Per il 2010 iMille vogliono iniziare a metterci la faccia, iniziando da me ... (con risultati discutibili ...)
Qui trovate anche il testo da cui il video è liberamente tratto.
giovedì 31 dicembre 2009
mercoledì 30 dicembre 2009
Risate serissime
Mi hanno regalato il libro di Moni Ovadia "Lavoratori di tutto il mondo, ridete" che ho ovviamente iniziato subito (non me ne vorrà Francesco per aver interrotto il suo "Logica da Zero a Goedel").
Non voglio parlare del libro, ma di un aspetto cruciale che ho trovato nell'introduzione (anzi in quella che l'autore chiama "introduzione-provocazione").
"Il revisionismo anticomunista, molto in voga soprattutto nel nostro paese, è una delle pratiche di pensiero più squallide che circolino nella nostra poco edificante epoca. Questo demi-penser prende a calci un cadavere putrefatto con rabbioso accanimento perché l'obiettivo dei suoi calci non è il sistema del socialismo reale oramai decomposto. [...] Il vero obiettivo degli anticomunisti necrofili è un altro, ovvero il corpo vivo e pulsante delle conquiste sociali ed etico-politiche ottenute anche e soprattutto grazie alle lotte e ai sacrifici dei comunisti: sono i diritti dei lavoratori, i diritti delle minoranze, l'emancipazione degli umili e degli oppressi, la difesa degli sfruttati, la solidarietà ai popoli schiacciati da ogni forma di colonialismo e imperialismo."
Ecco se nel 2000 per riassumere chi sta dalla parte delle minoranze, chi ancora si indigna quando ci sono soprusi, angherie, di qualsiasi carattere, sociale (e mi viene in mente l'azione squadrista ad Eutelia), etnico (qui gli esempi oramai abbondano, dal poveraccio che cerca di vendere qualcosa al ricchissimo calciatore), sessuale (l'omofobia è un'onta che non si ha neanche il coraggio di ammettere, quasi volendo far finta che non esista), fino alla viltà del sopruso del ragazzo senza braccia trattato malissimo (come non si dovrebbe trattare mai nessuno, non essere in regola non giustifica mai comportamenti prevaricatori), si vuole usare una sola e semplice parole e se ci mettiamo d'accordo che questa sia "comunista", allora sarei fiero di essere chiamato comunista e di stare in buona compagnia di comunisti.
Il socialismo reale non esiste più e lo lasciamo ad altri.
Non voglio parlare del libro, ma di un aspetto cruciale che ho trovato nell'introduzione (anzi in quella che l'autore chiama "introduzione-provocazione").
"Il revisionismo anticomunista, molto in voga soprattutto nel nostro paese, è una delle pratiche di pensiero più squallide che circolino nella nostra poco edificante epoca. Questo demi-penser prende a calci un cadavere putrefatto con rabbioso accanimento perché l'obiettivo dei suoi calci non è il sistema del socialismo reale oramai decomposto. [...] Il vero obiettivo degli anticomunisti necrofili è un altro, ovvero il corpo vivo e pulsante delle conquiste sociali ed etico-politiche ottenute anche e soprattutto grazie alle lotte e ai sacrifici dei comunisti: sono i diritti dei lavoratori, i diritti delle minoranze, l'emancipazione degli umili e degli oppressi, la difesa degli sfruttati, la solidarietà ai popoli schiacciati da ogni forma di colonialismo e imperialismo."
Ecco se nel 2000 per riassumere chi sta dalla parte delle minoranze, chi ancora si indigna quando ci sono soprusi, angherie, di qualsiasi carattere, sociale (e mi viene in mente l'azione squadrista ad Eutelia), etnico (qui gli esempi oramai abbondano, dal poveraccio che cerca di vendere qualcosa al ricchissimo calciatore), sessuale (l'omofobia è un'onta che non si ha neanche il coraggio di ammettere, quasi volendo far finta che non esista), fino alla viltà del sopruso del ragazzo senza braccia trattato malissimo (come non si dovrebbe trattare mai nessuno, non essere in regola non giustifica mai comportamenti prevaricatori), si vuole usare una sola e semplice parole e se ci mettiamo d'accordo che questa sia "comunista", allora sarei fiero di essere chiamato comunista e di stare in buona compagnia di comunisti.
Il socialismo reale non esiste più e lo lasciamo ad altri.
venerdì 11 dicembre 2009
Concetti curiosi
La chimica, se ci si ferma a pensare un attimo andando al di là delle contingenze, è piena di concetti curiosi, bizzarri, la cui “essenza” resta sfuggevole, non solo per i “neofiti”. In genere ai “neofiti”, studenti o persone normali che hanno vaghi ricordi liceali della chimica, questi concetti hanno un alone misterioso, sembrano complicati, ma, anche se a fatica, raggiungibili. Il loro “non ho capito” è, per loro stessa ammissione, frutto di “ignoranza”.
Ma questi concetti, spesso, anche se raggiunti, poi sfuggono. Sfuggono tanto più quanto più una volta “capiti” non ci si ferma al primo livello di conoscenza.
Per non restare “vaghi”, ne prendo solo due, intanto. E senza alcun intento esaustivo. Voglio sono fissare alcune considerazioni “poco professionali”, per cui mi riservo invece più calma, diciamo (e un altro stile, forse).
1) L’equivalente. E’ una unità di misura, secondo le volontà iniziali, che si definisce variabile per ogni sostanza. Il concetto è che un equivalente di una sostanza A reagisce sempre con un equivalente di una sostanza B. Quindi un grammo-equivalente di A reagisce con un grammo-equivalente di B. Detta cosi’ è misteriosa, non si capisce. Già perché l’equivalente serve per non usare la calcolatrice (e infatti la IUPAC lo considera “obsoleto”), e da esso deriva la normalità, altra unità misteriosa. Ovviamente è una unità di misura che va contro il concetto fisico di “misura”, perché anziché fare rapporti tra masse, e quindi tra enti misurabili, si fissano i rapporti a uno e si “modifica la massa”. Qualcuno diceva che gli equivalenti (e la normalità) sono “concetti inutili nonché fuorvianti”. Resta forse un'affermazione vera e utile (ipsissimae res sunt, in hoc genere, veritas et utilitas), pero’ l'esistena e l'uso antico dell'equivalente è interessante se andando oltre la misteriosità del concetto, si pensa come sia stato (e sia) possibile comunque cambiare il proprio sistema di riferimento, anche quello più vasto dell’impianto “tradizionale” su cui si basa la fisica.
2) L’elettronegatività. Questo concetto è anch’esso “prototipico”. Qualcuno (non lo stesso di prima) la definiva “fantasia”. E si, l’elettronegatività rispecchia la fantasia chimica che cerca di ridurre la “complessità” (insolubile) quanto-meccanica per le molecole a oggetti facili con cui lavorare. Anche qui c’è una “distorsione” fisica, meno evidente rispetto agli equivalenti. Si assegnano dei numeri agli atomi, che cercano di rispecchiare le proprietà della densità elettronica di sistemi a molti corpi come le molecole (sistemi che hanno Hamiltoniani non separabili e quindi equazioni di Schroedinger associate non risolvibili analiticamente). E poi si cerca di considerare questi sistemi come decomposti in sotto-sistemi più semplici, assumendone poi l’additività e l’invarianza. Da certi punti di vista il contrario dell’equivalente. Mentre prima si fa variare tutto in funzione delle situazioni, qui si cerca di lasciare tutto uguale indipendentemente dalle situazioni.
Ma questi concetti, spesso, anche se raggiunti, poi sfuggono. Sfuggono tanto più quanto più una volta “capiti” non ci si ferma al primo livello di conoscenza.
Per non restare “vaghi”, ne prendo solo due, intanto. E senza alcun intento esaustivo. Voglio sono fissare alcune considerazioni “poco professionali”, per cui mi riservo invece più calma, diciamo (e un altro stile, forse).
1) L’equivalente. E’ una unità di misura, secondo le volontà iniziali, che si definisce variabile per ogni sostanza. Il concetto è che un equivalente di una sostanza A reagisce sempre con un equivalente di una sostanza B. Quindi un grammo-equivalente di A reagisce con un grammo-equivalente di B. Detta cosi’ è misteriosa, non si capisce. Già perché l’equivalente serve per non usare la calcolatrice (e infatti la IUPAC lo considera “obsoleto”), e da esso deriva la normalità, altra unità misteriosa. Ovviamente è una unità di misura che va contro il concetto fisico di “misura”, perché anziché fare rapporti tra masse, e quindi tra enti misurabili, si fissano i rapporti a uno e si “modifica la massa”. Qualcuno diceva che gli equivalenti (e la normalità) sono “concetti inutili nonché fuorvianti”. Resta forse un'affermazione vera e utile (ipsissimae res sunt, in hoc genere, veritas et utilitas), pero’ l'esistena e l'uso antico dell'equivalente è interessante se andando oltre la misteriosità del concetto, si pensa come sia stato (e sia) possibile comunque cambiare il proprio sistema di riferimento, anche quello più vasto dell’impianto “tradizionale” su cui si basa la fisica.
2) L’elettronegatività. Questo concetto è anch’esso “prototipico”. Qualcuno (non lo stesso di prima) la definiva “fantasia”. E si, l’elettronegatività rispecchia la fantasia chimica che cerca di ridurre la “complessità” (insolubile) quanto-meccanica per le molecole a oggetti facili con cui lavorare. Anche qui c’è una “distorsione” fisica, meno evidente rispetto agli equivalenti. Si assegnano dei numeri agli atomi, che cercano di rispecchiare le proprietà della densità elettronica di sistemi a molti corpi come le molecole (sistemi che hanno Hamiltoniani non separabili e quindi equazioni di Schroedinger associate non risolvibili analiticamente). E poi si cerca di considerare questi sistemi come decomposti in sotto-sistemi più semplici, assumendone poi l’additività e l’invarianza. Da certi punti di vista il contrario dell’equivalente. Mentre prima si fa variare tutto in funzione delle situazioni, qui si cerca di lasciare tutto uguale indipendentemente dalle situazioni.
Da non dimenticare
Tutte ste cose "serie", tra congressi, valence bond versus molecular orbitals e very heavy metals, il grande marco marfé, in arte marco :)
sabato 5 dicembre 2009
sabato 21 novembre 2009
giovedì 19 novembre 2009
Lu meta no, lu meta oui
ok, sarà pubblicità, ma proprio perché sapete quanto odio la pubblicità, mi posso permettere questo video ... grande :)
lunedì 16 novembre 2009
domenica 15 novembre 2009
Chi era?
Fu deputato al Parlamento nazionale dal 1946 fino alla morte, e al Parlamento europeo dal 1984. Morigerato nella vita privata (viveva in un piccolo appartamento di un anonimo condominio di via Monteverde), in Parlamento e sui giornali dell'epoca era noto per la veemenza e la causticità delle sue orazioni: fu lui che nella primavera del 1953 - durante la discussione della cosiddetta legge truffa - entrò a Montecitorio con una riga di sangue che scorreva dal capo, lamentando che un cordone di "celerini di Scelba schierato davanti alla Standa di via del Corso" aveva impedito il passaggio di alcuni deputati socialisti e comunisti verso la Camera, e che alla sua esibizione del tesserino di parlamentare avevano risposto manganellandolo.
Uno stupido "quiz", per ritornare sulla terra aiutati magari dalle spalle dei giganti e non da "nani e ballerine".
Uno stupido "quiz", per ritornare sulla terra aiutati magari dalle spalle dei giganti e non da "nani e ballerine".
venerdì 13 novembre 2009
LaTeX
Per tutti quelli che, usano LaTeX,
per tutti quelli che, ma come cavolo si scrive,
per tutti quelli che, ma sto simbolo se po' fa' ?
per tutti quelli che, ma che package devo usare?
per tutti quelli che, vediamo se sto sgorbio è un simbolo ...
per tutti quelli che, amano il pattern recognition
per tutti quelli che, sono un po' fuori
per tutti quelli che, hanno un po' di tempo da perdere, ah no è per lavoro!
questo sito lo trovo fantastico
Detefixy2
e buon divertimento
per tutti quelli che, ma come cavolo si scrive,
per tutti quelli che, ma sto simbolo se po' fa' ?
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e buon divertimento
domenica 8 novembre 2009
Trasporti Differenti
Pippo Civati ha lanciato "la mia regione è differente" chiedendo contributi. Io da non-lombardo e ma da roman-parigino che ha avuto modo di andare spesso in lombardia l'anno scorso mando il mio piccolo contributo.
In questo 2009 sono appunto andato spesso da Parigi a Lodi. Viaggiare da Parigi a Milano è molto facile, ci sono parecchi aerei, i costosi alitalia-airfrance, gli economicissimi rynair e i medi easy-jet . A questo ci dobbiamo aggiungere il treno, ma di questo non parlo perché l'avventura puo' assumere contorni epici.
Arrivare ad un aeroporto milanese da Parigi è facile e rapido. Un' ora (scarsa) di volo, un'oretta (scarsa) per arrivare all'aeroporto parigino. E poi inizia l'avventura. Tralascio Ryanair, ti porta ad Orio al Serio, in pratica Bergamo, e arrivare poi già a Milano è un'epopea, figurati se poi bisogna arrivare a Lodi. E anche l'equivalente parigino non è comodissimo, ma si sa i prezzi modici si devono pagare in qualche modo. E' noto che ryan millanta una città per l'altra, Bergamo per Milano, Beauvais per Parigi. Una volta mi ha lasciato a Pescara-Ciampino-Roma ...
Veniamo agli aeroporti di "Milano" e alla compagnia più conveniente, Easy-Jet, prezzi non elevati e aeroporti umani, almeno qui a Parigi. Già perché poi a Milano inizia il bello. Se si ha fortuna, si riesce a prendere l'unico che arriva a Linate, un comodo bus e si sta rapidissimamente in centrale o dopo, che mi sono fatto astuto, ho scoperto un modo per arrivare alla stazione di Lambrate da dove passano i treni per Lodi. E cosi' partendo da Parigi al mattino per pranzo stavo a Lodi.
Purtroppo i voli per Linate (e per fortuna per i milanesi) sono pochi, uno solo da Parigi. E non possono certo aumentare, anzi visto che la città avanza quell'aeroporto è normale che a regime sparisca. Oltre ai trasporti bisogna pensare alla salute fisica e psichica degli abitanti, mi pare evidente, non vogliamo trasportare persone in una gabbia di matti :)
Già quindi arrivo nel mitologico Malpensa (ora ho capito perché mitologico ...), nell'ancor più mitologico "Terminal 2". E qui comincia un'avventura, solamente per arrivare in centrale (poi vai a beccare la coincidenza ...).
Prima opzione: prendere il bus, che parte davanti al Terminal 2 e che serve la Fiera. Già la famosa Fiera di Milano. Il bus ha un problema che i geni dei trasporti lombardi non hanno ben presente: il traffico e la regolarità. Un bus ogni 30' circa e vi lascio immaginare il traffico. Se quando arrivavo a Malpensa ogni tanto potevo permettermelo, al ritorno certamente no. Avrei rischiato di perdere l'aereo, senza neanche la consolazione di poter passare una notte in più a Lodi, perché fare Lodi-Malpensa è più lungo che fare Parigi-Milano ...
Allora ci sta il mitico treno delle Nord. Beh, solo che parte dal Terminal 1 e qualche altro genio dei trasporti lombardo (o forse è lo stesso, si sa quando si hanno dei cervelli fini a disposizione non li si lascia scappare) deve aver pensato che allungare due binari nella campagna non sta bene. E cosi' bisogna prendere un bus che ci mette 15 minuti e passa ogni 15. Morale, visto che la legge di Murphy non risparmia nessuno, ogni volta ci si mette una mezz'ora solo per andare da un terminal all'altro. Mi chiedo se i nostri amici geni progettisti di Malpensa abbiano mai fatto un giro negli aeroporti del mondo. A Houston, la terza città degli USA, un semplicissimo monorotaia che passa in continuazione ti porta da un terminal all'altro, e lo stesso a Charles de Gaulle (che, mi spiace per Formigoni, ha un volume di traffico un tantino più grande di Malpensa e un'estensione un tantino più grande, li' i terminal sono tre ...), ha il suo bel monorotaie che gira continuamente.
Arrivato poi al terminal 1, si prende il treno delle nord che, altra genialata, ti lascia a Cadorna! Già, il decentramento. Solo che poi bisogna prendere due metropolitane per andare in centrale ... ma vabbé questa è colpa mia che voglio andare verso la lombardia del sud, solito terrone che non sono altro. Me ne andavo a Varese o Saronno era meglio. Ora che ci penso mi sa che da Malpensa si fa prima ad arrivare a Lugano ... in un certo senso è un aeroporto più svizzero che lombardo.
L'epopea per fare Lodi-Malpensa è speculare, aggiungiamoci che partendo spesso di domenica i treni da Lodi a Milano (avrei potuta farla a piedi, pelandrone che non sono altro!) bisogna praticamente partire a mezzogiorno per prendere il volo della sera.
Insomma, cosa puo' fregare delle peregrinazioni di uno sfigato roman-parigino? Già, pero' se ci sono tanti voli Parigi-Milano, sarà anche perché ci stanno tante persone che lavorano tra le due operose città (non sono mica scemi quelli di Easy-Jet, mica sono come Colaninno, costretto da Silvio a prendersi alitalia e non hanno i soldi del governo italiano ...). Una prova è che per andare i fine settimana è molto facile, ci stavano sempre posti. I parigini non hanno ancora scoperto le bellezze turistiche lombarde, ci vanno di settimana per lavoro. D'altra parte arrivando a Varese e con uno sforzo immenso a Cadorna vorrei ben vedere, mi stupirei del contrario! Arrivare a Mantova o Pavia, per esempio, diventa improbo, o anche andare nelle montagne del nord.
Non parliamo poi della famosa fiera ... un mezzo di trasporto su ferro dall'aeroporto era troppo rivoluzionario? troppo comunista? un bel bus per gli sfigati, un taxi per i ricchi (e inquinatori), e via. Cosi' magari avranno anche la scusa per allargare le tangenziali.
Per chi gira in Europa, trasporto uguale treni. Un giorno forse ci sarà un vero TGV tra Parigi e Milano, uno rapido insomma. Forse non ci resta che sperare che i francesi, finita la loro parte, bucata la montagna e accortisi che dall'altra parte non c'è nulla, invadano il piemonte e la lombardia e ci costruiscano le strade ferrate?
Ecco i miei 2 centesimi come utente dei mezzi di trasporto lombardi.
Servirebbero veramente "trasporti differenti".
In questo 2009 sono appunto andato spesso da Parigi a Lodi. Viaggiare da Parigi a Milano è molto facile, ci sono parecchi aerei, i costosi alitalia-airfrance, gli economicissimi rynair e i medi easy-jet . A questo ci dobbiamo aggiungere il treno, ma di questo non parlo perché l'avventura puo' assumere contorni epici.
Arrivare ad un aeroporto milanese da Parigi è facile e rapido. Un' ora (scarsa) di volo, un'oretta (scarsa) per arrivare all'aeroporto parigino. E poi inizia l'avventura. Tralascio Ryanair, ti porta ad Orio al Serio, in pratica Bergamo, e arrivare poi già a Milano è un'epopea, figurati se poi bisogna arrivare a Lodi. E anche l'equivalente parigino non è comodissimo, ma si sa i prezzi modici si devono pagare in qualche modo. E' noto che ryan millanta una città per l'altra, Bergamo per Milano, Beauvais per Parigi. Una volta mi ha lasciato a Pescara-Ciampino-Roma ...
Veniamo agli aeroporti di "Milano" e alla compagnia più conveniente, Easy-Jet, prezzi non elevati e aeroporti umani, almeno qui a Parigi. Già perché poi a Milano inizia il bello. Se si ha fortuna, si riesce a prendere l'unico che arriva a Linate, un comodo bus e si sta rapidissimamente in centrale o dopo, che mi sono fatto astuto, ho scoperto un modo per arrivare alla stazione di Lambrate da dove passano i treni per Lodi. E cosi' partendo da Parigi al mattino per pranzo stavo a Lodi.
Purtroppo i voli per Linate (e per fortuna per i milanesi) sono pochi, uno solo da Parigi. E non possono certo aumentare, anzi visto che la città avanza quell'aeroporto è normale che a regime sparisca. Oltre ai trasporti bisogna pensare alla salute fisica e psichica degli abitanti, mi pare evidente, non vogliamo trasportare persone in una gabbia di matti :)
Già quindi arrivo nel mitologico Malpensa (ora ho capito perché mitologico ...), nell'ancor più mitologico "Terminal 2". E qui comincia un'avventura, solamente per arrivare in centrale (poi vai a beccare la coincidenza ...).
Prima opzione: prendere il bus, che parte davanti al Terminal 2 e che serve la Fiera. Già la famosa Fiera di Milano. Il bus ha un problema che i geni dei trasporti lombardi non hanno ben presente: il traffico e la regolarità. Un bus ogni 30' circa e vi lascio immaginare il traffico. Se quando arrivavo a Malpensa ogni tanto potevo permettermelo, al ritorno certamente no. Avrei rischiato di perdere l'aereo, senza neanche la consolazione di poter passare una notte in più a Lodi, perché fare Lodi-Malpensa è più lungo che fare Parigi-Milano ...
Allora ci sta il mitico treno delle Nord. Beh, solo che parte dal Terminal 1 e qualche altro genio dei trasporti lombardo (o forse è lo stesso, si sa quando si hanno dei cervelli fini a disposizione non li si lascia scappare) deve aver pensato che allungare due binari nella campagna non sta bene. E cosi' bisogna prendere un bus che ci mette 15 minuti e passa ogni 15. Morale, visto che la legge di Murphy non risparmia nessuno, ogni volta ci si mette una mezz'ora solo per andare da un terminal all'altro. Mi chiedo se i nostri amici geni progettisti di Malpensa abbiano mai fatto un giro negli aeroporti del mondo. A Houston, la terza città degli USA, un semplicissimo monorotaia che passa in continuazione ti porta da un terminal all'altro, e lo stesso a Charles de Gaulle (che, mi spiace per Formigoni, ha un volume di traffico un tantino più grande di Malpensa e un'estensione un tantino più grande, li' i terminal sono tre ...), ha il suo bel monorotaie che gira continuamente.
Arrivato poi al terminal 1, si prende il treno delle nord che, altra genialata, ti lascia a Cadorna! Già, il decentramento. Solo che poi bisogna prendere due metropolitane per andare in centrale ... ma vabbé questa è colpa mia che voglio andare verso la lombardia del sud, solito terrone che non sono altro. Me ne andavo a Varese o Saronno era meglio. Ora che ci penso mi sa che da Malpensa si fa prima ad arrivare a Lugano ... in un certo senso è un aeroporto più svizzero che lombardo.
L'epopea per fare Lodi-Malpensa è speculare, aggiungiamoci che partendo spesso di domenica i treni da Lodi a Milano (avrei potuta farla a piedi, pelandrone che non sono altro!) bisogna praticamente partire a mezzogiorno per prendere il volo della sera.
Insomma, cosa puo' fregare delle peregrinazioni di uno sfigato roman-parigino? Già, pero' se ci sono tanti voli Parigi-Milano, sarà anche perché ci stanno tante persone che lavorano tra le due operose città (non sono mica scemi quelli di Easy-Jet, mica sono come Colaninno, costretto da Silvio a prendersi alitalia e non hanno i soldi del governo italiano ...). Una prova è che per andare i fine settimana è molto facile, ci stavano sempre posti. I parigini non hanno ancora scoperto le bellezze turistiche lombarde, ci vanno di settimana per lavoro. D'altra parte arrivando a Varese e con uno sforzo immenso a Cadorna vorrei ben vedere, mi stupirei del contrario! Arrivare a Mantova o Pavia, per esempio, diventa improbo, o anche andare nelle montagne del nord.
Non parliamo poi della famosa fiera ... un mezzo di trasporto su ferro dall'aeroporto era troppo rivoluzionario? troppo comunista? un bel bus per gli sfigati, un taxi per i ricchi (e inquinatori), e via. Cosi' magari avranno anche la scusa per allargare le tangenziali.
Per chi gira in Europa, trasporto uguale treni. Un giorno forse ci sarà un vero TGV tra Parigi e Milano, uno rapido insomma. Forse non ci resta che sperare che i francesi, finita la loro parte, bucata la montagna e accortisi che dall'altra parte non c'è nulla, invadano il piemonte e la lombardia e ci costruiscano le strade ferrate?
Ecco i miei 2 centesimi come utente dei mezzi di trasporto lombardi.
Servirebbero veramente "trasporti differenti".
sabato 7 novembre 2009
giovedì 5 novembre 2009
Cose serie
Il calcio degli anni 80 resta il più bello in assoluto. La "mano de Dios"
Gli argentini sono grandi, ci superano quasi (il ritornello "oh-le Die-go" è magnifico per quanto disarmante.
Gli argentini sono grandi, ci superano quasi (il ritornello "oh-le Die-go" è magnifico per quanto disarmante.
domenica 1 novembre 2009
Noi, Rutelli e il senso del PD
Ovvero, gli innovatori, l’uscita di Rutelli dal PD e il senso del partito tra identitario e maggioritario. Una disamina necessaria, nel suo piccolo, che nasce dalle ultime discussioni tra militanti e simpatizzanti che tanto si sono impegnati in questi ultimi mesi per rilanciare il PD e che ora hanno qualche timore. Militanti e simpatizzanti che appoggiavano la candidatura di Marino ma non solo. Perché ci sono innovatori (e conservatori) in tutti i campi, da qualche parte di più da qualche parte di meno.
Cerco di partire dalla fine, ovvero dal senso del partito. Certamente il voto ha fatto vincere il partito "quadrato", che è solido al suo interno e che poi si allea con i partiti che hanno identità diverse (anziché cercare di inglobarli come sarebbe dovuto essere e che non è stato neanche nel PD veltroniano) ma possibili comuni affinità (anche se continuo a non trovare alcuna affinità culturale con l'UDC, mentre le posso trovare con gli altri gruppi/partiti del centrosinistra). E' la risposta della conservazione e della paura. Conservazione ovvero difesa quasi comprensibile, davanti agli attacchi di Berlusconi molti hanno preferito "l'usato sicuro" a nuove macchine già usurate (Franceschini) o nuove macchine ignote (Marino). Però questa è la democrazia e non ci sono altri partiti che la applichino al proprio interno quanto e come il PD. Non ci sono altre strade quindi se non quella di impegnarsi perché i rapporti di forza si invertano. Per mostrare che la "macchina nuova" (nuova non tanto intesa in senso di novità in sé, ma di diversa concezione, moderna, della sinistra) è meglio della macchina "usata", perché non solo (e non tanto) quella usata non potrà vincere le elezioni (cosa che non mi auguro, ma è da molti usato come un argomento che però è tutto da dimostrare , e quindi non è un argomento probante) ma soprattutto perché è un "conservatorismo sociale" mascherato con la parola progressismo. Senza contare che mantenendo un certo modo di gestione del potere e concezione della società, anche le vittorie elettorali diventano poi sconfitte prima culturali e poi politiche (e l'esempio del fallimento del secondo governo Prodi è il più noto e paradigmatico, ma ci aggiungerei i tanti governi regionali e locali, Penati, Bassolino etc ...).
Perché, il PD al governo dovrebbe contrastare culturalmente e quindi politicamente, nella società, la Lega al nord e il clientelismo baronale al sud. Ma non ha fatto nessuna delle due cose, e il nostro sentimento (e timore) è che il "nuovo corso" continuerà a non farlo.
Quindi NOI. Ecco noi dovremmo cominciare rendendo per quanto possibile visibile e concreta la nuova sinistra moderna. E organizzandoci perché questo sia a conoscenza dei tanti militanti e simpatizzanti che credono, al di là dello specifico della mozione congressuale che hanno sostenuto, a volte timidamente a volte visceralmente, così da aggregare quanti abbiano la stessa visione del PD. Certo ora siamo "minoranza interna" che non è associata alla dirigenza. Questo non vuol dire essere avulsi al partito, al contrario. Bisognerà entrare ovunque sia possibile e sia sensato farlo, ovvero ovunque la nostra presenza non sia solo di facciata (o peggio ancora un avallo alla continuità della gestione attuale), fare politica nei circoli, nelle città, tra le persone vere, per continuare a crescere. E chi può e chi vuole deve iniziare a candidarsi per le cariche elettive, ad ogni livello. Sia interne, sia soprattutto esterne. Sembra folle, ma bisogna iniziare a pensarci concretamente, trovando le persone disposte a perdere tempo, denaro, sonno, fatica, per candidarsi quando e dove ci sono le condizioni.
Per finire, Rutelli. Le considerazioni di Rutelli nulla hanno a che vedere con questo discorso. Anche se apparentemente alcune sue parole potrebbero far pensare al contrario. Ma quando si leggono alcune interviste bisogna trascendere dalle frasi spesso sensate in sé e riportarle al contesto (e alla credibilità) di chi le afferma. Soprattutto verrebbe da chiedersi: perché non l'ha fatto in questa lunga campagna? Perché non si è speso per il candidato che non riporterebbe il PD ad essere una continuazione dei DS (per citare le sue parole)? Forse perché non avrebbe avuto la credibilità in una campagna di confronto. Nelle sue dichiarazioni abbondano banalità che si contrappongono a banalità. Dice che il PD non è diventato quello che voleva. Ma ci ha mai raccontato quale PD voleva? E si è mai chiesto se i democratici volevano il PD che lui voleva? E lui in questi anni dove viveva? Non mi risulta sia stato in Africa a fare volontariato e sia tornato ieri. E' stato candidato sindaco di Roma dal PD poco più di un anno fa, ed ha perso. E' stato candidato (ed eletto in un seggio sicurissimo) senatore in umbria e si è preso la presidenza del COPASIR (proprio poco dopo aver perso le elezioni di Roma consegnando la città alla Destra). Questo per dire non gli sono mancati gli spazi per rappresentare il PD che dice che vorrebbe o, a questo punto, che avrebbe voluto. La banalità sta nell’utilizzare frasi per semplificare, per cui lui rappresenta (o meglio direi rappresenterebbe) i “ceti produttivi”. Ovvero? E gli operai bersaniani o i precari mariniani o gli insegnanti franceschiniani cosa sarebbero, scarti, improduttivi? Questo è il peggiore degli effetti del berlusconismo: ridurre tutto a contrapposizioni (sterili) tra nomi. Che sono ovviamente “irriducibili”.
Se vogliamo ridurre al senso politico direi che Rutelli ha fatto una battaglia e l'ha persa. Anche se forse sarebbe più onesto dire che la battaglia non l’ha neanche mai iniziata, almeno alla luce del sole.
Per questo sono due aspetti diversi, Rutelli e l’azione degli innovatori nel PD. Rutelli se ne va forse perché preferisce essere un capetto in un piccolo partito che combattere in uno più grande. Altro il problema degli innovatori (di ogni “estrazione” congressuale) di un possibile ripiegamento del PD (purtroppo possibile naturale conseguenza di ripiegamento della società italiana) verso soluzioni più "tranquille" dove le "cordate" di sempre stanno insieme e poi i partiti "tradizionali" si alleano. Il che non è di per sé un male, ma lo è nella misura in cui (perdonatemi il francesismo) il modo di concepire i partiti (e i rapporti tra i partiti) rispecchia (e genera) una società statica e ferma.
Ovvero conservatrice. Ovvero, di destra.
Ovvero quello che noi che vorremmo un PD (e una società) moderna, democratica, laica e di sinistra combattiamo dalla nascita. E continueremo a fare.
Cerco di partire dalla fine, ovvero dal senso del partito. Certamente il voto ha fatto vincere il partito "quadrato", che è solido al suo interno e che poi si allea con i partiti che hanno identità diverse (anziché cercare di inglobarli come sarebbe dovuto essere e che non è stato neanche nel PD veltroniano) ma possibili comuni affinità (anche se continuo a non trovare alcuna affinità culturale con l'UDC, mentre le posso trovare con gli altri gruppi/partiti del centrosinistra). E' la risposta della conservazione e della paura. Conservazione ovvero difesa quasi comprensibile, davanti agli attacchi di Berlusconi molti hanno preferito "l'usato sicuro" a nuove macchine già usurate (Franceschini) o nuove macchine ignote (Marino). Però questa è la democrazia e non ci sono altri partiti che la applichino al proprio interno quanto e come il PD. Non ci sono altre strade quindi se non quella di impegnarsi perché i rapporti di forza si invertano. Per mostrare che la "macchina nuova" (nuova non tanto intesa in senso di novità in sé, ma di diversa concezione, moderna, della sinistra) è meglio della macchina "usata", perché non solo (e non tanto) quella usata non potrà vincere le elezioni (cosa che non mi auguro, ma è da molti usato come un argomento che però è tutto da dimostrare , e quindi non è un argomento probante) ma soprattutto perché è un "conservatorismo sociale" mascherato con la parola progressismo. Senza contare che mantenendo un certo modo di gestione del potere e concezione della società, anche le vittorie elettorali diventano poi sconfitte prima culturali e poi politiche (e l'esempio del fallimento del secondo governo Prodi è il più noto e paradigmatico, ma ci aggiungerei i tanti governi regionali e locali, Penati, Bassolino etc ...).
Perché, il PD al governo dovrebbe contrastare culturalmente e quindi politicamente, nella società, la Lega al nord e il clientelismo baronale al sud. Ma non ha fatto nessuna delle due cose, e il nostro sentimento (e timore) è che il "nuovo corso" continuerà a non farlo.
Quindi NOI. Ecco noi dovremmo cominciare rendendo per quanto possibile visibile e concreta la nuova sinistra moderna. E organizzandoci perché questo sia a conoscenza dei tanti militanti e simpatizzanti che credono, al di là dello specifico della mozione congressuale che hanno sostenuto, a volte timidamente a volte visceralmente, così da aggregare quanti abbiano la stessa visione del PD. Certo ora siamo "minoranza interna" che non è associata alla dirigenza. Questo non vuol dire essere avulsi al partito, al contrario. Bisognerà entrare ovunque sia possibile e sia sensato farlo, ovvero ovunque la nostra presenza non sia solo di facciata (o peggio ancora un avallo alla continuità della gestione attuale), fare politica nei circoli, nelle città, tra le persone vere, per continuare a crescere. E chi può e chi vuole deve iniziare a candidarsi per le cariche elettive, ad ogni livello. Sia interne, sia soprattutto esterne. Sembra folle, ma bisogna iniziare a pensarci concretamente, trovando le persone disposte a perdere tempo, denaro, sonno, fatica, per candidarsi quando e dove ci sono le condizioni.
Per finire, Rutelli. Le considerazioni di Rutelli nulla hanno a che vedere con questo discorso. Anche se apparentemente alcune sue parole potrebbero far pensare al contrario. Ma quando si leggono alcune interviste bisogna trascendere dalle frasi spesso sensate in sé e riportarle al contesto (e alla credibilità) di chi le afferma. Soprattutto verrebbe da chiedersi: perché non l'ha fatto in questa lunga campagna? Perché non si è speso per il candidato che non riporterebbe il PD ad essere una continuazione dei DS (per citare le sue parole)? Forse perché non avrebbe avuto la credibilità in una campagna di confronto. Nelle sue dichiarazioni abbondano banalità che si contrappongono a banalità. Dice che il PD non è diventato quello che voleva. Ma ci ha mai raccontato quale PD voleva? E si è mai chiesto se i democratici volevano il PD che lui voleva? E lui in questi anni dove viveva? Non mi risulta sia stato in Africa a fare volontariato e sia tornato ieri. E' stato candidato sindaco di Roma dal PD poco più di un anno fa, ed ha perso. E' stato candidato (ed eletto in un seggio sicurissimo) senatore in umbria e si è preso la presidenza del COPASIR (proprio poco dopo aver perso le elezioni di Roma consegnando la città alla Destra). Questo per dire non gli sono mancati gli spazi per rappresentare il PD che dice che vorrebbe o, a questo punto, che avrebbe voluto. La banalità sta nell’utilizzare frasi per semplificare, per cui lui rappresenta (o meglio direi rappresenterebbe) i “ceti produttivi”. Ovvero? E gli operai bersaniani o i precari mariniani o gli insegnanti franceschiniani cosa sarebbero, scarti, improduttivi? Questo è il peggiore degli effetti del berlusconismo: ridurre tutto a contrapposizioni (sterili) tra nomi. Che sono ovviamente “irriducibili”.
Se vogliamo ridurre al senso politico direi che Rutelli ha fatto una battaglia e l'ha persa. Anche se forse sarebbe più onesto dire che la battaglia non l’ha neanche mai iniziata, almeno alla luce del sole.
Per questo sono due aspetti diversi, Rutelli e l’azione degli innovatori nel PD. Rutelli se ne va forse perché preferisce essere un capetto in un piccolo partito che combattere in uno più grande. Altro il problema degli innovatori (di ogni “estrazione” congressuale) di un possibile ripiegamento del PD (purtroppo possibile naturale conseguenza di ripiegamento della società italiana) verso soluzioni più "tranquille" dove le "cordate" di sempre stanno insieme e poi i partiti "tradizionali" si alleano. Il che non è di per sé un male, ma lo è nella misura in cui (perdonatemi il francesismo) il modo di concepire i partiti (e i rapporti tra i partiti) rispecchia (e genera) una società statica e ferma.
Ovvero conservatrice. Ovvero, di destra.
Ovvero quello che noi che vorremmo un PD (e una società) moderna, democratica, laica e di sinistra combattiamo dalla nascita. E continueremo a fare.
Dopomarino
I dati finali sono stati finalmente resi noti. Un mio commento "a bocce quasi ferme" l'avevo scritto qualche giorno fa e sta qui.
All'estero siamo andati benissimo, 20% (e 5 delegati) in Europa e 32% (1 delegato e secondi dopo Bersani) in Nord America stanno li' a testimoniarlo.
Ora sabato assemblea nazionale e intanto ci si continua a tenere in contatto, inglobando tutti gli innovatori conosciuti ed incontrati in questi mesi.
All'estero siamo andati benissimo, 20% (e 5 delegati) in Europa e 32% (1 delegato e secondi dopo Bersani) in Nord America stanno li' a testimoniarlo.
Ora sabato assemblea nazionale e intanto ci si continua a tenere in contatto, inglobando tutti gli innovatori conosciuti ed incontrati in questi mesi.
domenica 25 ottobre 2009
E domani si vota Marino
Domani mattina possiamo svegliarci e andare, finalmente, a votare per un candidato alla segreteria del partito che interpreta al meglio la nostra idea e volontà di rinnovamento, di modernità, una candidatura e un gruppo che vuole interpretare in modo moderno, aperto, la “sinistra”, interpretata non come un valore del passato, e quindi non come una conservazione, ma come una necessità del presente e soprattutto del futuro.
In una intervista di alcune settimane fa, mi chiedevano cosa volesse dire essere ‘di sinistra’. Dopo un relativamente breve ragionamento (una domanda su cui ci si potrebbero scrivere tomi) siamo arrivati ad uno slogan riassuntivo, un po’ “calciofilo”: la destra è difendersi, la sinistra è attaccare.
Marino per questo è genuinamente “di sinistra”: cerca di attaccare, ha il coraggio e il merito di porre i problemi di oggi al centro del dibattito politico e fornire una visione moderna e senza pre-concetti. Per questo riesce a parlare di mercato del lavoro e di sanità, di energia (e quindi di industria) e di diritti delle persone, di uguaglianza e di merito in modo genuino e credibile.
E’ possibile, grazie a Marino, che nella sinistra italiana, finalmente, trovi spazio quella cultura politica di sinistra moderna che ha sempre sofferto storicamente ad affermarsi in Italia, e che invece ha avuto più fortuna in altri paesi occidentali. Possiamo far vincere nel PD questa cultura politica e questa visione del mondo nuova e dinamica, dando cosi’ quel necessario slancio al campo progressista che non si sentiva dal 1996. Una nuova era, nuova e difficilmente attacabile dalla destra, che potrà nei prossimi anni di opposizione al governo Berlusconi, porre basi solide per vincere le elezioni politiche ma soprattutto vincere la sfida del governo.
Infine, mi auguro che domenica sia un giorno positivo per tutti i democratici, per tutto quel popolo di sinistra che vede sempre crollare facilmente quanto ha costruito con fatica ma che non si arrende davanti a questa destra aggressiva e pericolosa. Un giorno che porti un vento fresco nel PD e quindi nella politica italiana.
In una intervista di alcune settimane fa, mi chiedevano cosa volesse dire essere ‘di sinistra’. Dopo un relativamente breve ragionamento (una domanda su cui ci si potrebbero scrivere tomi) siamo arrivati ad uno slogan riassuntivo, un po’ “calciofilo”: la destra è difendersi, la sinistra è attaccare.
Marino per questo è genuinamente “di sinistra”: cerca di attaccare, ha il coraggio e il merito di porre i problemi di oggi al centro del dibattito politico e fornire una visione moderna e senza pre-concetti. Per questo riesce a parlare di mercato del lavoro e di sanità, di energia (e quindi di industria) e di diritti delle persone, di uguaglianza e di merito in modo genuino e credibile.
E’ possibile, grazie a Marino, che nella sinistra italiana, finalmente, trovi spazio quella cultura politica di sinistra moderna che ha sempre sofferto storicamente ad affermarsi in Italia, e che invece ha avuto più fortuna in altri paesi occidentali. Possiamo far vincere nel PD questa cultura politica e questa visione del mondo nuova e dinamica, dando cosi’ quel necessario slancio al campo progressista che non si sentiva dal 1996. Una nuova era, nuova e difficilmente attacabile dalla destra, che potrà nei prossimi anni di opposizione al governo Berlusconi, porre basi solide per vincere le elezioni politiche ma soprattutto vincere la sfida del governo.
Infine, mi auguro che domenica sia un giorno positivo per tutti i democratici, per tutto quel popolo di sinistra che vede sempre crollare facilmente quanto ha costruito con fatica ma che non si arrende davanti a questa destra aggressiva e pericolosa. Un giorno che porti un vento fresco nel PD e quindi nella politica italiana.
lunedì 19 ottobre 2009
sabato 17 ottobre 2009
mercoledì 14 ottobre 2009
Da Parigi alla Calabria
In questi giorni si sono definite le liste in appoggio a Marino come segretario del PD. Io mi sono occupato delle liste all'estero, in Europa (24 candidati) e in America del Nord (4 candidati). Poiché ho fatto questa opera di coordinamento cercando di formare una buona squadra per questa fase finale e soprattutto per la costruzione del PD all'estero dopo il 25 ottobre, non sono tra i candidati all'estero. Ignazio Marino e il coordinamento nazionale, a partire da Michele Meta, hanno compreso questi motivi ma hanno pensato che dovessi comunque rappresentare la mozione anche in questa fase. Sono stato per questo candidato in Italia, nel collegio Calabria 6 che come potete leggere qui comprende parte della provincia di Reggio Calabria e tutta la provincia di Vibo Valentia. "Calato da Parigi", ho pensato di scrivere questa lettera per le democratiche e i democratici calabresi:
Care democratiche e cari democratici,
con un po’ di stupore ma con molto piacere ho saputo che avrò l’onore di essere il primo nella lista di appoggio alla candidatura di Ignazio Marino a segretario nazionale del PD nel collegio dove voi militate. Una lista dove sono presenti volontarie e volontari che più di me si sono spesi in questi mesi per Marino in un territorio molto grande e diversificato che comprende tanti comuni della provincia di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia. Dallo Ionio al Tirreno passando per le alte e verdi vette dell’Aspromonte. Zone che ho avuto il piacere di frequentare in passato non per motivi legati a questa esperienza politica ma per motivi familiari. Da Locri a Palmi, da Gioia Tauro a Riace ai tanti paesi che si attraversano quando si deve andare da una costa all’altra. Ricordo Gerace, borgo medievale di bellezza inappagabile, sicuramente troppo dimenticato e poco valorizzato per quello che invece meriterebbe. E la lista sarebbe lunga, di quei paesi che ho conosciuto, come di tanti altri che non ho potuto ancora conoscere.
Questa notizia inaspettata tanto per me quanto per molti di voi (o forse per tutti), mi fa sentire in dovere di presentarmi, per cercare insieme il senso di come possa, sicuramente indegnamente, simboleggiare le idee e lo spirito della candidatura di Marino. Per trovare insieme quelle motivazioni e quello slancio indispensabili per portare a termine, nel miglior modo possibile, la fase finale di una campagna che ci ha visti partire come inesistenti politicamente ma che con il lavoro costante di tutti, in Italia e all’estero, ci ha visti diventare interlocutori politici all’interno del partito democratico. Vivo e lavoro a Parigi, dove sono ricercatore in chimica-fisica presso il CNRS (il Centro Nazionale della Ricerca Scientifica francese). Arrivato in Francia senza conoscenze e amicizie importanti, grazie alla stima di superiori e colleghi, e con un po’ di fortuna, ho ottenuto il famoso “posto fisso” che in Italia è ormai un miraggio - quando non un sinonimo di parassitismo, come vorrebbe far passare una certa retorica cara alla destra italiana, brunettiana e non solo.
Nella vulgata, o meglio nell’immaginario collettivo, sarei un “cervello in fuga”. Io mi sento più semplicemente un emigrante come tanti, come i tanti studenti che dal Sud, come ha fatto mio padre 40 anni fa quando è partito per Roma, sono andati a studiare e poi sono rimasti a lavorare in una grande città, lontana e sconosciuta, diversa nei modi di vita e spesso difficile da decifrare nelle abitudini. Come i tanti lavoratori che si trovano all’estero, provenienti da ogni parte di Italia, di ogni strato sociale, economico e culturale. Così in questi anni abbiamo fondato un circolo del PD anche a Parigi e con la candidatura di Marino il mio impegno è stato quello di coordinare i tanti volontari che in tutto il mondo, da Berlino a Madrid, da New York a Monaco di Baviera, si sono mobilitati, come voi avete fatto in Calabria. Una militanza diversa nelle forme, più sul web (inevitabile date le distanze) che stringendo mani (anche se ognuno poi nelle sue città, come facciamo a Parigi, stringe le mani e parla fisicamente con le persone), ma comune nella sostanza, nelle idee. Abbiamo tutti contribuito, e tutti stiamo contribuendo e contribuiremo nei prossimi giorni a rendere forte la candidatura di Marino, una candidatura che vuole rompere gli schemi che hanno asfissiato il centro sinistra italiano e, di conseguenza, l’Italia intera in questi ultimi quindici anni. Quando il campo progressista è debole e litigioso, la destra facilmente si impossessa dell’opinione pubblica e della società. Operazione ancor più facile quando si dirige, direttamente o indirettamente, tutta l’informazione italiana.
Ecco, ora mancano pochissimi giorni al 25 ottobre. Noi di Marino non facciamo promesse, non chiediamo di votarci per dare lavori o favori. Non abbiamo nulla da elargire. E l’elargizione non farebbe parte della nostra cultura repubblicana. La forza che potremo però avere sarà nella determinazione delle nostra volontà di cambiamento, nell’onestà intellettuale e nel realismo che hanno fatto sì che Marino sia stato l’unico a parlare alla convenzione nazionale del PD di criminalità organizzata. Noi non possiamo e non vogliamo dimenticarci mai, neanche per un solo istante, che una metà del paese ha un male unico in Europa, che è quello della Mafia e del suo equivalente politico che è il clientelismo, che tarpa le ali ad ogni volontà di rinnovamento, ad ogni tentativo di scardinare quelle consuetudini che asfissiano la società e l’economia meridionali e dell’Italia intera. Il merito, le persone, le opportunità, che sono al centro della visione dell’Italia che vuole portare Marino nel PD e nella politica italiana, non possono valorizzarsi e concretizzarsi finché la criminalità organizzata e il clientelismo avranno l’importanza, nefanda, che occupano attualmente nella società italiana.
Spero in questi pochi giorni di poter entrare in contatto con quanti di voi sono stati volontari per Marino fino ad oggi, con quanti siano interessati a farne parte, ad appoggiare la sua volontà di rinnovamento. Con quanti, quale che sia il risultato numerico, dal 26 ottobre coglieranno questa straordinaria occasione che ha finalmente messo in rete tante nuove energie, per migliorare il PD e così facendo migliorare la politica e la società italiana.
Un ringraziamento sentito a tutti, con il profondo dispiacere di non potervi ancora guardare tutti negli occhi stringendovi le mani, salutandovi calorosamente,
Riccardo
Care democratiche e cari democratici,
con un po’ di stupore ma con molto piacere ho saputo che avrò l’onore di essere il primo nella lista di appoggio alla candidatura di Ignazio Marino a segretario nazionale del PD nel collegio dove voi militate. Una lista dove sono presenti volontarie e volontari che più di me si sono spesi in questi mesi per Marino in un territorio molto grande e diversificato che comprende tanti comuni della provincia di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia. Dallo Ionio al Tirreno passando per le alte e verdi vette dell’Aspromonte. Zone che ho avuto il piacere di frequentare in passato non per motivi legati a questa esperienza politica ma per motivi familiari. Da Locri a Palmi, da Gioia Tauro a Riace ai tanti paesi che si attraversano quando si deve andare da una costa all’altra. Ricordo Gerace, borgo medievale di bellezza inappagabile, sicuramente troppo dimenticato e poco valorizzato per quello che invece meriterebbe. E la lista sarebbe lunga, di quei paesi che ho conosciuto, come di tanti altri che non ho potuto ancora conoscere.
Questa notizia inaspettata tanto per me quanto per molti di voi (o forse per tutti), mi fa sentire in dovere di presentarmi, per cercare insieme il senso di come possa, sicuramente indegnamente, simboleggiare le idee e lo spirito della candidatura di Marino. Per trovare insieme quelle motivazioni e quello slancio indispensabili per portare a termine, nel miglior modo possibile, la fase finale di una campagna che ci ha visti partire come inesistenti politicamente ma che con il lavoro costante di tutti, in Italia e all’estero, ci ha visti diventare interlocutori politici all’interno del partito democratico. Vivo e lavoro a Parigi, dove sono ricercatore in chimica-fisica presso il CNRS (il Centro Nazionale della Ricerca Scientifica francese). Arrivato in Francia senza conoscenze e amicizie importanti, grazie alla stima di superiori e colleghi, e con un po’ di fortuna, ho ottenuto il famoso “posto fisso” che in Italia è ormai un miraggio - quando non un sinonimo di parassitismo, come vorrebbe far passare una certa retorica cara alla destra italiana, brunettiana e non solo.
Nella vulgata, o meglio nell’immaginario collettivo, sarei un “cervello in fuga”. Io mi sento più semplicemente un emigrante come tanti, come i tanti studenti che dal Sud, come ha fatto mio padre 40 anni fa quando è partito per Roma, sono andati a studiare e poi sono rimasti a lavorare in una grande città, lontana e sconosciuta, diversa nei modi di vita e spesso difficile da decifrare nelle abitudini. Come i tanti lavoratori che si trovano all’estero, provenienti da ogni parte di Italia, di ogni strato sociale, economico e culturale. Così in questi anni abbiamo fondato un circolo del PD anche a Parigi e con la candidatura di Marino il mio impegno è stato quello di coordinare i tanti volontari che in tutto il mondo, da Berlino a Madrid, da New York a Monaco di Baviera, si sono mobilitati, come voi avete fatto in Calabria. Una militanza diversa nelle forme, più sul web (inevitabile date le distanze) che stringendo mani (anche se ognuno poi nelle sue città, come facciamo a Parigi, stringe le mani e parla fisicamente con le persone), ma comune nella sostanza, nelle idee. Abbiamo tutti contribuito, e tutti stiamo contribuendo e contribuiremo nei prossimi giorni a rendere forte la candidatura di Marino, una candidatura che vuole rompere gli schemi che hanno asfissiato il centro sinistra italiano e, di conseguenza, l’Italia intera in questi ultimi quindici anni. Quando il campo progressista è debole e litigioso, la destra facilmente si impossessa dell’opinione pubblica e della società. Operazione ancor più facile quando si dirige, direttamente o indirettamente, tutta l’informazione italiana.
Ecco, ora mancano pochissimi giorni al 25 ottobre. Noi di Marino non facciamo promesse, non chiediamo di votarci per dare lavori o favori. Non abbiamo nulla da elargire. E l’elargizione non farebbe parte della nostra cultura repubblicana. La forza che potremo però avere sarà nella determinazione delle nostra volontà di cambiamento, nell’onestà intellettuale e nel realismo che hanno fatto sì che Marino sia stato l’unico a parlare alla convenzione nazionale del PD di criminalità organizzata. Noi non possiamo e non vogliamo dimenticarci mai, neanche per un solo istante, che una metà del paese ha un male unico in Europa, che è quello della Mafia e del suo equivalente politico che è il clientelismo, che tarpa le ali ad ogni volontà di rinnovamento, ad ogni tentativo di scardinare quelle consuetudini che asfissiano la società e l’economia meridionali e dell’Italia intera. Il merito, le persone, le opportunità, che sono al centro della visione dell’Italia che vuole portare Marino nel PD e nella politica italiana, non possono valorizzarsi e concretizzarsi finché la criminalità organizzata e il clientelismo avranno l’importanza, nefanda, che occupano attualmente nella società italiana.
Spero in questi pochi giorni di poter entrare in contatto con quanti di voi sono stati volontari per Marino fino ad oggi, con quanti siano interessati a farne parte, ad appoggiare la sua volontà di rinnovamento. Con quanti, quale che sia il risultato numerico, dal 26 ottobre coglieranno questa straordinaria occasione che ha finalmente messo in rete tante nuove energie, per migliorare il PD e così facendo migliorare la politica e la società italiana.
Un ringraziamento sentito a tutti, con il profondo dispiacere di non potervi ancora guardare tutti negli occhi stringendovi le mani, salutandovi calorosamente,
Riccardo
domenica 27 settembre 2009
Un'ora dopo la chiusura dei seggi in Germania si sanno i risultati delle elezioni. Certo, sono tedeschi, ma tra un'ora e una notte c'è una bella differenza.
A parte la rapidità della notizia, il risultato è quello che ci si attendeva: la chimica-fisica teorica più potente della storia è stata riconfermata. Perché sì il primo nome di questo articolo su J.A.C.S. del 1988 è proprio lei.
Per il resto il tracollo annunciato dell'SPD è lì a dimostrare che quando i progressisti si confondono con i moderati vengono (naturalmente e giustamente) annullati. E ne hanno da guadagnare sempre e solo i conservatori. Chi vuole intendere intenda.
A parte la rapidità della notizia, il risultato è quello che ci si attendeva: la chimica-fisica teorica più potente della storia è stata riconfermata. Perché sì il primo nome di questo articolo su J.A.C.S. del 1988 è proprio lei.
Per il resto il tracollo annunciato dell'SPD è lì a dimostrare che quando i progressisti si confondono con i moderati vengono (naturalmente e giustamente) annullati. E ne hanno da guadagnare sempre e solo i conservatori. Chi vuole intendere intenda.
sabato 26 settembre 2009
Clamoroso al Cibali
E' appena terminato il congresso del circolo PD di Parigi (il primo congresso di partito cui sia mai stato ...) e il risultato è stato fantastico, nel modo (un dibattito apertissimo dove tutti si sono sentiti liberi di prendere la parola e di intervenire, senza condizionamenti psicologici, senza la sindrome del "nuovo che non interviene") e nei risultati (bhe ovvio sono leggerissimamente di parte ...).
Bersani 9
Franceschini 3
Marino 40
sì 40 pari al 77% degli iscritti.
Oggi "qualcuno" ha detto: «Il popolo si sta orientando nella direzione giusta...». Aveva forse previsto i risultati della Ville Lumière ?
Bersani 9
Franceschini 3
Marino 40
sì 40 pari al 77% degli iscritti.
Oggi "qualcuno" ha detto: «Il popolo si sta orientando nella direzione giusta...». Aveva forse previsto i risultati della Ville Lumière ?
lunedì 21 settembre 2009
Libertà di Stampa
Ieri sera per la prima volta (credo) ho scritto una lettera diretta e di protesta al direttore di un giornale (La Repubblica), eccola:
Gentile direttore di "La Repubblica",
sono venuto a sapere di questa lettera che denuncia una situazione vergognosa che sta accadendo in Calabria all'interno del Partito Democratico, partito di cui milito in un circolo estero, quello di Parigi, di cui sono presidente dell'assemblea degli iscritti.
Credo che per una rinascita dell'italia sia per prima cosa necessario il coraggio di denunciare e far conoscere pubblicamente le pratiche di certi "figuri" (pratiche che in italia sembrano "normali" ma che da oltr'alpe sembrano da terzo mondo) anche, e soprattutto, quando avvengono all'interno di organizzazioni di cui si fa parte,
Credo che compito di un giornale come "La Repubblica" sia anche, e soprattutto, far conoscere situazioni come quella descritta nella lettera che riporto sotto, [per semplicità bloggistica la lettera è quella che trovate qui, ndb]
con stima
Riccardo Spezia
Gentile direttore di "La Repubblica",
sono venuto a sapere di questa lettera che denuncia una situazione vergognosa che sta accadendo in Calabria all'interno del Partito Democratico, partito di cui milito in un circolo estero, quello di Parigi, di cui sono presidente dell'assemblea degli iscritti.
Credo che per una rinascita dell'italia sia per prima cosa necessario il coraggio di denunciare e far conoscere pubblicamente le pratiche di certi "figuri" (pratiche che in italia sembrano "normali" ma che da oltr'alpe sembrano da terzo mondo) anche, e soprattutto, quando avvengono all'interno di organizzazioni di cui si fa parte,
Credo che compito di un giornale come "La Repubblica" sia anche, e soprattutto, far conoscere situazioni come quella descritta nella lettera che riporto sotto, [per semplicità bloggistica la lettera è quella che trovate qui, ndb]
con stima
Riccardo Spezia
Tre Italie
Anche se "parziali" e non rilevanti, i primi dati sulla consultazione degli iscritti del PD forniti da Termometropolitico fanno vedere tre Italie. Cartina di tornasole i risultati di Marino, che si presenta candidato senza il supporto di apparati ma solo con la forza dell'opinione pubblica.
Nord 15 %
Centro 10 %
Sud-Isole 3%
Ovviamente non poco contano atteggiamenti e modi di fare denunciati qui.
Nord 15 %
Centro 10 %
Sud-Isole 3%
Ovviamente non poco contano atteggiamenti e modi di fare denunciati qui.
domenica 20 settembre 2009
XX settembre
"150 anni fa esatti, i preti uscivano da porta pia e invadevano il paese!"
dixit il mio guru, giodi.
In effetti a pensarci bene ...
p.s. per i pochi appassionati lettori, qui siamo pancia a terra per Marino e non ho il tempo per curarmi di questo blog ... ma presto rimedierò!
dixit il mio guru, giodi.
In effetti a pensarci bene ...
p.s. per i pochi appassionati lettori, qui siamo pancia a terra per Marino e non ho il tempo per curarmi di questo blog ... ma presto rimedierò!
lunedì 7 settembre 2009
Porta-voce
Ieri iMille nella loro terza assemblea nazionale hanno deciso di votarmi loro nuovo portavoce.
Non mi dilungo nella retorica dei ringraziamenti, che sono evidentemente tanti.
Qui potete leggere il mio primo intervento come portavoce.
Non mi dilungo nella retorica dei ringraziamenti, che sono evidentemente tanti.
Qui potete leggere il mio primo intervento come portavoce.
martedì 25 agosto 2009
sabato 22 agosto 2009
Sali e scendi
Bene, si torna dall'isola, si sta nel forno romano, poi il 31 a Parigi. Tutto questo per dire di non mancare all'Assemblea Nazionale de iMille, che si terrà a Roma il 5-6 novembre. Accorrete numerosi!
sabato 1 agosto 2009
Pausa
Dopo una settimana di congresso a Camerino ci si prende una pausa internet di 15 giorni. Back il 18 agosto!
domenica 26 luglio 2009
Mozione Marino - Università ऐ Ricerca
Mi è stato chiesto di illustrare le idee della mozione Marino su Università e Ricerca nell'incontro di Roma del 24 luglio. Ecco cosa ho detto.
Per parlare degli aspetti sull’Università e sulla Ricerca della mozione presentata l’altro ieri da Ignazio Marino, o meglio della sua visione del mondo, forse è bene cominciare dalle esperienze di noi ricercatori italiani, o meglio dai scampoli di esperienze che ciascuno di noi si è formato in questi anni.
Sempre, quando vado a congressi internazionali trovo nel mio campo, chimici e fisici teorici di ottimo livello, che lavorano sia in italia sia all’estero, dallo studente al capo di una grande equipe in odore di nobel. E questo è possibile, questa grande scuola che si propaga letteralmente in tutto il mondo, grazie ad un’ottima formazione di base, ad un’ottima scuola e palestra che abbiamo in italia alle spalle, nei licei e nelle Università, che ci allena sin dall’inizio degli studi, alla curiosità, all’indipendenza, alla responsabilità. Che ci fornisce basi solide concettuali necessarie. E vi assicuro che negli altri paesi non è sempre così.
Quando però interagisco con chimici, fisici, biologi sperimentali, che hanno bisogno di apparecchiature di punta e quindi costose perché siano all’avanguardia, per competere, come fanno a più buon mercato i teorici, con americani, inglesi, francesi, tedeschi, giapponesi, ecco che gli italiani scarseggiano. Perché le basi, le conoscenze non bastano per comprare un laser al femtosecondo e perché mancando le apparecchiature moderne anche gli insegnamenti sperimentali diventano meno importanti e perdiamo terreno anche come bacino che fornisce “mano d’opera” alle università straniere. Iniziamo quindi a perdere anche la capacità di stare al passo con i progressi tecnologici e non solo scientifici. Così in alcuni interi settori, con scuse legislative, e penso a tutte quelle ricerche legate alla fisica nucleare, o colpe legislative, e penso a tutte quelle ricerche, dirette o indirette, legate alla biologia moderna che fa uso di cellule staminali embrionali, o non esiste più nulla o quel poco sta scomparendo. Per fare un esempio preso ancora dalla mia esperienza personale, posso citare la chimica, la fisica , la biologia che sono legate a quelle tematiche di tossicologia nucleare che è un problema scientifico-accademico che diventa una questione sociale e di sanità pubblica. Mancando però il back-ground scientifico viene a mancare quella riflessione professionale necessaria per valutare con laicità – aggettivo che si deve usare a tutto campo sia nelle questioni etiche e mediche, come in quelle sociali, economiche, industriali, culturali – ogni singolo problema, viene a mancare quella cultura necessaria per giudicare i fatti e non gli slogan che si appiccicano ai fatti. E’ quella riflessione necessaria e che manca per trasportare nella vita quotidiana il lavoro accademico e di ricerca, che non è fine a se stesso ma che è politico a tanti livelli, culturale, morale, e in ultimo anche tecnologico e industriale.
E questo non è che un esempio.
Un esempio che ci dice però alcune cose, ci dice cosa è necessario per una ricerca scientifica di livello, ci dice come questa, e solo questa e non il navigare a vista voluto o dovuto che spesso si ha in Italia, abbia poi una vera ricaduta sulla società.
Ci dice che per una ricerca scientifica vera, seria, utile socialmente e culturalmente sono necessari fondi – come dicono dalle mie parti “c’est l’argent qui fait la guerre” – e qualità. Fondi e qualità. E i due devono necessariamente andare insieme, per un motivo di utilità ma soprattutto di giustizia. I fondi si devono poter stanziare ma si devono anche poter meritare. E per questo non esistono certamente sistemi infallibili, ma sistemi che funzionano meglio del sistema italiano attuale altrettanto certamente sì. Sono quei sistemi che basta passare le alpi per trovarli. Basati sui progetti di ricerca solidi, concreti, dettagliati, innovativi e coraggiosi, ma soprattutto valutati da esperti del settore internazionali, perché si possa, il più possibile, concordare la competenza di chi valuta i progetti con la sua indipendenza, ovvero estraneità al sistema. Si parla tanto di “conflitto di interessi” che blocca il pluralismo dell’informazione, che blocca l’economia. E’ lo stesso sistema che blocca la ricerca, interessi familiari e di blocchi di potere che decidono sui fondi e sui posti e che degradano il sistema universitario e di ricerca facendogli meritare anche la mancanza di fondi. Quando il rettore della più grande università italiana, e forse europea, si lamenta della mancanza dei fondi e chiede meritocrazia dovrebbe vergognarsi, e dovremmo dirgli noi di vergognarsi, perché da quel pulpito la predica non può certo venire, da chi ha nel suo dipartimento non solo il figlio, medico anch’egli ma anche la moglie, ex professoressa di materie umanistiche in un liceo, ora anch’essa docente in un dipartimento di medicina. Il nostro sistema è incancrenito e quindi solo appellandoci ad esperti il più possibile esterni al sistema possiamo cercare di risollevarlo. E tra questi un ruolo cardine deve essere assunto dall’Europa che sempre di più deve diventare, e sta già diventando, motore della ricerca nel continente. Dobbiamo incentivare questo processo, anche rendendo possibile l’integrazione maggiore delle azioni europee nel sistema italiano. Se il sistema si rende conto che per sopravvivere ha bisogno di soldi e che questi soldi vengono solo se il sistema se li merita allora l’apertura all’europa, l’apertura al mondo, ma anche l’apertura ai privati sarà possibile e non resterà carta o parole.
Possiamo così declinare il mondo della ricerca che abbiamo in mente, che non è utopia ma è il mondo che vediamo in Francia, Inghilterra, Germania, Stati Uniti, come un mondo con più fondi ma con controllo su questi fondi, un mondo basato sull’individuazione di centri di eccellenza e sulla valutazione costante di questi centri come di tutti i centri anche i più piccoli, dove ognuno avrà secondo i bisogni legati alle sue capacità. Un mondo dove è possibile costruire un’agenzia che gestisca i fondi e, magari attraverso un sistema tipo “tenure”, le assunzioni, rispondendo ai requisiti internazionali e responsabilizzando i ricercatori a posteriori sul lavoro svolto. Il sistema del concorso per ogni cosa sembra il più equo, ma è il meno aperto perché non lega ai risultati chi ha un dottorando o un post-doc e quindi non si assumerà chi sembra che potrà ottenere i migliori risultati ma il più fedele, o chi è più comodo o semplicemente il parente o l’amico. E’ così e lo sappiamo tutti. Facciamo un esercizio di autocritica e onestà intellettuale, rinunciamo alla possibilità di far parte noi di questo sistema perché tutti, noi compresi, possiamo beneficiare di un sistema aperto, un sistema che premi il coraggio nella ricerca, come coraggio ad aprire strade nuove, ma che sia sano e premi il merito e le competenze. Un sistema che sappia proteggere chi non ha amici, parenti o semplicemente chi non ha la volontà, o peggio la possibilità economica o sociale, di aspettare il proprio turno. Un sistema dove non esistano turni e code, ma possibilità, dove autonomia e mobilità – fondamentali per la ricerca di qualità – possono essere incentivati e possono portare i propri frutti solo se legati a disponibilità di fondi e qualità, ovvero valutazione sul merito e non sulle amicizie. Così avremo una ricerca più giusta e anche più libera.
Ecco concludo. In questa ultima parte del discorso, se non ve ne siete ancora accorti, ho declinato le cinque parole che Ignazio Marino ha messo nel suo programma come visione generale del partito e soprattutto della società, per mostrare come non sono cinque parole sterili ma cinque concetti che si possono concretizzare nei tanti campi per cui l’Italia ha bisogno di progresso e innovazione, insomma dove un partito veramente democratico può e deve portare il suo contributo. Le cinque parole o meglio i cinque concetti sono, ve le ricordo e così potete ritrovarle nelle righe precedenti: apertura, coraggio, merito, protezione e libertà.
Per parlare degli aspetti sull’Università e sulla Ricerca della mozione presentata l’altro ieri da Ignazio Marino, o meglio della sua visione del mondo, forse è bene cominciare dalle esperienze di noi ricercatori italiani, o meglio dai scampoli di esperienze che ciascuno di noi si è formato in questi anni.
Sempre, quando vado a congressi internazionali trovo nel mio campo, chimici e fisici teorici di ottimo livello, che lavorano sia in italia sia all’estero, dallo studente al capo di una grande equipe in odore di nobel. E questo è possibile, questa grande scuola che si propaga letteralmente in tutto il mondo, grazie ad un’ottima formazione di base, ad un’ottima scuola e palestra che abbiamo in italia alle spalle, nei licei e nelle Università, che ci allena sin dall’inizio degli studi, alla curiosità, all’indipendenza, alla responsabilità. Che ci fornisce basi solide concettuali necessarie. E vi assicuro che negli altri paesi non è sempre così.
Quando però interagisco con chimici, fisici, biologi sperimentali, che hanno bisogno di apparecchiature di punta e quindi costose perché siano all’avanguardia, per competere, come fanno a più buon mercato i teorici, con americani, inglesi, francesi, tedeschi, giapponesi, ecco che gli italiani scarseggiano. Perché le basi, le conoscenze non bastano per comprare un laser al femtosecondo e perché mancando le apparecchiature moderne anche gli insegnamenti sperimentali diventano meno importanti e perdiamo terreno anche come bacino che fornisce “mano d’opera” alle università straniere. Iniziamo quindi a perdere anche la capacità di stare al passo con i progressi tecnologici e non solo scientifici. Così in alcuni interi settori, con scuse legislative, e penso a tutte quelle ricerche legate alla fisica nucleare, o colpe legislative, e penso a tutte quelle ricerche, dirette o indirette, legate alla biologia moderna che fa uso di cellule staminali embrionali, o non esiste più nulla o quel poco sta scomparendo. Per fare un esempio preso ancora dalla mia esperienza personale, posso citare la chimica, la fisica , la biologia che sono legate a quelle tematiche di tossicologia nucleare che è un problema scientifico-accademico che diventa una questione sociale e di sanità pubblica. Mancando però il back-ground scientifico viene a mancare quella riflessione professionale necessaria per valutare con laicità – aggettivo che si deve usare a tutto campo sia nelle questioni etiche e mediche, come in quelle sociali, economiche, industriali, culturali – ogni singolo problema, viene a mancare quella cultura necessaria per giudicare i fatti e non gli slogan che si appiccicano ai fatti. E’ quella riflessione necessaria e che manca per trasportare nella vita quotidiana il lavoro accademico e di ricerca, che non è fine a se stesso ma che è politico a tanti livelli, culturale, morale, e in ultimo anche tecnologico e industriale.
E questo non è che un esempio.
Un esempio che ci dice però alcune cose, ci dice cosa è necessario per una ricerca scientifica di livello, ci dice come questa, e solo questa e non il navigare a vista voluto o dovuto che spesso si ha in Italia, abbia poi una vera ricaduta sulla società.
Ci dice che per una ricerca scientifica vera, seria, utile socialmente e culturalmente sono necessari fondi – come dicono dalle mie parti “c’est l’argent qui fait la guerre” – e qualità. Fondi e qualità. E i due devono necessariamente andare insieme, per un motivo di utilità ma soprattutto di giustizia. I fondi si devono poter stanziare ma si devono anche poter meritare. E per questo non esistono certamente sistemi infallibili, ma sistemi che funzionano meglio del sistema italiano attuale altrettanto certamente sì. Sono quei sistemi che basta passare le alpi per trovarli. Basati sui progetti di ricerca solidi, concreti, dettagliati, innovativi e coraggiosi, ma soprattutto valutati da esperti del settore internazionali, perché si possa, il più possibile, concordare la competenza di chi valuta i progetti con la sua indipendenza, ovvero estraneità al sistema. Si parla tanto di “conflitto di interessi” che blocca il pluralismo dell’informazione, che blocca l’economia. E’ lo stesso sistema che blocca la ricerca, interessi familiari e di blocchi di potere che decidono sui fondi e sui posti e che degradano il sistema universitario e di ricerca facendogli meritare anche la mancanza di fondi. Quando il rettore della più grande università italiana, e forse europea, si lamenta della mancanza dei fondi e chiede meritocrazia dovrebbe vergognarsi, e dovremmo dirgli noi di vergognarsi, perché da quel pulpito la predica non può certo venire, da chi ha nel suo dipartimento non solo il figlio, medico anch’egli ma anche la moglie, ex professoressa di materie umanistiche in un liceo, ora anch’essa docente in un dipartimento di medicina. Il nostro sistema è incancrenito e quindi solo appellandoci ad esperti il più possibile esterni al sistema possiamo cercare di risollevarlo. E tra questi un ruolo cardine deve essere assunto dall’Europa che sempre di più deve diventare, e sta già diventando, motore della ricerca nel continente. Dobbiamo incentivare questo processo, anche rendendo possibile l’integrazione maggiore delle azioni europee nel sistema italiano. Se il sistema si rende conto che per sopravvivere ha bisogno di soldi e che questi soldi vengono solo se il sistema se li merita allora l’apertura all’europa, l’apertura al mondo, ma anche l’apertura ai privati sarà possibile e non resterà carta o parole.
Possiamo così declinare il mondo della ricerca che abbiamo in mente, che non è utopia ma è il mondo che vediamo in Francia, Inghilterra, Germania, Stati Uniti, come un mondo con più fondi ma con controllo su questi fondi, un mondo basato sull’individuazione di centri di eccellenza e sulla valutazione costante di questi centri come di tutti i centri anche i più piccoli, dove ognuno avrà secondo i bisogni legati alle sue capacità. Un mondo dove è possibile costruire un’agenzia che gestisca i fondi e, magari attraverso un sistema tipo “tenure”, le assunzioni, rispondendo ai requisiti internazionali e responsabilizzando i ricercatori a posteriori sul lavoro svolto. Il sistema del concorso per ogni cosa sembra il più equo, ma è il meno aperto perché non lega ai risultati chi ha un dottorando o un post-doc e quindi non si assumerà chi sembra che potrà ottenere i migliori risultati ma il più fedele, o chi è più comodo o semplicemente il parente o l’amico. E’ così e lo sappiamo tutti. Facciamo un esercizio di autocritica e onestà intellettuale, rinunciamo alla possibilità di far parte noi di questo sistema perché tutti, noi compresi, possiamo beneficiare di un sistema aperto, un sistema che premi il coraggio nella ricerca, come coraggio ad aprire strade nuove, ma che sia sano e premi il merito e le competenze. Un sistema che sappia proteggere chi non ha amici, parenti o semplicemente chi non ha la volontà, o peggio la possibilità economica o sociale, di aspettare il proprio turno. Un sistema dove non esistano turni e code, ma possibilità, dove autonomia e mobilità – fondamentali per la ricerca di qualità – possono essere incentivati e possono portare i propri frutti solo se legati a disponibilità di fondi e qualità, ovvero valutazione sul merito e non sulle amicizie. Così avremo una ricerca più giusta e anche più libera.
Ecco concludo. In questa ultima parte del discorso, se non ve ne siete ancora accorti, ho declinato le cinque parole che Ignazio Marino ha messo nel suo programma come visione generale del partito e soprattutto della società, per mostrare come non sono cinque parole sterili ma cinque concetti che si possono concretizzare nei tanti campi per cui l’Italia ha bisogno di progresso e innovazione, insomma dove un partito veramente democratico può e deve portare il suo contributo. Le cinque parole o meglio i cinque concetti sono, ve le ricordo e così potete ritrovarle nelle righe precedenti: apertura, coraggio, merito, protezione e libertà.
martedì 21 luglio 2009
Finito il tesseramento ...
Abbiamo (finalmente) finito il tesseramento anche qui a Parigi. Siamo arrivati a quota 92, raddoppiati in 15 giorni. Se non fosse stato fine luglio, con i parigini largamente in vacanza, saremmo arrivati a quota 100 sicuramente.
Sarà per la prossima volta.
Due parole su tesserarsi a Parigi la trovate sul blog de iMille.
Sarà per la prossima volta.
Due parole su tesserarsi a Parigi la trovate sul blog de iMille.
domenica 19 luglio 2009
Discorsi
Giocando con Wordle, ecco cosa ho detto ieri a Bruxelles
title="Wordle: Riccardo Spezia a Bruxelles"> src="http://www.wordle.net/thumb/wrdl/1005891/Riccardo_Spezia_a_Bruxelles"
alt="Wordle: Riccardo Spezia a Bruxelles"
style="padding:4px;border:1px solid #ddd">
questo invece al Lingotto
title="Wordle: Riccardo Spezia al Lingotto"> src="http://www.wordle.net/thumb/wrdl/1005895/Riccardo_Spezia_al_Lingotto"
alt="Wordle: Riccardo Spezia al Lingotto"
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title="Wordle: Riccardo Spezia a Bruxelles"> src="http://www.wordle.net/thumb/wrdl/1005891/Riccardo_Spezia_a_Bruxelles"
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questo invece al Lingotto
title="Wordle: Riccardo Spezia al Lingotto"> src="http://www.wordle.net/thumb/wrdl/1005895/Riccardo_Spezia_al_Lingotto"
alt="Wordle: Riccardo Spezia al Lingotto"
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mercoledì 15 luglio 2009
Il baluardo dello stato
Federico Aldrovandi e Gabriele Sandri da una parte, a rappresentare i cittadini, di diversa estrazione e sensibilità, dall’altra Spaccarotella, Florani, Pollastri, Pontani, Segatto, a rappresentare l’ordine dello stato. Volti che si annullano dietro l’indifferenza della divisa, mentre il sangue delle vittime vorrebbe farci ricordare il prezzo che si paga, che spesso si dimentica, che dimentica chi cerca sicurezza, chi cerca ordine, chi cerca disciplina. Chi vuole ricostruzioni fulminanti, decisioni ferme, piani quinquennali, gestione della finanza e dell’industria, cede parti della propria libertà e cittadinanza e la giustizia dello stato non può essere giustizia contro lo stato. Così gli omicidi sono colposi perché lo stato non ha volontà, è come Mefistofele, invocato per firmare un patto di sangue che non si può più cancellare.
Più di un secolo fa un lucido analista del suo tempo, un visionario degli anni che sarebbero venuti scriveva a proposito degli ufficiali dell’esercito, “preziosi servitori” dello Stato: “I borghesi tedeschi lo sanno e perciò sopportano patriottisticamente ogni specie d’offesa da parte loro perché vi riconoscono la loro stessa natura e soprattutto perché ritengono questi privilegiati mastini imperiali, che molto spessono li mordono per pura noia, il baluardo più saldo dello stato pangermanico”*.
Così unire la richiesta di ordine e sicurezza con l’indignazione per la vergogna dell’impunità sembra forse contraddittorio, ma non è forse molto di più che l’inevitabile conseguenza dell’accettare baluardi contro le proprie paure. Ma con la tanto sterile quanto giusta incredulità e ribellione per sentenze che sono la manifestazione della inevitabile falsità della giustizia dello stato sullo stato, non si ottiene molto più di qualche titolo su un giornale, qualche breve e inutile fiammata di emozione. Potrebbe un giorno mai invece diventare la tragica opportunità per fermarsi e riflettere sulla connessione che c’è tra il chiedere e l’applaudire missioni di pace che sono missioni di guerra, forze dell’ordine che vengono dirette contro il dissenso con quella crudeltà che trae forza dalla propria necessità, e l’essere al di sopra delle leggi?
Difensori dei cittadini dai fantasmi del caos, dell’ignoto, dello straniero che sono fuori dalla cittadinanza. Stato che è per come viene concepito, nazionalità, grate, barriere e bandiere, estraneo alla giustizia, nel momento stesso in cui, e soprattutto quando, si vuole portatore di giustizia.
*M.A.Bakunin, Stato e anarchia.
Più di un secolo fa un lucido analista del suo tempo, un visionario degli anni che sarebbero venuti scriveva a proposito degli ufficiali dell’esercito, “preziosi servitori” dello Stato: “I borghesi tedeschi lo sanno e perciò sopportano patriottisticamente ogni specie d’offesa da parte loro perché vi riconoscono la loro stessa natura e soprattutto perché ritengono questi privilegiati mastini imperiali, che molto spessono li mordono per pura noia, il baluardo più saldo dello stato pangermanico”*.
Così unire la richiesta di ordine e sicurezza con l’indignazione per la vergogna dell’impunità sembra forse contraddittorio, ma non è forse molto di più che l’inevitabile conseguenza dell’accettare baluardi contro le proprie paure. Ma con la tanto sterile quanto giusta incredulità e ribellione per sentenze che sono la manifestazione della inevitabile falsità della giustizia dello stato sullo stato, non si ottiene molto più di qualche titolo su un giornale, qualche breve e inutile fiammata di emozione. Potrebbe un giorno mai invece diventare la tragica opportunità per fermarsi e riflettere sulla connessione che c’è tra il chiedere e l’applaudire missioni di pace che sono missioni di guerra, forze dell’ordine che vengono dirette contro il dissenso con quella crudeltà che trae forza dalla propria necessità, e l’essere al di sopra delle leggi?
Difensori dei cittadini dai fantasmi del caos, dell’ignoto, dello straniero che sono fuori dalla cittadinanza. Stato che è per come viene concepito, nazionalità, grate, barriere e bandiere, estraneo alla giustizia, nel momento stesso in cui, e soprattutto quando, si vuole portatore di giustizia.
*M.A.Bakunin, Stato e anarchia.
martedì 14 luglio 2009
Sciopero
Come si direbbe, "solidarietà" allo sciopero anche dalla Francia. Il giorno della presa della Bastiglia ...
lunedì 13 luglio 2009
Il mazzo di carte
Come diceve Rabelais ieri c'era une femme folle à la messe, ma due vecchietti seduti
al bar hanno preso un mazzo di carte e si son messi a giocare come sempre.
Fatto buio uno ha detto "on fait un dernier calcul et après on s'en va", perché il belot è un gioco che necessita parecchi conti. C'è addirittura chi fa des bonnes de thèses sull'argomento.
al bar hanno preso un mazzo di carte e si son messi a giocare come sempre.
Fatto buio uno ha detto "on fait un dernier calcul et après on s'en va", perché il belot è un gioco che necessita parecchi conti. C'è addirittura chi fa des bonnes de thèses sull'argomento.
sabato 11 luglio 2009
Su un altro blog
Qualche parola sulle "questioni morali" le ho scritte per il blog de iMille. Quindi per non invadere questo blog di doppioni vi passo il link.
venerdì 10 luglio 2009
Due volte "chapeau!"
Su Agoravox si può trovare un'intervista a Ignazio Marino.
Da incorniciare due risposte su lavoro, università e immigrazione.
Lei parla spesso di cultura del merito. Cosa significa questo per l’università italiana?
«Significa una regola molto semplice: se si compete per una posizione, questa deve andare a chi è più preparato. Io in famiglia non ho né medici né professori universitari, ma negli Stati Uniti ho avuto l’opportunità di arrivare a dirigere il più grande centro trapianti del mondo. In Italia questo non sarebbe stato possibile, restando qui potevo ambire, senza baroni o raccomandazioni, a fare il medico di pronto soccorso in un ospedale di provincia. Un lavoro duro e importantissimo, ma il problema sono le opportunità. Sull’università sono molto drastico: nel 1980 una legge pessima ha di fatto dichiarato professori a vita, con un maxiconcorso, quindicimila docenti. A vita, come il Papa. Bene, io dico: mettiamo in un database la produzione scientifica di questi quindicimila docenti, e chi in questi quasi trent’anni ha prodotto zero lo mandiamo in pensione».
Immigrazione: che cosa ha da dire il centrosinistra? Alle volte balbetta, altre sembra rincorrere la Lega sul suo terreno.
"Guardi, oggi presenteremo il progetto di legge Bonino per regolarizzare un certo numero di immigrati che non sono stati regolarizzati nonostante le leggi degli ultimi anni. Ci vogliono regole chiare e rigorose, ma lo Stato deve fare la sua parte. Io ho fatto l’immigrato per diciotto anni in America, non mi è mai capitato di dover andare col sacco a pelo alle due di mattino davanti a un commissariato a prendere il numeretto, o a sgomitare per riuscire a riempire i documenti la mattina alle nove. Noi dobbiamo accogliere le persone con rigore, ma dare loro la dignità che spetta a ogni persona e se qualcuno ha un posto di lavoro deve essere aiutato nell’avere anche le carte in regola».
Da incorniciare due risposte su lavoro, università e immigrazione.
Lei parla spesso di cultura del merito. Cosa significa questo per l’università italiana?
«Significa una regola molto semplice: se si compete per una posizione, questa deve andare a chi è più preparato. Io in famiglia non ho né medici né professori universitari, ma negli Stati Uniti ho avuto l’opportunità di arrivare a dirigere il più grande centro trapianti del mondo. In Italia questo non sarebbe stato possibile, restando qui potevo ambire, senza baroni o raccomandazioni, a fare il medico di pronto soccorso in un ospedale di provincia. Un lavoro duro e importantissimo, ma il problema sono le opportunità. Sull’università sono molto drastico: nel 1980 una legge pessima ha di fatto dichiarato professori a vita, con un maxiconcorso, quindicimila docenti. A vita, come il Papa. Bene, io dico: mettiamo in un database la produzione scientifica di questi quindicimila docenti, e chi in questi quasi trent’anni ha prodotto zero lo mandiamo in pensione».
Immigrazione: che cosa ha da dire il centrosinistra? Alle volte balbetta, altre sembra rincorrere la Lega sul suo terreno.
"Guardi, oggi presenteremo il progetto di legge Bonino per regolarizzare un certo numero di immigrati che non sono stati regolarizzati nonostante le leggi degli ultimi anni. Ci vogliono regole chiare e rigorose, ma lo Stato deve fare la sua parte. Io ho fatto l’immigrato per diciotto anni in America, non mi è mai capitato di dover andare col sacco a pelo alle due di mattino davanti a un commissariato a prendere il numeretto, o a sgomitare per riuscire a riempire i documenti la mattina alle nove. Noi dobbiamo accogliere le persone con rigore, ma dare loro la dignità che spetta a ogni persona e se qualcuno ha un posto di lavoro deve essere aiutato nell’avere anche le carte in regola».
sabato 4 luglio 2009
Ai blocchi di partenza ....
Si aspetta solo il "pronti? via!" per una lunga marcia ... e ci vorrà del fegato!
giovedì 2 luglio 2009
Orgoglio democratico
In questi giorni vibranti, con nomi che si rincorrono, candidati che nicchiano, giornalisti a caccia di scoop, quello che si sente mancare (e che sente mancare molto Repubblica), è la presenza di un candidato che faccia risollevare un certo Orgoglio Democratico. Un candidato da portare nei circoli ma soprattutto nel paese a testa alta, che incarni lo spirito grazie al quale era nato il PD: apertura, ascolto, condivisione come metodo e identità per l'elaborazione politica, sociale e culturale.
Un candidato per cui si possano distribuire palloncini con il simbolo del PD, per cui i cittadini non abbiano vergogna (e ci pensavo l'altro giorno quando vedevo in piazza a Lodi i banchetti dell'italia di valori che non venivano blanditi come invece accade quando si fa volantinaggio per il PD o solo ve se ne parla).
Un candidato che metta al centro la modernità incarnata dal PD, ovvero quella di un partito fondato sulla partecipazione, che vuole andare oltre la democrazia vista come "presa di potere" di un gruppo sociale (o di potere semplicemente) che accoglie i favori popolari e che impone la sua visione del mondo, ma un partito che faccia della condivisione il proprio valore, la propria visione del mondo da cui scaturiscono poi le politiche "quotidiane". Un partito che pensi al lungo periodo e così facendo agisca anche nell'oggi, mettendo al centro della sua ragion d'essere i cittadini. Così le politiche economiche, ambientali, sociali, culturali, di sviluppo scaturiranno di conseguenza.
Questo non si esaurisce con un nome, ma serve un nome e una nuova classe dirigente che gli sia alle spalle, grazie ai quali poter ritornare ad essere fieri di essere democratici.
Un candidato per cui si possano distribuire palloncini con il simbolo del PD, per cui i cittadini non abbiano vergogna (e ci pensavo l'altro giorno quando vedevo in piazza a Lodi i banchetti dell'italia di valori che non venivano blanditi come invece accade quando si fa volantinaggio per il PD o solo ve se ne parla).
Un candidato che metta al centro la modernità incarnata dal PD, ovvero quella di un partito fondato sulla partecipazione, che vuole andare oltre la democrazia vista come "presa di potere" di un gruppo sociale (o di potere semplicemente) che accoglie i favori popolari e che impone la sua visione del mondo, ma un partito che faccia della condivisione il proprio valore, la propria visione del mondo da cui scaturiscono poi le politiche "quotidiane". Un partito che pensi al lungo periodo e così facendo agisca anche nell'oggi, mettendo al centro della sua ragion d'essere i cittadini. Così le politiche economiche, ambientali, sociali, culturali, di sviluppo scaturiranno di conseguenza.
Questo non si esaurisce con un nome, ma serve un nome e una nuova classe dirigente che gli sia alle spalle, grazie ai quali poter ritornare ad essere fieri di essere democratici.
mercoledì 1 luglio 2009
Autogol
"Franceschini? il più simpatico". D.S. (non come quel partito che non esiste più ma che fa comunque i suoi rendiconti finanziari) oggi ha colpito e fatto centro. Nella sua porta. E giustamente è già partito il fuoco di fila.
Il che apre l'autostrada per una possibile candidatura forte, innovativa nella visione del mondo.
Giorni e ore convulse. On verra.
Il che apre l'autostrada per una possibile candidatura forte, innovativa nella visione del mondo.
Giorni e ore convulse. On verra.
lunedì 29 giugno 2009
Intanto ...
Se avete pazienza una decina di minuti, potete vedermi intanto qui. Poi qualche santo lo metterà su youtube.
venerdì 26 giugno 2009
Al lingotto!
Domani sera un viaggio in treno e sabato mattina fresco fresco mi ritrovo a torino.
Qui il documento scritto che presentiamo come iMille, qui sotto una versione che dovrebbe durare 5 minuti:
Per poter promuovere un rinnovamento radicale dell'Italia e dell'Europa, il Partito Democratico ha bisogno di un rinnovamento al suo interno altrettanto radicale, che coinvolga sia la sua struttura sia la qualità delle idee che promuove nella società.
Il partito si deve affrancare dagli sterili nominalismi e personalismi che hanno inquinato il centrosinistra italiano negli ultimi quindici anni, per riscoprire il senso non solo della sua recente nascita, ma soprattutto quello di una forza progressista che non sia un campo di scontro tra ideologie ma un luogo di confronto tra idee.
Così chiedere subito questa mattina un nome per la segreteria è una domanda sbagliata, fuorviante, che vuole rimettere l’azione politica nell’alveo sterile del nominalismo, senza interessarsi al senso di un partito progressista in Italia oggi, di come si possa generare una classe dirigente vincente e innovativa, di come ci si possa organizzare per elaborare e promuovere nella società la propria proposta politica.
Si può parlare di merito quando si sarà delineata una dirigenza politica che sia coerente e credibile. Si possono infatti proporre tutte le proposte politiche che si voglia, ma perché queste idee abbiano gambe devono essere portate da una classe politica che non sia screditata. Screditata perché quando ha avuto le sue opportunità di governo si è persa. Non ha saputo cambiare la società italiana che, sebbene il centrosinistra abbia governato per 6 anni e mezzo dal 96 a oggi, si ritrova oggi molto più a destra: nelle idee dominanti di “sicurezza” intesa come contrapposizione tra la “pura razza italica” e i “pericolosi” migranti, nella volgarità dominante nei rapporti uomo-donna, nell’identificazione ad escludendum dell’Italia con il cattolicesimo in contrapposizione ad altre culture e sentimenti, nel localismo esasperato, che riduce le nuove sfide del cosiddetto mondo globale alla difesa del limes dell’impero contro le invasioni barbariche.
Questa classe dirigente non è stata quindi solo delegittimata dalle ultime sconfitte elettorali, ma dalla sua incapacità palese nel costruire una società più sana, moderna, aperta al futuro.
Come arrivare ad un partito che si rigeneri in maniera sana e non attraverso i metodi della cooptazione? E’ necessario liberarsi da una abitudine tipica in Italia: attendere che il capo ormai anziano liberi il posto per il suo più fedele tra i fedeli, colui che pur di arrivare alla successione ha dimenticato ogni capacità di autonomia, ogni passione. Ma una nuova generazione di dirigenti non cresce sopra gli alberi. Se una generazione è già in campo, “nel lavoro, nelle professioni, nelle amministrazioni, nel partito”, deve smetterrla di partecipare alle iniziative di altri dove il vecchio leader di turno presenta le proprie idee e si bea degli applausi di giovani sudditi. Altri “innovatori” dotati di spirito critico e di autonomia intellettuale, devono invece scendere dal pero ed invadere i circoli. Prendere tessere e fare tessere. Se non ci piacciono i suoi dirigenti ma restiamo fuori è facile e sterile critica, è restare comodamente in poltrona e guardare dalla finestra gli altri spalare la neve e far notare che potevano farlo meglio. Se vogliamo cambiarlo ora, bisogna farlo ora.
L’organizzazione di un partito dovrebbe poi rappresentarne la volontà di trasparenza e democrazia come la capacità di gestione del paese. Il PD è completamente disorganizzato. I circoli, gli iscritti e i simpatizzanti ricevono tutte le informazioni in modo casuale, per passaparola. E questo sembra dovuto a due cause che si auto-alimentano: da una parte privilegiare nelle decisioni e nel tempismo chi ha sufficienti entrature nei palazzi che contano, dall’altra la “disorganizzazione voluta” ha fatto dimenticare la capacità della buona organizzazione. Abbiamo così un partito che non coordina le sue energie per volontà e incapacità, che si scontra (perdendo) con una destra che fa dell’organizzazione di tipo aziendale il suo punto di forza propagandistico. Organizzazione aziendale che non è il nostro modello culturale ma contro la cui efficacia bisogna confrontarsi proponendo un modello interno diverso che sia lo specchio del modello di società che proponiamo.
Per organizzare un partito servono onestà intellettuale, volontà di trasparenza, competenze. Organizzazione che deve diventare in modo completo organizzazione del Partito Democratico e non semplice giustapposizione di due organizzazioni precedenti. Bisogna chiudere la stagione dei funzionari in quota Margherita o in quota DS e bisogna chiudere la stagione della gestione separata delle finanze del partito. Un solo tesoriere, una sola gestione finanziaria, un solo patrimonio monetario e immobiliare, come una sola dovrà essere l’appartenenza al PD.
Parlando di “appartenenza” non può non nascere la questione della “linea politica”, della “identificabilità” spesso chiesta da molti. Ma il problema, o il bello, per la sinistra moderna, è che questa linea è tutta da inventare. La linea non può, e non deve, nascere dal ritornare alla falsa sicurezza di una visione del mondo del secolo scorso, né con il marxismo socialista né con l’umanitarismo popolare, né con lo scimmiottamento grottesco del liberalismo economico come nuovo sol de l’avvenire. La Destra fa il suo mestiere: si reinventa declinandosi come statalista e liberista al tempo stesso, come protezionista e amica delle multinazionali. Crea il bisogno di ordine e propone un padre (un papi). Cosa fa la Sinistra? Sembra brancolare nel buio alla ricerca di regole. Abdica così da una delle funzioni principali della politica, e soprattutto quella progressista: “guidare” la società. Ma oggi non si guida seguendo le ricette scritte su vecchi libri polverosi del secolo scorso ma affrontando i problemi con umiltà, ovvero ascoltando le parti in causa e rendendole attrici nel processo della creazione di una visione della società e del mondo che migliori la società e il mondo, seguendo il valore stesso della condivisione, dell’importanza della dignità di ogni persona nel suo lavoro, nei suoi affetti, nella sua quotidianità.
Nella sinistra italiana molti, privi di fantasia e di coraggio, cercano di riciclare i modelli che potevano funzionare nel passato o inseguono quelli della destra. La mancanza di capacità immaginativa è forse il maggior sintomo dell’inadeguatezza della classe dirigente della sinistra e del PD. Una classe dirigente che ha perso la capacità di leggere il presente perché vecchia, occupata in lotte di palazzo, che non conosce più la società che dovrebbe rappresentare, una classe che si è formata su schemi antichi, che non ha l’abitudine all’elaborazione critica delle proposte politiche, a mettersi in gioco, a mettere in discussione le proprie posizioni per elaborare le migliori strategie sia di corto che di lungo periodo.
E allora, come e dove può nascere questa “rivoluzione culturale” necessaria per ricostruire una sinistra vincente, elettoralmente, politicamente e culturalmente? Dando fiducia alle tante intelligenze, alle tante sensibilità proprie della nuova società dove la cultura è “di massa”. Dove non ci sono guide istruite e masse proletarie o contadine ignoranti e disinformate. Così il partito dovrebbe avere il coraggio di dare fiducia ai propri componenti, e scommettere sui circoli per un nuovo rinascimento culturale e democratico. Per fare questo occorre organizzazione e coordinazione.
Un partito che rifugge le ideologie ma promuove le idee. Un partito nuovo che liberi le energie dei propri iscritti e simpatizzanti per liberare le energie dell’Italia, perché quella rinascita culturale, sociale, industriale necessaria non può venire da un partito sterile e statico, ma solamente da un partito che sia già lo specchio, l’avanguardia, di quella società dinamica, orizzontale, aperta, progressista necessaria per vivere a pieno titolo nel mondo contemporaneo.
Qui il documento scritto che presentiamo come iMille, qui sotto una versione che dovrebbe durare 5 minuti:
Per poter promuovere un rinnovamento radicale dell'Italia e dell'Europa, il Partito Democratico ha bisogno di un rinnovamento al suo interno altrettanto radicale, che coinvolga sia la sua struttura sia la qualità delle idee che promuove nella società.
Il partito si deve affrancare dagli sterili nominalismi e personalismi che hanno inquinato il centrosinistra italiano negli ultimi quindici anni, per riscoprire il senso non solo della sua recente nascita, ma soprattutto quello di una forza progressista che non sia un campo di scontro tra ideologie ma un luogo di confronto tra idee.
Così chiedere subito questa mattina un nome per la segreteria è una domanda sbagliata, fuorviante, che vuole rimettere l’azione politica nell’alveo sterile del nominalismo, senza interessarsi al senso di un partito progressista in Italia oggi, di come si possa generare una classe dirigente vincente e innovativa, di come ci si possa organizzare per elaborare e promuovere nella società la propria proposta politica.
Si può parlare di merito quando si sarà delineata una dirigenza politica che sia coerente e credibile. Si possono infatti proporre tutte le proposte politiche che si voglia, ma perché queste idee abbiano gambe devono essere portate da una classe politica che non sia screditata. Screditata perché quando ha avuto le sue opportunità di governo si è persa. Non ha saputo cambiare la società italiana che, sebbene il centrosinistra abbia governato per 6 anni e mezzo dal 96 a oggi, si ritrova oggi molto più a destra: nelle idee dominanti di “sicurezza” intesa come contrapposizione tra la “pura razza italica” e i “pericolosi” migranti, nella volgarità dominante nei rapporti uomo-donna, nell’identificazione ad escludendum dell’Italia con il cattolicesimo in contrapposizione ad altre culture e sentimenti, nel localismo esasperato, che riduce le nuove sfide del cosiddetto mondo globale alla difesa del limes dell’impero contro le invasioni barbariche.
Questa classe dirigente non è stata quindi solo delegittimata dalle ultime sconfitte elettorali, ma dalla sua incapacità palese nel costruire una società più sana, moderna, aperta al futuro.
Come arrivare ad un partito che si rigeneri in maniera sana e non attraverso i metodi della cooptazione? E’ necessario liberarsi da una abitudine tipica in Italia: attendere che il capo ormai anziano liberi il posto per il suo più fedele tra i fedeli, colui che pur di arrivare alla successione ha dimenticato ogni capacità di autonomia, ogni passione. Ma una nuova generazione di dirigenti non cresce sopra gli alberi. Se una generazione è già in campo, “nel lavoro, nelle professioni, nelle amministrazioni, nel partito”, deve smetterrla di partecipare alle iniziative di altri dove il vecchio leader di turno presenta le proprie idee e si bea degli applausi di giovani sudditi. Altri “innovatori” dotati di spirito critico e di autonomia intellettuale, devono invece scendere dal pero ed invadere i circoli. Prendere tessere e fare tessere. Se non ci piacciono i suoi dirigenti ma restiamo fuori è facile e sterile critica, è restare comodamente in poltrona e guardare dalla finestra gli altri spalare la neve e far notare che potevano farlo meglio. Se vogliamo cambiarlo ora, bisogna farlo ora.
L’organizzazione di un partito dovrebbe poi rappresentarne la volontà di trasparenza e democrazia come la capacità di gestione del paese. Il PD è completamente disorganizzato. I circoli, gli iscritti e i simpatizzanti ricevono tutte le informazioni in modo casuale, per passaparola. E questo sembra dovuto a due cause che si auto-alimentano: da una parte privilegiare nelle decisioni e nel tempismo chi ha sufficienti entrature nei palazzi che contano, dall’altra la “disorganizzazione voluta” ha fatto dimenticare la capacità della buona organizzazione. Abbiamo così un partito che non coordina le sue energie per volontà e incapacità, che si scontra (perdendo) con una destra che fa dell’organizzazione di tipo aziendale il suo punto di forza propagandistico. Organizzazione aziendale che non è il nostro modello culturale ma contro la cui efficacia bisogna confrontarsi proponendo un modello interno diverso che sia lo specchio del modello di società che proponiamo.
Per organizzare un partito servono onestà intellettuale, volontà di trasparenza, competenze. Organizzazione che deve diventare in modo completo organizzazione del Partito Democratico e non semplice giustapposizione di due organizzazioni precedenti. Bisogna chiudere la stagione dei funzionari in quota Margherita o in quota DS e bisogna chiudere la stagione della gestione separata delle finanze del partito. Un solo tesoriere, una sola gestione finanziaria, un solo patrimonio monetario e immobiliare, come una sola dovrà essere l’appartenenza al PD.
Parlando di “appartenenza” non può non nascere la questione della “linea politica”, della “identificabilità” spesso chiesta da molti. Ma il problema, o il bello, per la sinistra moderna, è che questa linea è tutta da inventare. La linea non può, e non deve, nascere dal ritornare alla falsa sicurezza di una visione del mondo del secolo scorso, né con il marxismo socialista né con l’umanitarismo popolare, né con lo scimmiottamento grottesco del liberalismo economico come nuovo sol de l’avvenire. La Destra fa il suo mestiere: si reinventa declinandosi come statalista e liberista al tempo stesso, come protezionista e amica delle multinazionali. Crea il bisogno di ordine e propone un padre (un papi). Cosa fa la Sinistra? Sembra brancolare nel buio alla ricerca di regole. Abdica così da una delle funzioni principali della politica, e soprattutto quella progressista: “guidare” la società. Ma oggi non si guida seguendo le ricette scritte su vecchi libri polverosi del secolo scorso ma affrontando i problemi con umiltà, ovvero ascoltando le parti in causa e rendendole attrici nel processo della creazione di una visione della società e del mondo che migliori la società e il mondo, seguendo il valore stesso della condivisione, dell’importanza della dignità di ogni persona nel suo lavoro, nei suoi affetti, nella sua quotidianità.
Nella sinistra italiana molti, privi di fantasia e di coraggio, cercano di riciclare i modelli che potevano funzionare nel passato o inseguono quelli della destra. La mancanza di capacità immaginativa è forse il maggior sintomo dell’inadeguatezza della classe dirigente della sinistra e del PD. Una classe dirigente che ha perso la capacità di leggere il presente perché vecchia, occupata in lotte di palazzo, che non conosce più la società che dovrebbe rappresentare, una classe che si è formata su schemi antichi, che non ha l’abitudine all’elaborazione critica delle proposte politiche, a mettersi in gioco, a mettere in discussione le proprie posizioni per elaborare le migliori strategie sia di corto che di lungo periodo.
E allora, come e dove può nascere questa “rivoluzione culturale” necessaria per ricostruire una sinistra vincente, elettoralmente, politicamente e culturalmente? Dando fiducia alle tante intelligenze, alle tante sensibilità proprie della nuova società dove la cultura è “di massa”. Dove non ci sono guide istruite e masse proletarie o contadine ignoranti e disinformate. Così il partito dovrebbe avere il coraggio di dare fiducia ai propri componenti, e scommettere sui circoli per un nuovo rinascimento culturale e democratico. Per fare questo occorre organizzazione e coordinazione.
Un partito che rifugge le ideologie ma promuove le idee. Un partito nuovo che liberi le energie dei propri iscritti e simpatizzanti per liberare le energie dell’Italia, perché quella rinascita culturale, sociale, industriale necessaria non può venire da un partito sterile e statico, ma solamente da un partito che sia già lo specchio, l’avanguardia, di quella società dinamica, orizzontale, aperta, progressista necessaria per vivere a pieno titolo nel mondo contemporaneo.
lunedì 22 giugno 2009
Letta a Paris ... Gianni o Enrico?
Letta (Enrico ...) è venuto oggi a Paris a presentare il suo libro (edito da mondadori, of course non credo ci fosse bisogno di dirlo ...). Che ovviamente non penso meriti una grande lettura, meglio sicuramente se si vogliono proprio leggere libri di politica dell'oggi (istant books sempre da evitare) quelli di analisti più fini (Marc Lazar che presentava l'incontro mi sembra una persona i cui libri potrebbero meritare di essere letti), anche se è sempre meglio leggere romanzi, che parlano molto di più della "Politica", intesa come la vita vera e il senso delle azioni private e pubbliche, di tanti inutili panflet propagandistici.
Ma al di là di questo nuovo libro di un politico, di cui non credo si sentisse la mancanza e che non credo segnerà la storia né della politica né della società italiana, è stata un'ottima occasione per conoscere uno dei leaders del presente e del futuro.
Già però mi sembra piuttosto un leader di un futuro schieramento avversario moderato-conservatore, posizionato nel campo opposto a quello dei progressisti, che un "compagno" di partito. Così a pelle, ma anche per la questione dell'alleanza con l'UDC - che l'ha fatta da padrona nel dibattito. Non solo, e non tanto, per la questione in sé dell'alleanza, ma per la motivazione della stessa. Ovvero: per vincere bisogna allearsi e l'UDC è alleato naturale. Venendo così meno al senso stesso della nascita del PD, in barba alle lezioni del passato (lui stesso cita le vittorie del 1996 e 2006 in cui ci si è alleati con Dini e Mastella per vincere, non i migliori esempi mi pare ...) e in barba a qualsiasi discorso "contenutistico". Insomma in puro stile da notabile democristiano.
Se questo è il futuro del PD, aridatece baffo, baffetto, stecchino, chiunque!!!!
Ma al di là di questo nuovo libro di un politico, di cui non credo si sentisse la mancanza e che non credo segnerà la storia né della politica né della società italiana, è stata un'ottima occasione per conoscere uno dei leaders del presente e del futuro.
Già però mi sembra piuttosto un leader di un futuro schieramento avversario moderato-conservatore, posizionato nel campo opposto a quello dei progressisti, che un "compagno" di partito. Così a pelle, ma anche per la questione dell'alleanza con l'UDC - che l'ha fatta da padrona nel dibattito. Non solo, e non tanto, per la questione in sé dell'alleanza, ma per la motivazione della stessa. Ovvero: per vincere bisogna allearsi e l'UDC è alleato naturale. Venendo così meno al senso stesso della nascita del PD, in barba alle lezioni del passato (lui stesso cita le vittorie del 1996 e 2006 in cui ci si è alleati con Dini e Mastella per vincere, non i migliori esempi mi pare ...) e in barba a qualsiasi discorso "contenutistico". Insomma in puro stile da notabile democristiano.
Se questo è il futuro del PD, aridatece baffo, baffetto, stecchino, chiunque!!!!
"I giovani devono essere inseriti gradatamente"
"I giovani devono essere inseriti gradatamente", questa nazionale bollita mi ricorda tanto il PD. E perdere sembra non conti per imporre il rinnovamento. Allora è una questione culturale, la casta non c'entra nulla. O si?
domenica 21 giugno 2009
venerdì 19 giugno 2009
Alto livello
Mentre nel PD si è tutti presi dal congresso, dall'altra parte ferve il dibattito come sempre su questioni di grande importanza: "ma tu quando me le presenti le amiche tue?" (S.B.)
martedì 16 giugno 2009
La lezione verde di Cohn-Bendit
Non si può mancare qualche giorno, e non aggiornare il blog, che ti pubblicano su l'Unità ...
Immaginazione e unità. Con queste due parole chiave si riassume il metodo che ha portato Cohn-Bendit a compiere due miracoli: riunire in un progetto politico europeo e innovatore le tante anime ecologiste francesi e portare questa unione ad una eclatante vittoria. Una vittoria ancor più atipica nel panorama politico uscito dalle elezioni europee, poiché Europe Ecologie – la lista condotta da Dany il rosso – è l’unica forza non solo innovatrice ma anche convintamente europeista ad affermarsi il 7 giugno, quando in tanti paesi europei le pulsioni nazionalistiche e protezionistiche prendono il sopravvento. Unità e immaginazione. Cohn-Bendit riesce facilmente a convincere elettori del PS e del MoDem grazie ad un progetto chiaro e onesto, unendo rigore intellettuale e un’oratoria semplice e diretta. Il progetto ecologista, anche sulla scia dei primi passi dell’amministrazione Obama, delinea una proposta politica realizzabile per uscire dalla crisi, dorandosi al tempo stesso del più nobile dei propositi, quello di salvare il pianeta. Ma Dany è ancor più travolgente perché non si fa invischiare nella palude del localismo e del nazionalismo da parte di giornalisti e avversari che tentano di portare il confronto nei piccoli confini interni. Riesce infatti ad esporre sulle questioni principali, lavoro, ecologia, politica estera, una visione europea, una risposta necessariamente europea. È questo che hanno premiato gli elettori progressisti francesi. Immaginazione. Il vecchio leader del maggio francese sembra non aver perso lo smalto di 40 anni fa, quando chiedeva l’imagination au pouvoir. Ora l’immaginazione sembra la sola salvezza per la sinistra francese ed europea. Immaginare come uscire dai soliti schemi delle social-democrazie, unire il campo dei progressisti come si è riusciti a riunire quello degli ecologisti, elaborando un progetto innovatore, volto al futuro. Un vasto campo che Cohn-Bendit individua, non solo in Francia ma in tutta Europa, composto di ecologisti, socialisti e liberal-democratici. Un campo dove è necessario riconsiderare le proprie rassicuranti antiche parole d’ordine e crearne di nuove adatte alle sfide del tempo attuale. Un campo che in Francia è tutto da costruire. Un progetto che da noi è nato in anticipo rispetto all’Europa: Ulivo e Pd ne rappresentano la versione italiana. Un progetto cui però è mancato finora il coraggio delle azioni. Se quindi il Pd può mostrare come l’immaginario sia possibile, deve imparare come questo immaginario possa realizzarsi e affermarsi uscendo dalle imbolsite e tristi usanze politiche del secolo scorso.
Immaginazione e unità. Con queste due parole chiave si riassume il metodo che ha portato Cohn-Bendit a compiere due miracoli: riunire in un progetto politico europeo e innovatore le tante anime ecologiste francesi e portare questa unione ad una eclatante vittoria. Una vittoria ancor più atipica nel panorama politico uscito dalle elezioni europee, poiché Europe Ecologie – la lista condotta da Dany il rosso – è l’unica forza non solo innovatrice ma anche convintamente europeista ad affermarsi il 7 giugno, quando in tanti paesi europei le pulsioni nazionalistiche e protezionistiche prendono il sopravvento. Unità e immaginazione. Cohn-Bendit riesce facilmente a convincere elettori del PS e del MoDem grazie ad un progetto chiaro e onesto, unendo rigore intellettuale e un’oratoria semplice e diretta. Il progetto ecologista, anche sulla scia dei primi passi dell’amministrazione Obama, delinea una proposta politica realizzabile per uscire dalla crisi, dorandosi al tempo stesso del più nobile dei propositi, quello di salvare il pianeta. Ma Dany è ancor più travolgente perché non si fa invischiare nella palude del localismo e del nazionalismo da parte di giornalisti e avversari che tentano di portare il confronto nei piccoli confini interni. Riesce infatti ad esporre sulle questioni principali, lavoro, ecologia, politica estera, una visione europea, una risposta necessariamente europea. È questo che hanno premiato gli elettori progressisti francesi. Immaginazione. Il vecchio leader del maggio francese sembra non aver perso lo smalto di 40 anni fa, quando chiedeva l’imagination au pouvoir. Ora l’immaginazione sembra la sola salvezza per la sinistra francese ed europea. Immaginare come uscire dai soliti schemi delle social-democrazie, unire il campo dei progressisti come si è riusciti a riunire quello degli ecologisti, elaborando un progetto innovatore, volto al futuro. Un vasto campo che Cohn-Bendit individua, non solo in Francia ma in tutta Europa, composto di ecologisti, socialisti e liberal-democratici. Un campo dove è necessario riconsiderare le proprie rassicuranti antiche parole d’ordine e crearne di nuove adatte alle sfide del tempo attuale. Un campo che in Francia è tutto da costruire. Un progetto che da noi è nato in anticipo rispetto all’Europa: Ulivo e Pd ne rappresentano la versione italiana. Un progetto cui però è mancato finora il coraggio delle azioni. Se quindi il Pd può mostrare come l’immaginario sia possibile, deve imparare come questo immaginario possa realizzarsi e affermarsi uscendo dalle imbolsite e tristi usanze politiche del secolo scorso.
martedì 9 giugno 2009
Democratici d'attacco
Mi sembra che sia inutile nascondere il risultato italiano, che per le europee è finalmente definitivo in termini di seggi e eletti (ultimi credo in europa, un bel record).
Il PD ha perso non solo rispetto alle elezioni dell'anno scorso (dopate dalla legge elettorale con premio di maggioranza) ma anche alle europee di 5 anni fa, dove l'Ulivo prese il 31% ovvero il 5% in più di quest'anno. Allora fu premiato il progetto ora ne viene parzialmente bocciata la realizzazione. E quei 5 punti persi li ritroviamo pari pari riguadagnati da IdV. Mentre, sempre rispetto al 2004, Comunisti+SL fanno all'incirca gli stessi voti di Rifondazione da sola. E tralascio gli altri rivoli, per puntare all'essenziale.
Il PD non riesce a concretizzare l'idea per la quale era nato, e sulla quale aveva avuto il consenso nel 2004 (come prospettiva) e tutto sommato anche l'anno scorso. Dal risultato dell'anno scorso si sarebbe forse dovuti ripartire, giocare d'attacco e non in difesa. Franceschini è stato un buon mediano, ma la sensazione è che con i mediani si potrà al massimo arrivare a quella soglia del 33% che sembra restare un valore insormontabile per qualsiasi unico aggregatore progressista in Italia: PCI (come record storico e sorpasso nel 1984) e poi Progressisti di Occhetto (in quel caso fu batosta nel 1994 contro il primo Berluskoni). Per andare oltre servono attaccanti, idee che riescano a sfondare guardando avanti, al futuro, che siano dinamici e scattanti.
Sembra poi che nel PD esista una inerzia al rischio e al coraggio non solo da parte degli intramontabili "dirigenti" (che sono lì da 15 anni o forse più) ma anche dalla parte più inquadrata del suo elettorato. E qui vengo alle preferenze e alla sconfitta di Ivan (anche qui non stiamoci a nascondere). Con 22000 preferenze nel Nord-Ovest non solo non è eletto ma è ben lontano dalla soglia delle 45000 preferenze necessarie per andare all'Europarlamento.
E se guardiamo il panorama degli eletti nel PD, possiamo gioire poco: Serracchiani e Prodi nel Nord-Est, Borsellino e Crocetta nelle Isole, possiamo infilarci pure Pittella nel Sud per il suo poco conosciuto ma importante lavoro a Bruxelles. E il paradosso non è tanto nei risultati, ma nel non utilizzo da parte della maggior parte degli elettori della preferenza, tanto invocata contro l'utilizzo delle liste bloccate. Così mette le preferenze o chi è del PD o chi ne segue le vicende da vicino. Gli altri - che sono la maggior parte e sono quelli che contano - non usano la preferenza, sembrano votare il partito nel suo complesso.
Il rovescio della medaglia è il fatto che molti con lo stesso spirito non lo votano nel suo complesso e non bastano alcune figure (peraltro spesso marginalizzate) per convincere l'elettore a votare un partito.
Ora aspettiamo il secondo turno delle amministrative, ma poi penso che dentro il PD bisogna ragionare in termini di attacco e non di difesa delle posizioni. D'altra parte su questo Silvio anche sarà d'accordo con i "komunisti" per una volta: la miglior difesa è l'attacco.
Il PD ha perso non solo rispetto alle elezioni dell'anno scorso (dopate dalla legge elettorale con premio di maggioranza) ma anche alle europee di 5 anni fa, dove l'Ulivo prese il 31% ovvero il 5% in più di quest'anno. Allora fu premiato il progetto ora ne viene parzialmente bocciata la realizzazione. E quei 5 punti persi li ritroviamo pari pari riguadagnati da IdV. Mentre, sempre rispetto al 2004, Comunisti+SL fanno all'incirca gli stessi voti di Rifondazione da sola. E tralascio gli altri rivoli, per puntare all'essenziale.
Il PD non riesce a concretizzare l'idea per la quale era nato, e sulla quale aveva avuto il consenso nel 2004 (come prospettiva) e tutto sommato anche l'anno scorso. Dal risultato dell'anno scorso si sarebbe forse dovuti ripartire, giocare d'attacco e non in difesa. Franceschini è stato un buon mediano, ma la sensazione è che con i mediani si potrà al massimo arrivare a quella soglia del 33% che sembra restare un valore insormontabile per qualsiasi unico aggregatore progressista in Italia: PCI (come record storico e sorpasso nel 1984) e poi Progressisti di Occhetto (in quel caso fu batosta nel 1994 contro il primo Berluskoni). Per andare oltre servono attaccanti, idee che riescano a sfondare guardando avanti, al futuro, che siano dinamici e scattanti.
Sembra poi che nel PD esista una inerzia al rischio e al coraggio non solo da parte degli intramontabili "dirigenti" (che sono lì da 15 anni o forse più) ma anche dalla parte più inquadrata del suo elettorato. E qui vengo alle preferenze e alla sconfitta di Ivan (anche qui non stiamoci a nascondere). Con 22000 preferenze nel Nord-Ovest non solo non è eletto ma è ben lontano dalla soglia delle 45000 preferenze necessarie per andare all'Europarlamento.
E se guardiamo il panorama degli eletti nel PD, possiamo gioire poco: Serracchiani e Prodi nel Nord-Est, Borsellino e Crocetta nelle Isole, possiamo infilarci pure Pittella nel Sud per il suo poco conosciuto ma importante lavoro a Bruxelles. E il paradosso non è tanto nei risultati, ma nel non utilizzo da parte della maggior parte degli elettori della preferenza, tanto invocata contro l'utilizzo delle liste bloccate. Così mette le preferenze o chi è del PD o chi ne segue le vicende da vicino. Gli altri - che sono la maggior parte e sono quelli che contano - non usano la preferenza, sembrano votare il partito nel suo complesso.
Il rovescio della medaglia è il fatto che molti con lo stesso spirito non lo votano nel suo complesso e non bastano alcune figure (peraltro spesso marginalizzate) per convincere l'elettore a votare un partito.
Ora aspettiamo il secondo turno delle amministrative, ma poi penso che dentro il PD bisogna ragionare in termini di attacco e non di difesa delle posizioni. D'altra parte su questo Silvio anche sarà d'accordo con i "komunisti" per una volta: la miglior difesa è l'attacco.
lunedì 8 giugno 2009
Verde Francia
Se il buon giorno si vede dal mattino, oggi c'è il sole e la Francia è forse l'unico paese dove si è affermata una forza europeista (o meglio una forza guidata da uno dei più convinti europeisti, Dany Cohn-Bendit). Stranamente (e per fortuna) qui non hanno vinto i nazionalismi ma le idee visionarie.
I dati al mio seggio chiaramente non potevano essere rappresentativi di tutta la Francia, che se Europe Ecologie avesse avuto al livello nazionale più voti dell'UMP allora veramente bisognava andare in piazza a festeggiare ;)
Ora mi riprendo, attendo con ansia Ivan (che rischia di essere anche sto giro il primo dei non eletti), esco e mi leggo integralmente Libé (version papier).
I dati al mio seggio chiaramente non potevano essere rappresentativi di tutta la Francia, che se Europe Ecologie avesse avuto al livello nazionale più voti dell'UMP allora veramente bisognava andare in piazza a festeggiare ;)
Ora mi riprendo, attendo con ansia Ivan (che rischia di essere anche sto giro il primo dei non eletti), esco e mi leggo integralmente Libé (version papier).
domenica 7 giugno 2009
Risultati del mio seggio
Esco ora dal seggio dove ho fatto il "segretario" (a gratis, in francia non pagano i cittadini per mandare avanti la democrazia):
Votanti 679 su 1246 aventi diritto (pari al 54.5%)
Risultati delle principali liste:
Europe Ecologie (la lista di Cohn-Bendit) 27.8%
UMP 27.5%
PS 17.3%
Modem 8.1%
Front de Gauche 5.3%
NPA 3.5%
Fornte Nazionale 2.1%
a dopo ...
Votanti 679 su 1246 aventi diritto (pari al 54.5%)
Risultati delle principali liste:
Europe Ecologie (la lista di Cohn-Bendit) 27.8%
UMP 27.5%
PS 17.3%
Modem 8.1%
Front de Gauche 5.3%
NPA 3.5%
Fornte Nazionale 2.1%
a dopo ...
giovedì 4 giugno 2009
Contare come cittadini
Qualcuno ha detto che nel parlamento europeo bisogna "contare come paese". Io preferisco contare come cittadino. Per questo domenica voterò per le liste francesi, e tra queste per la lista del Partito Socialista.
Se fossi residente in Italia, ovviamente, voterei per il Partito Democratico, che, al contrario di quanto dice quello stesso signore, entrerà in un gruppo parlamentare con i socialisti europei (e per questo votare PS o PD è uguale dal mio punto di vista).
Per chi, anche a ragione, mi dicesse che nel PD ci sono molti impresentabili, ricordo che ci sono le preferenze. Le mie andrebbero a
Scalfarotto (Nord-Ovest)
Serracchiani (Nord-Est)
Cioffredi (Centro)
Capacchione (Sud)
Borsellino (Isole)
Se votassi in Italia mi documenterei per trovare altre preferenze (se ne possono dare fino a tre), perché so che ce ne sono anche tanti altri meritevoli.
martedì 26 maggio 2009
L'assassino è il maggiordomo!
Risolto l'arcano: "Io rimasi a palazzo Grazioli con Alfredo, il maggiordomo, con il quale vedemmo la partita dell'Italia, un'amichevole con la Grecia".
lunedì 25 maggio 2009
sabato 16 maggio 2009
venerdì 15 maggio 2009
Università de l'Aquila online
Senza elmetti, fanfare, eserciti, ma con un semplice blog atipico si può riprendere a studiare, anche Chimica.
La montagna e il topolino
A Roma oggi (o meglio sul sito del PD) è uscita una roboante pagina "Campagna elettorale Europee 2009".
Se vi sembra un programma per le europee (tra l’altro non è neanche scaricabile in pdf …). Ma dico io , uno si sforza a pensare delle cose che siano europee (ovvero che un eurodeputato possa poi effettivamente fare) e questi “geni” mi producono degli slogan che sembrano fatti per le elezioni legislative italiane? Ma gliel’hanno spiegato che sono elezioni europee? Mah … continuiamo così, mi sa che anche il segreDario resterà a Zero titouli questo giro.
Se vi sembra un programma per le europee (tra l’altro non è neanche scaricabile in pdf …). Ma dico io , uno si sforza a pensare delle cose che siano europee (ovvero che un eurodeputato possa poi effettivamente fare) e questi “geni” mi producono degli slogan che sembrano fatti per le elezioni legislative italiane? Ma gliel’hanno spiegato che sono elezioni europee? Mah … continuiamo così, mi sa che anche il segreDario resterà a Zero titouli questo giro.
giovedì 14 maggio 2009
Protestare
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare. (Martin Niemöller)
mercoledì 13 maggio 2009
Zero titouli
Come direbbe Mou: "D'Alema? Zero titouli". I nostri sedicenti grandi leaders del centro sinistra hanno tutti "zero titouli", o al massimo hanno riportato qualche campionato locale, ma quando hanno avuto l'opportunità della serie A, sono rimasti a "zero titouli": Veltroni? Zero titouli, Rutelli? Zero titouli. Fassino? Zero titouli.
Ora c'è una coppa Uefa (in attesa che instaurino una champions politica europea vera), vediamo un po' che combina Franceschini.
martedì 12 maggio 2009
Schifo
E' solo una delle reazioni che suscitano i comportamenti del governo fascita e razzista che oramai imperversa in italia e che sembra aver conquistato la mente degli italiani.
Si è passato il limite da anni oramai, poco a poco, giorno dopo giorno, dichiarazione dopo dichiarazione e scempio dopo scempio, un nuovo nazionalismo condito in salsa di oltranzismo cristaino-cattolico è oramai prevalente nello stivale. Da tribunale internazionale, da crimini contro l'umanità di cui dovrebbero rispondere sia i governanti sia chi ha "eseguito gli ordini". Se qualcuno volesse ribellarsi, in qualsiasi forma, ne avrebbe ogni legittimità.
Si è passato il limite da anni oramai, poco a poco, giorno dopo giorno, dichiarazione dopo dichiarazione e scempio dopo scempio, un nuovo nazionalismo condito in salsa di oltranzismo cristaino-cattolico è oramai prevalente nello stivale. Da tribunale internazionale, da crimini contro l'umanità di cui dovrebbero rispondere sia i governanti sia chi ha "eseguito gli ordini". Se qualcuno volesse ribellarsi, in qualsiasi forma, ne avrebbe ogni legittimità.
martedì 5 maggio 2009
Project of the month
Che il programma HPC-Europa era una cosa ben fatta e che al Cineca sono bravi un po' lo sapevo, ma una figata come questa addirittura! Le care vecchie peridinine non tradiscono.
domenica 3 maggio 2009
Non aver paura
Segnalo questa campagna contro il razzismo. Non solo una campagna di firma, ma iniziative da organizzare. Speriamo di farne una anche a parigi.
Politica non gossip, SVP
Che Berlusconi non sia né un padre né marito modello secondo i canoni generali non è forse una novità. Ma riguarda la sua vita privata, e la politica non deve entrare nei letti di nessuno, né dei simpatici né degli antipatici. Non vorremmo poi che si distogliesse l'attenzione dalla politica atroce della destra su tanti temi che riguardano tutti (lavoro, istruzione, diritti personali, tanto per dirne qualcuno) per concentrarsi sulle sue liti familiari. Pensiamo alla politica, non al gossip e rilanciamo una visione della società democratica, moderna, progressista sugli argomenti che interessano tutti i cittadini, non due nonni che vivono tra Milano, e paraggi, e Roma, con ville sparse per la Costa Smeralda. Loro il pranzo con la cena li metteranno sempre insieme.
sabato 2 maggio 2009
mercoledì 29 aprile 2009
Questa ha capito tutto
Allucinante intervista su "Papi Silvio". Continuiamo cosi' ... (e grazie a giodi per la segnalazione)
domenica 26 aprile 2009
Paure
Ci mancavano i maiali, dopo le mucche e i polli, ora anche l’animale di cui non si butta niente entra nella lista nera dei portatori di virus e morte. E probabilmente assisteremo ad una nuova ondata di paura, sperando ovviamente che sia il meno possibile giustificata. E’ curioso notare come la società moderna, dove la tecnologia sembra poter controllare tutto, dove sembra che nulla possa, e quindi debba, sfuggire al controllo, è ciclicamente, ad intervalli sempre più brevi, sottoposta a paure irrazionali, viscerali. I virus sconosciuti che generano pandemie, paure ancestrali, pestilenze, che si affiancano ad altre paure, paura che l’economia e la società occidentale come la conosciamo, o come speriamo di viverla, non possano resistere a questa improvvisa e incomprensibile crisi economica. Paura del terrorismo, paura degli immigrati che “invadono le coste italiane”. La paura è sempre irrazionale e una società dove la paura la fa da padrona, una società dove l’irrazionale scuote le pance dei suoi cittadini, è una società fragile, che non si cura della vita quotidiana, dei diritti che possono essere calpestati in nome di misure straordinarie.
Un unico filo rosso sembra legare mucche e torri gemelle, polli e crollo delle borse, maiali e kebab. Sicurezze che sembrano svanire, come se una mano invisibile abbia voluto levare il terreno sotto i piedi ad una società che si credeva sicura, invincibile, totalizzante. Sicurezze che, a pensarci bene, riguardano una parte minoritaria del mondo. Infatti il morbillo e la malaria continuano a mietere vittime senza che nessuno se ne curi, molti paesi hanno vissuto crack economici completi e molti altri non hanno proprio un sistema economico, per non parlare di quanti sono continuamente travolti da guerre e guerriglie. La vita umana, purtroppo, ha pochissimo valore nella maggior parte del mondo e l’Occidente fa finta di niente, pensa che la condizione umana sia la propria, calma e placida, istradata su binari sicuri. E così ha paura e più ha paura più cerca sicurezze e verità.
Nel peggiore dei casi c’è sempre qualcuno che approfitta di questa situazione per eliminare i diritti in nome della sicurezza, economica, sanitaria, sociale.
Un unico filo rosso sembra legare mucche e torri gemelle, polli e crollo delle borse, maiali e kebab. Sicurezze che sembrano svanire, come se una mano invisibile abbia voluto levare il terreno sotto i piedi ad una società che si credeva sicura, invincibile, totalizzante. Sicurezze che, a pensarci bene, riguardano una parte minoritaria del mondo. Infatti il morbillo e la malaria continuano a mietere vittime senza che nessuno se ne curi, molti paesi hanno vissuto crack economici completi e molti altri non hanno proprio un sistema economico, per non parlare di quanti sono continuamente travolti da guerre e guerriglie. La vita umana, purtroppo, ha pochissimo valore nella maggior parte del mondo e l’Occidente fa finta di niente, pensa che la condizione umana sia la propria, calma e placida, istradata su binari sicuri. E così ha paura e più ha paura più cerca sicurezze e verità.
Nel peggiore dei casi c’è sempre qualcuno che approfitta di questa situazione per eliminare i diritti in nome della sicurezza, economica, sanitaria, sociale.
sabato 25 aprile 2009
Prime!
Mercoledì è stato presentato alla Camera la proposta di legge PRIME, da parte di Laura Garavini, deputata PD eletta in Europa, di cui ho avuto il piacere di essere il coordinatore scientifico.
E' stato veramente emozionante vedere come si passa dalle idee, dalle proposte scritte come un progetto di ricerca, ad una legge dello stato.
Ora l'iter sarà lungo e duro, siamo pur sempre all'opposizione. Ma conoscendo la tenacità e la determinazione di Laura non si sa mai che possa avanzare.
venerdì 24 aprile 2009
Titoli falsi
Io c'ero all'Odeon e ho sentito il sindaco di Parigi Delanoe dire "difficilmente avrò lo stesso entusiasmo a lavorare con l'attuale sindaco di Roma, Alemanno, che è stato accolto dopo la sua elezione da saluti fascisti". Peccato che Repubblica titola "Lui fa il saluto fascista" e poi ancora nel titolo interno dell'articolo "ha esordito col saluto fascista". Quando poi nel corpo dell'articolo si riporta la frase corretta di Delanoe.
La solita stampa a effetto che contribuisce a distogliere dalla verità per far ricominciare la solita ridda di dichiarazioni, opinioni, indignazioni.
La solita stampa a effetto che contribuisce a distogliere dalla verità per far ricominciare la solita ridda di dichiarazioni, opinioni, indignazioni.
giovedì 23 aprile 2009
domenica 19 aprile 2009
B & B per l'Europa
Sul Monde c'è una interessante intervista a Dany le rouge, dove si parla di Europa, di rilancio dell'Utopia positiva come motore sociale per non cadere nella paura o nella voglia dell'uomo forte, due reazioni che DCB identifica come risposte tipiche una della società tedesca, una di quella francese. Tutto sempre ineccepibile, come quasi sempre nei suoi interventi. Peccato che per rientrare al parlamento europeo, dopo la campagna del 2004 caratterizzata da un europeismo convinto, ora si presenta in una lista (Europe Ecologie che i sondaggi danno al 10% in Francia) in compagnia di José Bové, dopo che non pochi anni fa i due si scontravano sul referendum europeo. Certo a sinistra il PS anche era diviso sul referendum, ma una cosa è una non avvenuta scissione (anche se una parte della sinistra ha seguito Melanchon in un nuovo partito che ora ha formato per le europee una lista comune con il partito comunista), un'altra è mettersi insieme per le elezioni europee da parte di due esponenti politici che avevano (hanno?) due visioni molto diverse dell'Europa.
sabato 11 aprile 2009
Caso
I casi della vita mi avrebbero potuto portare a lavorare all'Università de L'Aquila fino ad alcuni anni fa, e invece sono finito lontano, in Francia. Era domenica sera, la mia collega e amica che è diventata da poco ricercatrice a L'Aquila era a Roma, ma avrebbe potuto benissimo dormire a L'Aquila quella notte. E se ci fossi stato io forse chissà.
Un saluto particolare ad i miei amici che lavorano lì, sperando che possano riprendere al più presto.
Un saluto particolare ad i miei amici che lavorano lì, sperando che possano riprendere al più presto.
sabato 4 aprile 2009
Ancora ...
Fa piacere comunque vedere che aumentano gli stati che non si fanno mettere i piedi in testa da B16, che non è libero di dire le cazzate che gli pare proprio in virtù della sua posizione politica.
E il Belgio fa bene, continuare e attaccare questi loschi figuri retrogradi antiscientifici.
E il Belgio fa bene, continuare e attaccare questi loschi figuri retrogradi antiscientifici.
venerdì 3 aprile 2009
Monopolio del cuore
Nel 1974 al dibattito finale contro Mitterrand, Valéry Giscard d'Estaing rifilò una frecciata che ebbe, pare, un ruolo determinante per la sua vittoria,
"Lei, signor Mitterrand, non ha il monopolio del cuore".
Oggi di passaggio sul TG2, grave errore, ho sentito un alto prelato, Fisichella mi pare, che arrogava alla religione (e in particolare alla sua setta che si chiama chiesa cattolica) il primato sulla conoscenza dell'anima e della sensibilità. Il primato della chiesa e del pensiero religioso per salvaguardare l'umanità nello stato, il primato, il monopolio del cuore.
Ma vorrei dirgli, e ricordargli:
"Lei, signor Fisichella, non ha il monopolio del cuore"
"Lei, signor Mitterrand, non ha il monopolio del cuore".
Oggi di passaggio sul TG2, grave errore, ho sentito un alto prelato, Fisichella mi pare, che arrogava alla religione (e in particolare alla sua setta che si chiama chiesa cattolica) il primato sulla conoscenza dell'anima e della sensibilità. Il primato della chiesa e del pensiero religioso per salvaguardare l'umanità nello stato, il primato, il monopolio del cuore.
Ma vorrei dirgli, e ricordargli:
"Lei, signor Fisichella, non ha il monopolio del cuore"
Qualcosa di sinistra
ci toccava Franceschini per sentire, dopo molti anni, il segretario del maggiore partito di sinistra dire "qualcosa di sinistra".
"Domani ci sarò. Uso le parole di Gordon Brown: dove c'è un disoccupato, un povero, qualcuno che perde il lavoro, non può non esserci un progressista al suo fianco".
Anche se cita Gordon Brown e non François Mitterrand, ma meglio che don Giussani.
"Domani ci sarò. Uso le parole di Gordon Brown: dove c'è un disoccupato, un povero, qualcuno che perde il lavoro, non può non esserci un progressista al suo fianco".
Anche se cita Gordon Brown e non François Mitterrand, ma meglio che don Giussani.
giovedì 2 aprile 2009
mercoledì 1 aprile 2009
Meno male che Silvio c'è!
Accendo Rai3 per vedere Parla con Me e mi vedo una strana pubblicità su Napoli, che pensavo addirittura fosse satirica ... e invece era vera. Tra l'altro, casualmente, l'attrice era una di quelle delle famose segnalazioni di Silvio a Saccà. E vi lascio il tono della "pubblicità progresso", che chiamerei "grazie silvio".
domenica 29 marzo 2009
Avviso ai naviganti
All'aeroporto internazionale di Houston (che si chiama George Bush, se vede che non so' napoletani) ci sta Wifi gratis.
Ora il Duce c'è
Se mancava la conferma, questa è arrivata con il congresso del Partito del Popolo di Berlusconi, ovvero nulla di diverso sostanzialmente dal Partito Nazionale Fascista.
Ha un capo indiscusso, ha una retorica roboante, non ha "ideologie parassitarie", esporterà il genio italico per mare e per monti.
Gli italiani paiono contenti.
Siccome non siamo più nel politically correct, ad un certo punto "CAZZI LORO", come dicono ad Oxford ...
Ha un capo indiscusso, ha una retorica roboante, non ha "ideologie parassitarie", esporterà il genio italico per mare e per monti.
Gli italiani paiono contenti.
Siccome non siamo più nel politically correct, ad un certo punto "CAZZI LORO", come dicono ad Oxford ...
sabato 28 marzo 2009
Geni di strategia e comunicazione
Certo che sono proprio dei pirla quelli del PDL a fare un congresso a ridosso di europee e amministrative! Quelli del PD invece sì che la sanno lunga in strategia e comunicazione, quindi il congresso si fa ad elezioni fatte (e perse magari ...).
Douce France
Su twitter ci sono alcune spezzoni allucinanti dei dirigenti del PDL. Ne riporto tre:
Gasparri: "Al Senato abbiamo fatto una legge che difende la vita, non si può far vincere il relativismo. I principi non si modificano". Saldo nei suoi principi fascistissimi il buon gasparri ..
Alemanno: "Va garantita agli immigrati la possibilità di tornare nel proprio paese, non come i nostri emigranti che non sono potuti tornare". Eh??? Ma che sta a di' ???
Carfagna: "Lo diciamo chiaramente: la famiglia è la base su cui si fonda la società e non si può equiparare a nessuna unione alternativa". Ma Veronica che dice?
al di là delle facili battute sono veramente allucinanti ... forse negli anni '50 si potevano dire certe cose senza coprirsi di ridicolo. Ma dev'essere la stessa moda del vescovo di Orléans ...
Gasparri: "Al Senato abbiamo fatto una legge che difende la vita, non si può far vincere il relativismo. I principi non si modificano". Saldo nei suoi principi fascistissimi il buon gasparri ..
Alemanno: "Va garantita agli immigrati la possibilità di tornare nel proprio paese, non come i nostri emigranti che non sono potuti tornare". Eh??? Ma che sta a di' ???
Carfagna: "Lo diciamo chiaramente: la famiglia è la base su cui si fonda la società e non si può equiparare a nessuna unione alternativa". Ma Veronica che dice?
al di là delle facili battute sono veramente allucinanti ... forse negli anni '50 si potevano dire certe cose senza coprirsi di ridicolo. Ma dev'essere la stessa moda del vescovo di Orléans ...
Con dedica
ai legislatori bigotti
E pensare a quel che ha fatto per la tua educazione, buone scuole e poca e giusta compagnia, allevata nei valori di famiglia e religione, di ubbidienza, castità e di cortesia
E pensare a quel che ha fatto per la tua educazione, buone scuole e poca e giusta compagnia, allevata nei valori di famiglia e religione, di ubbidienza, castità e di cortesia
venerdì 27 marzo 2009
Aggiornamento da Orléans
Poi c'è chi si vuole far coprire di ridicolo, se non fosse che l'ignoranza dilaga.
Un vescovo francese dice: "Tutti gli scienziati lo sanno, il virus dell'Aids è infinitamente più piccolo di uno spermatozoo. Questo significa che il preservativo non garantisce al 100% contro la malattia".
Ricordiamo al caro vescovo che un virus è molto più grande di una molecola d'acqua, la quale non passa attraverso nessun preservativo (forse passa attraverso i suoi, o non ci ha mai giocato a gavettoni?), e pure la sua massa quindi anche la probabilità quantistica (quella della pallina di qualche post fa ...) diminuisce di parecchio.
p.s. ringrazio tc per la segnalazione.
Un vescovo francese dice: "Tutti gli scienziati lo sanno, il virus dell'Aids è infinitamente più piccolo di uno spermatozoo. Questo significa che il preservativo non garantisce al 100% contro la malattia".
Ricordiamo al caro vescovo che un virus è molto più grande di una molecola d'acqua, la quale non passa attraverso nessun preservativo (forse passa attraverso i suoi, o non ci ha mai giocato a gavettoni?), e pure la sua massa quindi anche la probabilità quantistica (quella della pallina di qualche post fa ...) diminuisce di parecchio.
p.s. ringrazio tc per la segnalazione.
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