lunedì 15 febbraio 2010

Paola Binetti se ne va

Oggi, Paola Binetti ha deciso di lasciare il PD per aderire all’UDC. Non posso certo essere annoverato tra chi non criticava la nostra ex-compagna di partito per molte sue prese di posizione, sul testamento biologico, sull’omosessualità, sul rapporto tra credenze personali e regole democratiche. Per non parlare di quando fece mancare il suo voto alla fiducia posta da Romano Prodi.
Pero’, al contrario di molti dei miei compagni di strada, laici, democratici, di sinistra, attenti alle questioni dei diritti e della laicità, che stanno gioendo in queste ore, io non riesco a farlo. Perché l’uscita di Paola Binetti sta a significare, secondo me, alcune cose che sono paradigmatiche per come sta diventando il PD e per come non sia riuscito a diventare cio' per cui era nato.
Perché se è vero che non eravamo d’accordo con Paola Binetti su molte cose (disaccordo da lei largamente contraccambiato) è anche vero che in questi due anni e mezzo di strada insieme non si sono mai create quelle condizioni di dialogo proprio su questi temi, un dialogo che avrebbe potuto portare ad una migliore sintesi e ad una maggiore incisività nella società italiana. Il non essere riusciti a convincere Paola Binetti che laicità e fede non sono in opposizione, per esempio o che per una buona politica non è necessaria la precondizione della sacralità ma il più semplice “minimo comune denominatore” del rispetto della dignità di ogni essere umano (concetto non certo scevro al cristianesimo) è una sconfitta di tutto il partito democratico. E’ parte del fallimento di quella missione alta che aveva il PD, che era una delle basi ideali della sua nascita.
Si assiste cosi’ ad un partito più identitario, che magari ci puo’ piacere di più “localmente”, ma che non è più il partito del futuro, ma un partito che sembra più rivolto al passato.
E’ infine curioso notare come da una parte c’è una trasmigrazione di deputati del PD verso l’UDC, giustificata con una caratterizzazione identitaria che non piace del PD, e dall’altra chi questa caratterizzazione identitaria sta evidentemente dando, cerca proprio l’accordo con l’UDC.
Un ritorno ad accordi tra partiti identitari. Nulla di nuovo sotto il sole. Nulla che non abbia già non funzionato.
Oggi per il partito democratico è un giorno triste, un giorno che sembra portare sempre più lontano quel “nuovo partito” (e non quel partito nuovo) per il quale abbiamo iniziato a lavorare due anni e mezzo fa.

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