venerdì 26 giugno 2009

Al lingotto!

Domani sera un viaggio in treno e sabato mattina fresco fresco mi ritrovo a torino.
Qui il documento scritto che presentiamo come iMille, qui sotto una versione che dovrebbe durare 5 minuti:

Per poter promuovere un rinnovamento radicale dell'Italia e dell'Europa, il Partito Democratico ha bisogno di un rinnovamento al suo interno altrettanto radicale, che coinvolga sia la sua struttura sia la qualità delle idee che promuove nella società.
Il partito si deve affrancare dagli sterili nominalismi e personalismi che hanno inquinato il centrosinistra italiano negli ultimi quindici anni, per riscoprire il senso non solo della sua recente nascita, ma soprattutto quello di una forza progressista che non sia un campo di scontro tra ideologie ma un luogo di confronto tra idee.
Così chiedere subito questa mattina un nome per la segreteria è una domanda sbagliata, fuorviante, che vuole rimettere l’azione politica nell’alveo sterile del nominalismo, senza interessarsi al senso di un partito progressista in Italia oggi, di come si possa generare una classe dirigente vincente e innovativa, di come ci si possa organizzare per elaborare e promuovere nella società la propria proposta politica.

Si può parlare di merito quando si sarà delineata una dirigenza politica che sia coerente e credibile. Si possono infatti proporre tutte le proposte politiche che si voglia, ma perché queste idee abbiano gambe devono essere portate da una classe politica che non sia screditata. Screditata perché quando ha avuto le sue opportunità di governo si è persa. Non ha saputo cambiare la società italiana che, sebbene il centrosinistra abbia governato per 6 anni e mezzo dal 96 a oggi, si ritrova oggi molto più a destra: nelle idee dominanti di “sicurezza” intesa come contrapposizione tra la “pura razza italica” e i “pericolosi” migranti, nella volgarità dominante nei rapporti uomo-donna, nell’identificazione ad escludendum dell’Italia con il cattolicesimo in contrapposizione ad altre culture e sentimenti, nel localismo esasperato, che riduce le nuove sfide del cosiddetto mondo globale alla difesa del limes dell’impero contro le invasioni barbariche.
Questa classe dirigente non è stata quindi solo delegittimata dalle ultime sconfitte elettorali, ma dalla sua incapacità palese nel costruire una società più sana, moderna, aperta al futuro.

Come arrivare ad un partito che si rigeneri in maniera sana e non attraverso i metodi della cooptazione? E’ necessario liberarsi da una abitudine tipica in Italia: attendere che il capo ormai anziano liberi il posto per il suo più fedele tra i fedeli, colui che pur di arrivare alla successione ha dimenticato ogni capacità di autonomia, ogni passione. Ma una nuova generazione di dirigenti non cresce sopra gli alberi. Se una generazione è già in campo, “nel lavoro, nelle professioni, nelle amministrazioni, nel partito”, deve smetterrla di partecipare alle iniziative di altri dove il vecchio leader di turno presenta le proprie idee e si bea degli applausi di giovani sudditi. Altri “innovatori” dotati di spirito critico e di autonomia intellettuale, devono invece scendere dal pero ed invadere i circoli. Prendere tessere e fare tessere. Se non ci piacciono i suoi dirigenti ma restiamo fuori è facile e sterile critica, è restare comodamente in poltrona e guardare dalla finestra gli altri spalare la neve e far notare che potevano farlo meglio. Se vogliamo cambiarlo ora, bisogna farlo ora.

L’organizzazione di un partito dovrebbe poi rappresentarne la volontà di trasparenza e democrazia come la capacità di gestione del paese. Il PD è completamente disorganizzato. I circoli, gli iscritti e i simpatizzanti ricevono tutte le informazioni in modo casuale, per passaparola. E questo sembra dovuto a due cause che si auto-alimentano: da una parte privilegiare nelle decisioni e nel tempismo chi ha sufficienti entrature nei palazzi che contano, dall’altra la “disorganizzazione voluta” ha fatto dimenticare la capacità della buona organizzazione. Abbiamo così un partito che non coordina le sue energie per volontà e incapacità, che si scontra (perdendo) con una destra che fa dell’organizzazione di tipo aziendale il suo punto di forza propagandistico. Organizzazione aziendale che non è il nostro modello culturale ma contro la cui efficacia bisogna confrontarsi proponendo un modello interno diverso che sia lo specchio del modello di società che proponiamo.

Per organizzare un partito servono onestà intellettuale, volontà di trasparenza, competenze. Organizzazione che deve diventare in modo completo organizzazione del Partito Democratico e non semplice giustapposizione di due organizzazioni precedenti. Bisogna chiudere la stagione dei funzionari in quota Margherita o in quota DS e bisogna chiudere la stagione della gestione separata delle finanze del partito. Un solo tesoriere, una sola gestione finanziaria, un solo patrimonio monetario e immobiliare, come una sola dovrà essere l’appartenenza al PD.

Parlando di “appartenenza” non può non nascere la questione della “linea politica”, della “identificabilità” spesso chiesta da molti. Ma il problema, o il bello, per la sinistra moderna, è che questa linea è tutta da inventare. La linea non può, e non deve, nascere dal ritornare alla falsa sicurezza di una visione del mondo del secolo scorso, né con il marxismo socialista né con l’umanitarismo popolare, né con lo scimmiottamento grottesco del liberalismo economico come nuovo sol de l’avvenire. La Destra fa il suo mestiere: si reinventa declinandosi come statalista e liberista al tempo stesso, come protezionista e amica delle multinazionali. Crea il bisogno di ordine e propone un padre (un papi). Cosa fa la Sinistra? Sembra brancolare nel buio alla ricerca di regole. Abdica così da una delle funzioni principali della politica, e soprattutto quella progressista: “guidare” la società. Ma oggi non si guida seguendo le ricette scritte su vecchi libri polverosi del secolo scorso ma affrontando i problemi con umiltà, ovvero ascoltando le parti in causa e rendendole attrici nel processo della creazione di una visione della società e del mondo che migliori la società e il mondo, seguendo il valore stesso della condivisione, dell’importanza della dignità di ogni persona nel suo lavoro, nei suoi affetti, nella sua quotidianità.

Nella sinistra italiana molti, privi di fantasia e di coraggio, cercano di riciclare i modelli che potevano funzionare nel passato o inseguono quelli della destra. La mancanza di capacità immaginativa è forse il maggior sintomo dell’inadeguatezza della classe dirigente della sinistra e del PD. Una classe dirigente che ha perso la capacità di leggere il presente perché vecchia, occupata in lotte di palazzo, che non conosce più la società che dovrebbe rappresentare, una classe che si è formata su schemi antichi, che non ha l’abitudine all’elaborazione critica delle proposte politiche, a mettersi in gioco, a mettere in discussione le proprie posizioni per elaborare le migliori strategie sia di corto che di lungo periodo.

E allora, come e dove può nascere questa “rivoluzione culturale” necessaria per ricostruire una sinistra vincente, elettoralmente, politicamente e culturalmente? Dando fiducia alle tante intelligenze, alle tante sensibilità proprie della nuova società dove la cultura è “di massa”. Dove non ci sono guide istruite e masse proletarie o contadine ignoranti e disinformate. Così il partito dovrebbe avere il coraggio di dare fiducia ai propri componenti, e scommettere sui circoli per un nuovo rinascimento culturale e democratico. Per fare questo occorre organizzazione e coordinazione.
Un partito che rifugge le ideologie ma promuove le idee. Un partito nuovo che liberi le energie dei propri iscritti e simpatizzanti per liberare le energie dell’Italia, perché quella rinascita culturale, sociale, industriale necessaria non può venire da un partito sterile e statico, ma solamente da un partito che sia già lo specchio, l’avanguardia, di quella società dinamica, orizzontale, aperta, progressista necessaria per vivere a pieno titolo nel mondo contemporaneo.

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