in Italia ci dicevano essere fondamentali e che si sarebbero ottenute con un "presidente forte", un "governo che governa". Invece anche nell’epoca Sarkozy, che si proponeva come rottura rispetto al metodo Chirac (che per inciso era della sua stessa parte politica) con un presidente molto attivo nell’agone politico quotidiano, la stabilità delle azioni di governo non è così assicurata come si penserebbe. O meglio, se il presidente e (cosa strana) il suo primo ministro (François Fillon) sono gli stessi da quasi quattro anni (ovvero dalle ultime elezioni), non pochi sono stati i rimpasti di governo. Per questo seguiamo alcuni personaggi (MAM, Juppé) attraverso i quattro ministeri “régaliens”: Interno, Difesa, Giustizia ed Esteri.

Esteri. Il primo ad occupare il Quai d’Orsay dell’era Sarkozy è addirittura il socialista, già ministro nei governi Jospin e Bérégovoy, e fondatore di Medici senza Frontiere Bernard Kouchner, simbolo della cosiddetta politica di “apertura” che caratterizzò la prima parte della presidenza Sarkozy. Nel novembre 2010 è però tempo per un rimpasto (sì, i rimpasti, “remaniements” non si fanno solo in Italia), e il terzo governo Fillon deve serrare le fila così è il momento di MAM. Michèle Alliot-Marie stabilisce un record nei governi francesi, ininterrottamente in una posizione di governo dal 2002, è la prima nella V Repubblica ad occupare consecutivamente quattro ministeri “régaliens”. MAM è una politica di lunghissimo corso. 65 anni, è segretario di stato di Chirac dal 1986 al 1988 e poi ministro di Balladur dal 1993 al 1995. Diventa poi presidente del partito gaullista RPR in piena epoca Chirac. Riesce a passare indenne la tempesta politica del passaggio (tutto interno alla destra) Chirac-Sarkozy (quello in cui è stato maciullato Dominique de Villepin, per fare un esempio). Ma casca (non senza qualche commento sarcastico e compiacimento interno) sulle vacanze in Tunisia. E chi subentra? Niente meno che Alain Juppé, vecchissima conoscenza della politica francese. Primo ministro di Chirac negli anni 90, era riuscito anche lui a trovare un suo spazio (strettissimo, poco gradito) all’indomani dell’elezione di Sarkozy, di cui fu ministro dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile per un mese, dovendo poi dimettersi quando perse le elezioni e non fu eletto nel suo collegio di Bordeaux.

Veniamo ora al ministero degli Interni, molto caro a Sarkozy, non solo perché fu il suo trampolino di lancio, ma perché ha un ruolo chiave nella politica interna del presidente. Polizia, sicurezza, immigrazione, “identità nazionale” sono messi scientemente al centro dell’agenda politica dalla destra per vincere le elezioni. Da maggio 2007 a giugno 2009 però è ministro proprio MAM, non qualcuno dei fedelissimi di Sarkozy, ma, come abbiamo detto, una politica di lungo corso, che tiene “regalmente” appunto le chiavi della polizia. Ma nel 2009 l’UMP deve risalire la china, e allora è il momento del fedelissimo Brice Hortefeux che unisce all’Interno il ministero dell’immigrazione. E’ l’uomo dei rimpatri, del (fallimentare) dibattito sull’identità nazionale. Con le dimissioni di MAM dagli esteri però si accompagna un rimpasto che vede Hortefeux entrare nello staff diretto dell’Eliseo (oramai le elezioni sono ad un passo) e agli interni arriva Claude Guéant. Guéant, personaggio meno conosciuto della politica francese, è un alto funzionario con una lunga carriera alle spalle. 65 anni (come Juppé e MAM) è dal 2007 segretario generale dell’Eliseo, è stato prefetto e direttore generale della polizia nazionale, tra le altre cose.

Giustizia. Nel 2007 come “Garde des Sceaux” arriva la giovane stella nascente Rachida Dati. Sarkozianissima, che però non si fa apprezzare come ministro (e avere familiari con problemi di giustizia non ha aiutato), così nel 2009 viene mandata a fare la campagna elettorale per le europee e, eletta, spedita a Strasburgo. A lei subentra MAM, esperta nel gestire i funzionari pubblici francesi. Ma dopo poco più di un anno si cambia, MAM va agli esteri e al suo posto arriva Michel Mercier, attuale guardasigilli, una vita nella politica locale, consigliere generale e presidente del consiglio generale del Rhône dal 1978, è prima deputato (1993-1995) e poi senatore dal 1995 al 2009 quando diventa ministro dello spazio rurale e del territorio, un ministero creato dalla coppia Sarkozy-Fillon per recuperare questo centrista nella strategia di tagliare la terra ai piedi di Bayrou.

E infine Difesa. Qui MAM non entra, ma durante l’ultimo mandato di Chirac, una sola persona aveva ininterrottamente guidato questo ministero di prestigio. MAM appunto, dal maggio 2002 al maggio 2007. All’arrivo di Sarkozy alla difesa va Hervé Morin, leader del Nouveau Centre, formazione centrista che si è staccata dall’UDF di Bayrou appoggiando da subito Sarkozy alle elezioni del 2007. Ma nel 2010 esce dal governo, consacrandosi al 100% al suo partito, in quella fase di posizionamento che precede le prossime elezioni (e qualcuno sussurra addirittura una sua possibile candidatura nel 2012). E’ così nel 2010, dopo 3 anni di purgatorio, Alain Juppé ritorna al governo (il cui purgatorio in realtà durava da più tempo, dalla sua condanna alla ineleggibilità del 2004). Ma pochi mesi dopo Juppé passa agli esteri in seguito alla crisi tunisina, e, in qualità di fine conoscitore degli affari francesi nel mondo, Juppé allo scoppiare delle crisi nordafricane agiva già “de facto” come ministro degli esteri. Arriva così alla difesa Gérard Longuet, presidente del gruppo UMP al Senato e capofila dei liberali dell’UMP. Anche lui 65 anni, deputato della Meuse dal 1978 al 1981, ministro delle poste durante il governo Chirac dal 1986 al 1988 (quello della coabitazione con Mitterrand), presidente della regione Lorena dal 1992 al 2004, ministro dell’industria di Balladur (nella seconda coabitazione della presidenza Mitterrand), senatore della Meuse dal 2001 ad oggi (in Francia il cumulo di mandati è norma).

Quindi in quattro anni, in una V Repubblica che dovrebbe garantire continuità di governo abbiamo avuto: 3 ministri degli esteri (Kouchner, Alliot-Marie, Juppé), 3 ministri della difesa (Morin, Juppé, Longuet), 3 ministri degli interni (Alliot-Marie, Hortefeux, Guéant) e 3 ministri della giustizia (Dati, Alliot-Marie, Mercier). E in questa danza “regale” MAM ne ha collezionati tre e Juppé due (in poco più di tre mesi). Chirac non era riuscito a fare meglio nel suo pur confuso ultimo quinquennato : 1 ministro della difesa (Alliot-Marie), 2 ministri della giustizia (Perben, Clément), 3 ministri degli esteri (de Villepin, Barnier, Douste-Blazy) e 3 ministri degli interni (Sarkozy, de Villepin, Baroin).

I presidenti si continuano a dire forti, ma la loro forza sembra più quella di muovere i fili dei danzatori regali che assicurare ministeri stabili per funzionare come dovrebbero.

Giornata lolliana

Stando a casa a scrivere e fare grafici, non so se ascoltare tutto il giorno Claudio Lolli fa così bene.
Forse accresce l'angoscia metropolitana, mentre dalla finestra chissà quante Anne di Francia passano sul marciapiede e Michel si sarà fatto grande, abiterà magari qui vicino.
E invece gli zingari felici sono tenuti lontano dalla polizia che rende sicura la borghesia.

E intanto resto qui, faccio grafici nel mio tempo schiavo dell'imbroglio.
Aspettando Godot.

Sulla scuola

Dice bene Elena qui.