sabato 1 maggio 2010

Primo Maggio e ideologie

Questo primo maggio, come tanti oramai purtroppo, è surreale. Non si capisce bene cosa si festeggia. Il Lavoro. Già ma cosa vuol dire? Originariamente si festeggiavano i "lavoratori" intesi non come tutti coloro che lavorano, ma coloro i quali avevano nel loro lavoro l'unica fonte di reddito. Coloro che non "utilizzavano" lavoro altrui per costituire plusvalore. Si contrapponeva quindi, naturaliter, la classe dei "lavoratori" alla classe di chi (pur lavorando e non oziando come gli aristocratici di un tempo) "sfruttava" i lavoratori. La plusvalenza veniva interpretata quindi come un furto dei detentori di braccia e mezzi i quali si arricchivano grazie a quel profitto che si produce quando, grazie all'opera umana, una materia prima "grezza" diventa un bene utile e utilizzabile nella vita quotidiana. Ancor meglio quando quel bene migliora la vita. Cosi' questo sistema, se pur iniquo, ha portato alla presenza di beni utili allo sviluppo, che dopo essere stato sviluppo di pochi è diventato, necessariamente, sviluppo diffuso.
Cosi' "padroni e operai" avevano una certa convergenza di interessi, generando una, se pur difficile, pace sociale. Pace che è passata per periodi di fortissimi, giustissimi e inevitabili scontri.

Poi sono arrivati la fine conclamata delle ideologie, la finanza e i mercati. O meglio, l'ideologia basata su una semplice scala gerarchica: sopra le persone o le entità che concedono mezzi di sussistenza, sotto i beneficiari, intercambiabili, di questa sussistenza. Questa visione del mondo ha avuto la forza di farsi chiamare "non-ideologica" e si è imposta come "l'unico modo di stare al mondo".
Eppure dovevamo aver imparato che la classe dominante di un dato periodo storico, da sempre, ha l'esigenza, di presentarsi come classe universale, portatrice quindi di valori universali espressi appunto nell'ideologia. Essa è ogni forma di rappresentazione teorica inconsapevole della propria condizione storico-materiale; le idee sono quindi separate dalle proprie radici storiche e universalizzate.
La tanto decantata politica "post-ideologica" non esiste, come ci siamo accorti in questi giorni. Al contrario ha creato un Olimpo (le borse, i mercati, la finanza internazionale, il "valore del denaro") i cui dei, se turbati, possono distruggere chi non ha operato secondo i propri dettami.
E proprio il popolo ellenico aveva provato a vivere, nascondendosi come una ninfa ribelle che spera che Zeus non veda la propria ribellione, non seguendo i dettami del Mercato. Che ora si vendica e un intero popolo si deve piegare alle divine leggi.

Il post-ideologismo, che è poi l'ideologia mascherata della forza del possesso e dello sfruttamento, dello status quo, nulla di più antico nella storia dell'uomo, ha distrutto la "cosiddetta" ideologia socialista, delegittimandola alle fondamenta. Il paradosso, amaro, è che Marx (che volenti o nolenti ne è il padre storico, anche quando contestato a sinistra stessa, come nel pensiero di Bakunin) definiva la sua dottrina socialista "anti-ideologica". In questo aveva probabilmente ragione chi, come Weber o Popper, ne contestavano il carattere "anti-ideologico".

Il marxismo era ideologico (sicuramente nella sua declinazione politica) e parimenti ideologico è il "liberismo" (schematizzazione per chiamare la corrente ideologica che vede nei Mercati l'unico modo secondo il quale il mondo puo' funzionare). Per fortuna le ideologie sono storiche, cambiano e mutano, anche in funzione dei rapporti di forza.

Tutto sta a vedere se la sua fine puo' arrivare prima della nostra.

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