
Le elezioni saranno il 13 aprile prossimo, e si voterà in Europa con lo stesso sistema di due anni fa, ovvero proporzionale con possibilità di esprimere ben due preferenze.
Gli eletti all’estero sono tutti esponenti della “vecchia immigrazione”, per vari motivi: organizzati in patronati e sindacati controllano capillarmente il territorio, sono tutti iscritti all’AIRE mentre gli immigrati “viaggiatori” non lo sono quasi mai, o molto raramente, e non hanno alcun luogo organizzato di aggregazione. O meglio, ne hanno uno ma non è reale, è internet.
E’ però indubbio, semplicemente per questioni anagrafiche, che questi sono il futuro dell’immigrazione italiana in Europa e nel mondo, anche se non sono ancora maggioranza.
Ma seppure “minoranza” (e soprattutto disaggregati) non meritano di essere totalmente dimenticati, tanto più che quasi sempre votano per il centro-sinistra (dal PD a Rifondazione).
Perché questa parte non trascurabile venga totalmente dimenticata, credo che almeno uno dei candidati per la camera debba poter rappresentare anche questa fascia di elettorato. Non una candidatura di rottura rispetto all’immigrazione storica, ma di ponte.
Provo a fare un profilo “ideale”:
- di età compresa tra 35 e 45 anni (così mi auto-escludo e nessuno può dire che lo faccio pro domo mia);
- che viva in Europa (non necessariamente nello stesso paese) da una decina d’anni;
- che abbia una certa esperienza di politica all’estero, ma non solo nei vecchi canali (Comites, CGIE, tutte sigle che per i nuovi immigrati normalmente non vogliono dire nulla);
Un “pontiere” che possa capire le richieste della vecchia immigrazione ma che sia al tempo stesso rivolto più all’Europa che al paese di origine. Una candidatura che non sia rappresentativa di uno stato, un candidato insomma non in quota Svizzera o Belgio o Germania o qualsiasi altro stato, ma un candidato “sovranazionale”, veramente Europeo.
Se la dirigenza del PD pigramente vuole semplicemente ricandidare gli stessi di due anni fa, commetterebbe un grave errore, rischiando anche di perdere una fetta di elettorato che potrebbe facilemente volgere il proprio voto verso un partito più di sinistra e più laico.