E così tutta l’opposizione ha trovato il modo di manifestare insieme. Non accadeva da molto tempo che PD, IdV e tutte le altre formazioni politiche polverizzate dal voto del 2008 si ritrovassero insieme su una piattaforma comune. Se ci pensiamo è l’Ulivo in piazza.
Che le opposizioni si ritrovino insieme è sempre un bene. Purtroppo, come sempre, l’unica piattaforma comune in cui ci si riesce a ritrovare è nella contestazione dei “comportamenti” di Berlusconi. Opporsi alle azioni del governo sui temi economici, sociali, ambientali, di gestione del territorio sarebbe forse stato meglio.
La manifestazione contro il “decreto truffa” è indetta dal PD “per protestare contro l’arroganza del Governo, ma soprattutto per far conoscere con forza le nostre proposte: i problemi del Paese devono essere al centro del confronto elettorale”, come finisce l’appello del segretario.
Traspare, inevitabilmente, in questa frase un certo imbarazzo nei vertici del PD. La manifestazione infatti è stata indetta, una settimana fa, sull’onda dell’emozione del decreto che avrebbe dovuto far riammettere Formigoni in Lombardia e la lista PdL nel Lazio. Il decreto, come abbiamo detto, era soprattutto una “polpetta avvelenata” verso i giudici del TAR, era un tentativo (goffo possiamo dire a posteriori visto il suo effetto) di fare pressione sui giudici. Si voleva “suggerire” ai giudici come decidere, per parafrasare il ministro Maroni. Un governo e una maggioranza in genere non suggeriscono sentenze poiché, avendo il potere, hanno la possibilità prima di stabilire le regole. Sono in una situazione di forza e di governo mentre paradossalmente questa destra sembra sempre come se fosse sempre attaccata.
Opporsi a quel tipo di azioni del governo era sacrosanto. Le notti e i giorni successivi hanno visto manifestazioni spontanee e meno spontanee dove erano presenti movimenti e partiti politici. Dove il PD era presente. E’ nata d’istinto (e d’astuzia) la richiesta di una grande manifestazione nazionale, richiesta che sembrava naturale. Una manifestazione perché si pensava che i TAR avrebbero usato il “decreto truffa”. E invece il lunedì i due TAR hanno sentenziato indipendentemente dal decreto. Si è stati, involontariamente, i primi nel non avere fiducia nei giudici, nel pensare che i giudici sono influenzati dal governo.
Se si fosse aspettato il fine settimana per indire la manifestazione, ora non saremmo nella situazione “paradossale” e rabberciata di oggi.
Perché “paradossale”? Perché la manifestazione era stata indetta contro un’azione del governo che non c’è stata nei fatti perché non ha avuto alcun effetto. E allora per cosa si manifesta? Per la sentenza dei giudici che non hanno “usato” il decreto? Per delle elezioni “falsate”? Perché, e qui vorrei chiarire un punto, le elezioni nel Lazio sono falsate. Per almeno due motivi. Il primo, che pochi fanno notare, deriva dal fatto che il PdL (come tutti i partiti, il PD in primis) usa le liste (soprattutto quando si vota con le preferenze) per inserire i “portatori di voti”, ovvero coloro i quali hanno “clientele” che non votano un partito o un candidato governatore in base ai programmi ma per convenienze. Il PD scende in piazza per denunciare questo? No, sarebbe ipocrita. Non una manifestazione servirebbe per questo ma una seria azione di onestà. Azione che si sarebbe dovuta fare quando si compilavano, con o senza primarie, liste e candidature. Alla fine, ci sarà un’elezione in cui si avrà un po’ più di voto clientelare da una parte e un po’ meno da un’altra. Proprio una vittoria della democrazia. Una vittoria dell’ipocrisia, piuttosto.
Il secondo motivo per cui le elezioni sono ora falsate, è perché questo “caos”, nato nel PdL e alimentato ora anche dal PD, distoglie l’attenzione dei cittadini e polarizza il voto nel solito plebiscito pro o contro Berlusconi. Berlusconi che ora ha pure la possibilità di ergersi a vittima e martire della democrazia e della libertà, operazione che gli riesce benissimo. Ci lamentiamo del suo controllo, diretto e indiretto, sull’informazione, ci lamentiamo di come manipoli l’attenzione dell’opinione pubblica e poi cadiamo nel tranello che tende all’opposizione e all’Italia da quindici anni.
Cosa ha fatto il PD per evitare che tutto si tramutasse in un inutile, sterile e controproducente plebiscito contro Berlusconi? E’ passato da una prima fase (prima del decreto) di silenzio alla fase attuale di fermezza e di protesta. Una protesta anche imbarazzata perché non sa più per cosa veramente si dovrebbe protestare. Nel silenzio iniziale si poteva forse scorgere un tentativo di cercare quella "soluzione politica" auspicata da molti. Soluzione politica che, chiaramente, non volevano i "chiassosi" ovviamente, che sono quelli che hanno più facilmente accesso alla "comunicazione", chi usa parole semplici (complotto, golpe, sopruso) e chi controlla i mezzi di comunicazione. Partita la solita gazzarra il PD è andato, come al solito, a ruota. Un partito, rispetto ad un movimento, dovrebbe avere la funzione di fusibile verso le prime, sacrosante, indignazioni e lavorare per una composizione organica di proteste e proposte.
Purtroppo è stato sbagliato il percorso per individuare la soluzione fin dall’inizio, da parte di chi non ha ammesso le proprie colpe e da parte di chi non è riuscito ad aiutare chi aveva commesso un errore a trovare una via di uscita accettabile. Ma la “politica” è irrealizzabile fintanto che non solo la dirigenza di destra, ma anche quella di sinistra, sarà quella che è. Sembra che si scopra oggi che Berlusconi controlla l’informazione, forza le regole democratiche, non ha alcun rispetto di chi non fa quello che vuole. Gira in questi giorni lo slogan "Io non gioco coi bari" : come se avessero scoperto ora il valore dell'avversario.
Si va in piazza con le stesse parole d’ordine delle manifestazioni del 1994.
Con l’aggravante che si alimenta una situazione paradossale: si organizza una manifestazione che nasce contro un decreto ma anche per parlare dei problemi reali, ma anche per difendere la Costituzione.
Alla fine quello che resta è un’opposizione delle carte bollate, il cui risultato è quello di non far scontare nulla agli inetti e prepotenti del governo, ma consente loro una campagna vittimistica, seppellendo contenuti, programmi, politica.
Una sinistra la cui azione politica è schiacciata sulla difesa delle normative è una sinistra triste che si taglia le ali. Proprio di questi giorni è la notizia di una sentenza della Cassazione che sancisce che “l'esigenza di garantire la tutela della legalità alle frontiere prevale sulle esigenze di tutela del diritto allo studio dei minori.”
Una sinistra che fa politica va in piazza contro queste leggi e queste sentenze. Quando difendiamo le leggi, infatti, dovremmo ricordarci che quello che si deve difendere, quello che i princìpi democratici devono difendere, non sono le norme in sé, ma i princìpi che hanno generato le norme.
E in piazza si scende per ricordare gli scempi nell’economia, nella convivenza civile, nella formazione, nel futuro che sta facendo questa classe dirigente e questo governo, non per aiutare l’oscurantismo mediatico che si genera quando si manifesta contro un decreto che si è dimostrato non avere alcun effetto.
Il “paese reale”, che subisce quotidianamente l’operato del governo e che è stato cancellato nella campagna elettorale dalla lunga, estenuante e prolungata polemica su liste e listini, è quello che perde una giornata di stipendio scioperando o quello che urla contro un sopruso che poi non c’è stato?
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