Partito a vocazione maggioritaria, governo ombra, innovazione, nuova stagione. Parole pronunciate da Walter Veltroni che avevano inevitabilemente acceso le speranze. Ne avesse concretizzate la metà delle cose dette sarebbe ora una spanna sopra ogni altro leader della sinistra italiana. Ma poi i fatti sono stati: Finocchiaro e Soro capigruppo, giovani deputati impresentabili e impreparati chiaramente in balia dei vecchi volponi e lì per meriti altri da quelli che dovrebbero essere richiesti ad una classe politica che si rinnova, Rutelli senatore. Ma soprattutto la segreteria di Veltroni ha avuto come motto: “decidere di non decidere”. Un leader non deve essere solo capace di scaldare i cuori ma di esercitare la propria guida, ovvero deve decidere e ottenere così rispetto e seguito, altrimenti non è per definizione un dirigente ma un bravo attore.
Di realizzazioni ricordo andando indietro nel tempo le videocassette con l’Unità e spero sempre nella realizzazione del viaggio in Africa, magari in barca a vela guidata da D’Alema, con Rutelli e Bersani a fare da mozzi e Fassino da albero, ovviamente.
martedì 17 febbraio 2009
lunedì 16 febbraio 2009
Incitatus
Incitatus era il nome del cavallo che, secondo la tradizione, Caligola nominò senatore. Potrebbe diventare oggi governatore per il PdL in una qualsiasi regione.
venerdì 13 febbraio 2009
Troppo facile?
"Ma chi lavora per uno Stato laico deve preoccuparsi di tutti i cittadini, credenti e non credenti" (I.Marino)
lunedì 9 febbraio 2009
Una buona
Tra il tanto schifo che vedo in giro, qualcosa di buono ogni tanto.
Sia in una TV privata, sia nei manifesti sotto la metro ho visto la pubblicità di pannelli solari. Che magari diventano di moda e l'idiozia procura un vantaggio per tutti ogni tanto?
Sia in una TV privata, sia nei manifesti sotto la metro ho visto la pubblicità di pannelli solari. Che magari diventano di moda e l'idiozia procura un vantaggio per tutti ogni tanto?
domenica 8 febbraio 2009
Appello
Come dire quando si aderisce ad un appello lo si riporta quantomeno sul proprio blog, no?
Ecco l'appello di Pippo Civati e Ivan Scalfarotto lanciato in occasione di una tappa della Carovana del PD:
Dalla fine della seconda guerra mondiale c'è una linea chiarissima e invalicabile che le grandi democrazie occidentali hanno tracciato tra sé e la barbarie dato dal ripudio fermo e inequivoco del fascismo, della xenofobia, del razzismo e delle forze politiche che li rappresentano. Razzismo e xenofobia sono scoraggiate con un continuo ed univoco lavoro di educazione e di prevenzione, le forze politiche che ne fanno una bandiera sono escluse dal governo perché nessuno - a destra come a sinistra - stringerebbe mai accordi con esse, anche a costo di perdere le elezioni. Perché un'elezione si può ben perdere, ma lo spirito democratico, perdere quello non si può. Con l'approvazione del pacchetto sicurezza l'Italia ha tristemente varcato quella linea; con l'infamia di norme che legittimano sinistre ronde di cittadini e consentono la delazione del malato al personale sanitario si è rotto definitivamente un tabù. Abbiamo chiesto al nostro partito di chiamare tutto il Paese alla mobilitazione, per una grande manifestazione di italiani e stranieri insieme, aperta alle forze sociali, alle realtà associative e alle coscienze democratiche di tutta Italia. Abbiamo chiesto ai circoli di mobilitarsi, informare, denunciare e 'segnalare' non gli stranieri ma quel legislatore che ha approvato una legge così radicalmente inaccettabile per un paese civile. Bisogna dire di no, con forza, manifestando tutti insieme. Perché quando c'è un colpo ai diritti umani, i bersagli non sono solo i più deboli, siamo tutti noi.
Ecco l'appello di Pippo Civati e Ivan Scalfarotto lanciato in occasione di una tappa della Carovana del PD:
Dalla fine della seconda guerra mondiale c'è una linea chiarissima e invalicabile che le grandi democrazie occidentali hanno tracciato tra sé e la barbarie dato dal ripudio fermo e inequivoco del fascismo, della xenofobia, del razzismo e delle forze politiche che li rappresentano. Razzismo e xenofobia sono scoraggiate con un continuo ed univoco lavoro di educazione e di prevenzione, le forze politiche che ne fanno una bandiera sono escluse dal governo perché nessuno - a destra come a sinistra - stringerebbe mai accordi con esse, anche a costo di perdere le elezioni. Perché un'elezione si può ben perdere, ma lo spirito democratico, perdere quello non si può. Con l'approvazione del pacchetto sicurezza l'Italia ha tristemente varcato quella linea; con l'infamia di norme che legittimano sinistre ronde di cittadini e consentono la delazione del malato al personale sanitario si è rotto definitivamente un tabù. Abbiamo chiesto al nostro partito di chiamare tutto il Paese alla mobilitazione, per una grande manifestazione di italiani e stranieri insieme, aperta alle forze sociali, alle realtà associative e alle coscienze democratiche di tutta Italia. Abbiamo chiesto ai circoli di mobilitarsi, informare, denunciare e 'segnalare' non gli stranieri ma quel legislatore che ha approvato una legge così radicalmente inaccettabile per un paese civile. Bisogna dire di no, con forza, manifestando tutti insieme. Perché quando c'è un colpo ai diritti umani, i bersagli non sono solo i più deboli, siamo tutti noi.
venerdì 6 febbraio 2009
Una Frase
Spesso è una frase che segna un’epoca storica, l’inizio di una fase che viene categorizzata solamente dopo alcuni anni. Si dice che una frase e un discorso “fanno” la Storia. Meglio potremmo dire che ci forniscono, a posteriori, un paletto per orientarci e razionalizzare il flusso continuo degli eventi. Così il discorso della Ceka del 3 gennaio 1925 segna di fatto l’avvento del fascismo, sebbene Mussolini sia già andato al governo da alcuni anni e le leggi “fascistissime” debbano ancora arrivare. Quanti all’epoca potevano sentire quello che sarebbe arrivato non molto dopo? Non certo l’opposizione divisa e isolata. Non certo il Vaticano che anzi era accondiscendente quando non complice. Ma soprattutto le voci che si levavano erano inascoltate, magari perché “bollate” come “partigiane”, come si direbbe ora, “bolsceviche” come si diceva allora. Piero Gobetti già nel 1922 scriveva delle righe lucidissime a proposito del fascismo, descrizione che potrebbe essere riportata senza modifiche al berluskonismo, che è in piena continuità in questo senso con il primo, appunto “autobiografia della nazione”:
“Una nazione che […] rinuncia per pigrizia alla lotta politica è una nazione che vale poco”. Una nazione dove le regole sono viste come un attentato alle proprie libertà, ovvero dove il privilegio personale che prevarica tutto e tutti è sentito come un diritto, come una conquista che tutti vorrebbero ottenere. E’ la stessa nazione, 1922 e 2009. Ci si aggiunga poi una società sconquassata da una tanto grande quanto incomprensibile crisi economica, con conseguenti quotidiani attacchi alla dignità del lavoro, sia morali sia fisiche – sono di ieri gli scontri tra la polizia e gli operai FIAT di Pomigliano d’Arco – e un’opposizione liquidata dall’interno e dall’esterno. E i soldati presidiano già le strade e i punti nevralgici delle nostre città.
Così la frase di oggi di Berluskoni assume un valore sinistro: "Se non ci fosse la possibilità di ricorrere ai decreti tornerei dal popolo a chiedere il cambiamento della Costituzione e del governo". Sono parole indiscutibilmente dal carattere golpista, da presidente sudamericano.
E cosa ci vuole dire? Ci svela il suo pensiero profondo? Il suo desiderio segreto? Getta la maschera e mette in pratica a tutto campo, senza freni, senza remore quella sua concezione del governo come “dittatura della maggioranza”, dove si interviene per imporre le proprie volontà a tutti quei cittadini che non vogliono? A partire dal Presidente della Repubblica. Si vogliono gettare a terra le lastre granitiche della Costituzione Repubblicana, Antifascista non solo di nome ma nello spirito, nell’equilibrio dei poteri, nel tentativo di costruire uno Stato dove nessuno potesse predominare, dove il vincere le elezioni non corrisponde a “sbancare”, ad accaparrarsi tutto. Dove la “cosa pubblica” non è paragonata ad un gioco e il popolo ad una tifoseria. Dove esiste il rispetto dei limiti propri. Dove le regole sono condivise. E’ il governo di chi non accetta di non poter parlare al telefonino a voce alta sui treni, di chi non accetta che esista una Giustizia valida per tutti, dai ricchi ed i potenti fino ai migranti che cercano una speranza arrivando sulle coste italiane. Sembra scontato, banale, un po’ retorico, e forse gridare “al lupo” serve a poco, ma cosa si può fare quando si ha il sentimento che una pagina nefasta della storia si sta scrivendo? Si spera di sbagliarsi, certo, e intanto si prova iniziando scendendo in piazza per difendere la giustizia, i diritti, la separazione dei poteri che pochi ancora forse ricordano essere alla base di uno stato democratico moderno.
Intanto noi a Parigi forse è meglio che iniziamo a pensare come ospitare il prossimo flusso di esuli.
“Una nazione che […] rinuncia per pigrizia alla lotta politica è una nazione che vale poco”. Una nazione dove le regole sono viste come un attentato alle proprie libertà, ovvero dove il privilegio personale che prevarica tutto e tutti è sentito come un diritto, come una conquista che tutti vorrebbero ottenere. E’ la stessa nazione, 1922 e 2009. Ci si aggiunga poi una società sconquassata da una tanto grande quanto incomprensibile crisi economica, con conseguenti quotidiani attacchi alla dignità del lavoro, sia morali sia fisiche – sono di ieri gli scontri tra la polizia e gli operai FIAT di Pomigliano d’Arco – e un’opposizione liquidata dall’interno e dall’esterno. E i soldati presidiano già le strade e i punti nevralgici delle nostre città.
Così la frase di oggi di Berluskoni assume un valore sinistro: "Se non ci fosse la possibilità di ricorrere ai decreti tornerei dal popolo a chiedere il cambiamento della Costituzione e del governo". Sono parole indiscutibilmente dal carattere golpista, da presidente sudamericano.
E cosa ci vuole dire? Ci svela il suo pensiero profondo? Il suo desiderio segreto? Getta la maschera e mette in pratica a tutto campo, senza freni, senza remore quella sua concezione del governo come “dittatura della maggioranza”, dove si interviene per imporre le proprie volontà a tutti quei cittadini che non vogliono? A partire dal Presidente della Repubblica. Si vogliono gettare a terra le lastre granitiche della Costituzione Repubblicana, Antifascista non solo di nome ma nello spirito, nell’equilibrio dei poteri, nel tentativo di costruire uno Stato dove nessuno potesse predominare, dove il vincere le elezioni non corrisponde a “sbancare”, ad accaparrarsi tutto. Dove la “cosa pubblica” non è paragonata ad un gioco e il popolo ad una tifoseria. Dove esiste il rispetto dei limiti propri. Dove le regole sono condivise. E’ il governo di chi non accetta di non poter parlare al telefonino a voce alta sui treni, di chi non accetta che esista una Giustizia valida per tutti, dai ricchi ed i potenti fino ai migranti che cercano una speranza arrivando sulle coste italiane. Sembra scontato, banale, un po’ retorico, e forse gridare “al lupo” serve a poco, ma cosa si può fare quando si ha il sentimento che una pagina nefasta della storia si sta scrivendo? Si spera di sbagliarsi, certo, e intanto si prova iniziando scendendo in piazza per difendere la giustizia, i diritti, la separazione dei poteri che pochi ancora forse ricordano essere alla base di uno stato democratico moderno.
Intanto noi a Parigi forse è meglio che iniziamo a pensare come ospitare il prossimo flusso di esuli.
In discesa
Oramai silvio è pronto alle leggi berluskonissime. Quando sento:
"Se non ci fosse la possibilità di ricorrere ai decreti tornerei dal popolo a chiedere il cambiamento della Costituzione e del governo"
Berluskoni dixit il 6 febbraio 2008, per me è come l'annuncio o la minaccia (che sono la stessa cosa) di un golpe.
Chissà la Storia potrebbe segnare questa frase come l'inizio di una nuova era, neo-dittatoriale.
"Se non ci fosse la possibilità di ricorrere ai decreti tornerei dal popolo a chiedere il cambiamento della Costituzione e del governo"
Berluskoni dixit il 6 febbraio 2008, per me è come l'annuncio o la minaccia (che sono la stessa cosa) di un golpe.
Chissà la Storia potrebbe segnare questa frase come l'inizio di una nuova era, neo-dittatoriale.
lunedì 2 febbraio 2009
Pillole
Pillole di diversa provenienza e di diverso contenuto ... ma i blog sono anche questo, non necessariamente una strutturazione ma un fluire.
- "il permesso di soggiorno è una barbarie"
- "dieci anni di professione informatica mi hanno insegnato solo una cosa, ma ora non la ricordo, perché era sul disco fisso che ho formattato per errore."
- "il permesso di soggiorno è una barbarie"
- "dieci anni di professione informatica mi hanno insegnato solo una cosa, ma ora non la ricordo, perché era sul disco fisso che ho formattato per errore."
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