lunedì 29 settembre 2008

Giungla Occidentale

Cairns è una città occidentale appoggiata sul bordo della giungla, la vegetazione che esce da tutti gli anfratti, le volpi alate che popolano il centro cittadino, il mare davanti, pochi chilometri la separano dalla grande barriera corallina. Oramai solo il turismo giustifica la sua esistenza, da tutto il mondo, voci, visi che arrivano da Cina, Giappone, Germania, Spagna, un turbinio di proposte di gite, entrare in un film degli anni 80. Con le palme che addobbano le strade, non quelle del mediterraneo larghe, basse, dalle amplie foglie e dal tronco spigoloso, ma quelle che si vedono in fotografia, dal fusto piccolo, liscio e slanciato, le foglie in alto come un cappello verde. Tra la vegetazione, tra gli arbusti, tra gli animali insoliti svettano gli alberghi dell’Occidente, dell’Europa e dell’America, venuti da città lontane, decine di piani di cemento. E poi solo basse case, alcune coloniali, altre moderne, dove alloggiano alberghi, ristoranti, negozi di souvenirs e soprattutto sono imbrattate dalle tante proposte di viaggi sulla barriera corallina o nella giungla, squali o coccodrilli, finti brividi per vite che girano placide sui binari delle sicurezze d’Occidente. Partecipare a queste gite ha un qualcosa di triste e gioioso allo stesso tempo, forse meno triste in Australia dove l’Occidente non è altro dalla popolazione locale, non alloggia su un piano di superiore ricchezza – sempre se si dimentica la popolazione aborigena sterminata e marginalizzata dagli europei venuti qui non per turismo ma per colonizzare.
Così si prende un battello per la Grande Barriera Corallina o un pulmino per girare nella giungla del North Queensland, ci si tuffa in mari caldi anche in una mattina di inizio primavera, si ammirano i mille colori dei pesci che popolano queste acque, si può veramente nuotare non lontano da uno squalo – una specie però innocua, hanno più paura loro delle orde di turisti che li inseguono per una foto, ed è sicuramente più probabile che uno della loro specie finisca nei nostri piatti che noi nella loro pancia – ammirare da vicino specie viste solamente nei documentari televisivi. Oppure camminare, su sentieri ben delimitati e prefissati, nella giungla, seguendo un percorso tra le varie piante tropicali, oppure lungo il fiume alla ricerca di un coccodrillo. In ogni caso poi si ritorna a terra o in città, scorrono davanti montagne, mari, isole, scorre l’esperienza di queste gite occidentali, tra curiosità e desiderio di affermare la propria potenza sulla natura, visitarla come uscire per andare nella piscina comunale o a fare una scampagnata a Tolfa. In questa giungla occidentale, dove non ci sono guerre civili, non ci sono malattie, pochi gli animali pericolosi ben segnalati e circoscritti. Un po’ l’Australia è veramente così, animali placidi e pigri la popolano da sempre senza grandi preoccupazioni, un po’ la mano d’Occidente ha finito per normalizzarla, accondiscendendo al nostro continuo desiderio di avere tutto sicuro, pronto, asettico.

2 commenti:

Unknown ha detto...

bel racconto

Anonimo ha detto...

Sono contrariato dal vedere le tue energie esaurirsi in questo modo.
Vorrei inoculare in te un germe di nobiltà, nei propositi e negli obiettivi. Lo scialbore in cui l'uomo si perde è manifesto nella schiavitù delle proprie presunte necessità.
Potrei lasciarti in pace, e non tormentarti con le mie solite esistenziali drammatiche rappresentazioni, ma questo vorrebbe dire che non mi curo affatto di te; spero che il fine sia chiaro, specie addizionando (termine non casuale), il duplice legame.
Un tempo mi parlavi di arte della manutenzione, ricordi?
Non te ne sei accorto, ma è tempo di praticare, che di parole ce n'è fin troppe.