Sono più di tre anni che non nutro più questo (esangue) blog. Oramai tutto sembra dover passare unicamente per i social, dove però si ha poco tempo per riflettere in modo più articolato. E dove queste riflessioni restano.
Estate 2018, è tempo di cambiare. L'Italia, l'Europa, tutto il mondo occidentale sono alla deriva, o meglio si incamminano su una strada che solo chi non ha studiato un minimo la storia non può non vedere. Certo un misero blog non può risolvere molto, ma sempre meglio che stare a guardare.
Abbiamo il fascismo del XXI secolo e quello del XX che si sono saldati e la sinistra che non esiste più. Una parte è diventata liberale, l'altra si è evaporata, altra ancora è diventata semplicemente di destra. Allora cercherò di approfittare di questo spazio libero per prossime riflessioni, che non si dovrebbero esaurire certo in un post.
Per prima cosa, credo si dovrebbe riflettere sul fatto che se la sinistra scompare, arriva inevitabile il fascismo, il nazionalismo, il sovranismo come lo si chiama oggi. Ma sono sempre gli stessi: i neri, gli autocrati, chi vuole la società divisa, controllata da sgherri di varia natura, squadracce indipendenti come organi governativi, dove gli imbelli qualunquisti posso sentirsi appagati nella propria mediocrità.
Ma la sinistra per esistere non può non essere socialista e internazionalista. Il socialismo nazionalista lo conosciamo, come anche il liberalismo. Entrambi ci portano allo stesso punto di arrivo, direttamente o indirettamente. Un socialismo del XXI secolo che dovrebbe per prima cosa ricucire tutte le divisioni del passato, a partire dalla grande scissione degli anni 20. Tra non molto ricorrono i 100 anni delle nascita del PCF (1920) come quella del PCd'I (1921). Le tradizioni, o meglio quello che ne resta in alcuni paesi, socialista e comunista non hanno più senso di dividersi.
Il socialismo del XXI secolo non potrà essere unicamente marxista, ovviamente, dovrà considerare come il mondo è mutato. Il socialismo però deve per prima cosa essere internazionalista e umanista.
Nel 2018 cento anni dalla fine della prima guerra mondiale, ovvero dove i nazionalismo sfociano inevitabilmente.
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