lunedì 30 luglio 2012

Prima mossa dall'alto?



Ed è arrivato l'ultimo appello, con lista di adesioni allegata e immancabile elenco di "10 punti" che immancabilmente salveranno l'Italia (se non il mondo intero).
L'appello in questione è curioso perché riprende nel nome quella parola "declino" che non mi può che far ricordare quando verso la fine del secondo governo Prodi (quello 2006-2008), Lamberto Dini, all'epoca nell'Unione ma prossimo al passaggio verso Berlusconi, martellava con questa stessa parola in ogni suo intervento, parola che usava come clava contro la maggioranza e il governo di cui lui stesso faceva parte.

Non riesco a non essere perplesso sull'iniziativa, al di là del fatto che conosco personalmente (e stimo) alcuni dei sottoscrittori. Mi lascia quindi perplesso l'appello per un "nuovo partito" come anche la necessità dei soliti "10 punti". Capisco le cosiddette esigenze di comunicazione, ma penso che una forza politica si caratterizza con la propria visione del mondo e della società da cui poi derivano le azioni. E certo non si possono risolvere in 10 azioni. A me in un certo senso sarebbe bastato il manifesto di intenti iniziale.

Non si può non notare con una certa curiosità che se da una parte abbiamo la retorica dei "movimenti dal basso" (dentro e fuori i partiti), dall'altra si vede nascere la richiesta di un nuovo partito con quella che potremmo chiamare "operazione dall'alto", per semplificare. Ovviamente dovrebbero esserci entrambi gli aspetti, ma la schizofrenia della politica italiana (e della sua società, in primis) produce frutti di questo tipo, inevitabilmente.

Allora, mentre da Noise From Amerika (NFA) si chiede agli "anonimi compagni" di lasciare il PD e Cristiana continua a pensare che il PD sia l'unica soluzione, domando: ma un progetto liberal-democratico (che non so se coincide con ciò che è auspicato da Giannino e soci e/o da quelli cui si rifolge NFA) sarebbe mai un partito "di massa", ovvero un partito che possa da solo inizialmente mettere insieme un elettorato vasto, del 25% almeno? Perché altrimenti non stiamo parlando di nulla di rilevante.

Oppure sarà un partito personale, dove magari alla stella Montezemolo si sostituisce la stella Marcegaglia, con una dinamica che non è formalmente troppo diversa da quella che portò alla famosa discesa in campo, se uno ci pensa bene.

Vedremo, l'estate è il periodo delle prime mosse, con l'autunno si dovranno far vedere di più le carte e gli assetti politici che andranno alle elezioni usciranno necessariamente di più allo scoperto. Ricordiamoci che Berlusconi fece il famoso discorso della discesa in campo il 26 gennaio 1994, a pochi mesi dalle elezioni politiche della primavera dello stesso anno.

mercoledì 25 luglio 2012

Ottimismo fatalista



Il fatalismo è in genere associato ad un certo pessimismo, ad una visione del mondo in cui le proprie azioni nulla possono davanti al Fato. Davanti ad una tempesta che distrugge le proprie barche, davanti alla siccità che azzera i raccolti. E' un sentimento molto diffuso nella civiltà del mediterraneo.
In genere appunto si pensa al Fato come a qualcosa che peggiorerà inevitabilmente la nostra condizione. Quindi è inutile darsi troppo da fare per imporre la propria volontà, perché tanto arriverà qualcuno o qualcosa più grande di noi e disporrà a suo piacimento.

In questi giorni invece, tornando in Italia, quell'Italia scossa dalla crisi economica, sballottolata tra gli Scilla e Cariddi di Grecia e Spagna, ecco mi sembra di vedere che le persone (o almeno quelle che incontro) vivono in un ottimismo fatalista. Qualcuno le ha paragonate ai viaggiatori del Titanic, che ignari vanno verso il proprio destino al suono di un'orchestra di prima classe.
A me invece sembrano piuttosto adagiati nel proprio triclinio in attesa che il Fato che tutto aggiusta e tutto risolve in un nulla compia il suo lavoro. In attesa che come sempre in qualche modo, senza troppi sforzi e soprattutto senza "morti sul campo" (in senso figurato, si spera) passerà anche questa. E passerà senza dover licenziare dipendenti dello stato, senza perdere le tredicesime, senza ritrovarsi in una situazione di bancarotta non solo collettiva ma anche personale.

Eccolo, quindi il fatalismo ottimista, questo curioso protagonista di inizio millennio, che non è poi altro che l'altra faccia della stessa medaglia che fa sì che gli italiani non si sentano protagonisti del proprio destino, ma in balia di eventi più grandi e più importanti, in balia di qualcuno o qualcosa che, chissà perché, forse per il clima o forse per il cibo, alla fine li guarda con un occhio di riguardo, preservandoli da troppi drammi.

giovedì 19 luglio 2012

La stabilità di governo nella Prima Repubblica



La vulgata vuole che la cosiddetta Prima Repubblica, ovvero quel periodo della storia repubblicana che va dal 1948 al 1994, dove vigeva un sistema elettorale proporzionale, sia stata caratterizzata da una continua alternanza e instabilità dei governo. Presunta instabilità e mutevolezza che sarebbe alla base della mancanza di dinamismo e del cattivo governo. Ma è stato veramente così? Per l'ordinamento costituzionale italiano (che è tuttora in vigore) il potere non è tutto nelle mani del presidente del consiglio, ma è condiviso con i suoi ministri. Vediamo quindi non solo come sono cambiati i capi del governo, ma anche chi ha condotto i principali ministeri (Interno, Esteri, ministeri economici, Difesa e Pubblica Istruzione) della Repubblica Italiana tra il 1948 e il 1994.

I legislatura: 1948-1953. Capo del governo è Alcide De Gasperi, che guida i tre governi che si succedono. Come lui, anche Pacciardi e Scelba restano ininterrottamente ministri della Difesa e dell'Interno. Stabili sono anche i tre dicasteri economici, retti per tutta la legislatura da Vanoni e Pella. Restano stabili invece solo dal 1948 al 1952 i ministri Sforza agli Esteri e Gonella alla Pubblica Istruzione. Una legislatura quindi molto stabile: pur cambiando formalmente i governi, nella sostanza si ha una grande continuità di governo.

II legislatura: 1953-1958. Si alternano sei presidenti del consiglio dei ministri (De Gasperi, Pella, Fanfani, Scelba, Segni e Zoli). Stabilissimo è il ministero della Difesa, tenuto da Taviani dal 1953 al 1958. Vanoni resta ai ministeri economici fino alla sua morte nel 1956, mentre Gava è ministro del Tesoro dal 1953 al gennaio 1956. Negli altri ministeri si alternano vecchi e nuovi esponenti della dirigenza democristiana, come Pella, Piccioni, Martino, Fanfani, Gonella, Andreotti o Moro.

III legislatura: 1958-1963.
Fanfani è capo del governo per quasi tutta la legislatura, con la pausa dei governi Segni e Tambroni per poco più di un anno dal febbraio 1959 al luglio 1960. Giustizia e Difesa restano quasi tutta la legislatura nelle mani di Gonella (1958-1962) e Andreotti (1959-1963). Tra i ministeri economici Trabucchi è ininterrottamente alle Finanze dal 1960 al 1963, mentre Taviani si alterna tra Finanze e Tesoro tra il 1959 e il 1962. E' la crisi dei governi monocolore DC o con l'appoggio di PSDI e PRI. Crisi che porterà all'entrata del PSI nel governo nella legislatura successiva (il centro-sinistra degli anni '60).

IV legislatura: 1963-1968.
Dopo il primo governo Leone che dura pochi mesi, Moro è presidente del consiglio nei tre successivi governi dal dicembre 1963 al 1968. Sono i governi di centro-sinistra in cui la DC governa con PSI, PSDI e PRI. Una legislatura di grande stabilità, con Colombo e Gui che guidano ininterrottamente il Tesoro e la Pubblica Istruzione. L'Interno è nelle mani di Taviani in tutti i governi Moro (quindi dal 1963 al 1968), come la Giustizia che negli stessi anni è sempre guidata da Reale. Stabili sono anche la Difesa che è nelle mani di Andreotti fino al 1966 (da lui quindi guidata ininterrottamente dal 1959 se consideriamo anche la legislatura precedente) e il Bilancio che è dato a Pieraccini dal 1964 al 1968.

V legislatura: 1968-1972. Un periodo turbolento cui corrisponde una certa turbolenza governativa. Sono capi del governo Rumor (tre governi dal 1968 al 1970), Leone, Colombo e Andreotti che si vede rifiutata la fiducia costringendo così il presidente della Repubblica Leone a sciogliere le camere e indire elezioni anticipate. Tra i ministeri sono molto stabili l'Interno, guidato da Restivo dal 1968 al 1972 (nell'ultimo breve governo si sposta alla Difesa), il Tesoro, ancora guidato da Colombo, come nella precedente legislatura, eccetto quando questi diventa presidente del consiglio (agosto '70 - febbraio '72) e gli Esteri, a Moro dal 1969 al 1972.

VI legislatura: 1972-1976. A parte il primo governo centrista guidato da Andreotti, i successivi sono guidati ancora da Rumor (1973-1974) e Moro (1974-1976). I ministri si alternano, soprattutto tra i governi Rumor e Moro, con Malfatti che è stabilmente alla Pubblica Istruzione dal 1973 al 1976 e Colombo che è presente negli stessi anni nei ministeri economici. Ai dirigenti più collaudati (Taviani, Giolitti, Anreotti) si affiancano i protagonisti delle successive stagioni politiche, come Forlani, Cossiga e Scalfaro.

VII legislatura: 1976-1979. Una tra le più travagliate della storia repubblicana. In particolare si ricorda il sequestro (e il successivo omicidio di Aldo Moro) in coincidenza con la fiducia del governo Andreotti IV. Andreotti che guida i tre governi della legislatura ininterrottamente. Stabile per tutta la legislatura è anche il ministero degli Esteri, guidato da Forlani. I ministeri economici sono guidati principalmente da Morlino (Bilancio 76-79); Malfatti (Finanze 78-79) e Pandolfi (Tesoro 78-79). Piuttosto stabile la difesa, guidata da Ruffini dal 1977 al 1979. L'interno inizia nelle mani di Cossiga e dopo il caso Moro passa a Rognoni.

VIII legislatura: 1979-1983. Sei governi si alternano condotti da Cossiga (1979-1980), Forlani (1980-1981), Spadolini (1981-1982, primo non-democristiano presidente del consiglio) e Fanfani (1982-1983). Sono gli anni in cui si forma il cosiddetto "pentapartito", ovvero la coalizione di governo DC-PSI-PRI-PSDI-PLI. Rognoni guida il ministero dell'Interno per l'intera legislatura e molto stabili sono gli Esteri, guidato da Colombo dal 1980 al 1983 e la Difesa, al socialista Lagorio nello stesso periodo. I ministeri economici vedono anch'essi una certa stabilità, con Giorgio La Malfa al Bilancio dal 1980 al 1982, Pandolfi che mantiene il Tesoro (ministero che già condusse nella precedente legislatura) dal 1979 al 1980, Reviglio (Finanze 1979-1981) e Andreatta, prima al Bilancio, 1979-1980 e poi al Tesoro, 1980-1982.

IX legislatura: 1983-1987. E' l'epoca di Craxi, primo socialista presidente del consiglio, che guida due governi quasi per l'intera legislatura con la coalizione "pentapartito", DC-PSI-PSDI-PLI. La legislatura è poi chiusa da un governo Fanfani negli ultimi mesi prima delle elezioni anticipate del 1987. Esteri, Interno, Tesoro e Pubblica Istruzione restano per tutta la legislatura (ultimo governo compreso) nelle mani di Andreotti, Scalfaro, Goria e Falcucci. Difesa e Finanze restano a Spadolini e Visentini durante i due governi Craxi (1983-1987).

X legislatura: 1987-1992. Continua l'esperienza di governo del "pentapartito" ma alla stabilità precedente segue l'alternarsi di quattro governi guidati da Goria, De Mita e Andreotti, in carica per tre anni dal 1989 al 1992. Quest'ultimo governa grazie al cosiddetto patto del CAF (Craxi-Andreotti-Forlani) e vede l'uscita del PRI nel 1991. Sono gli anni della fine della cosiddetta Prima Repubblica e vedono un alternarsi nei dicasteri principali degli attori di questa fase della storia italiana. Vassalli e Martelli si alternano alla Giustizia, come Andreotti e De Michelis agli esteri. Si ritrovano ancora alcuni notabili democristiani del passato come Fanfani, Colombo, Rognoni e Misasi, ma a caratterizzare questa fase sono Amato al Tesoro (1987-1989), Cirino Pomicino al Bilancio (1989-1992) e Formica alle Finanze (1989-1992). Si ricordano anche Antonio Gava e Scotti agli Interni.

XI legislatura: 1992-1994. E' l'ultima della Prima Repubblica e vede due governi in due anni. Anche se è una legislatura breve e instabile, Interno, Tesoro e Pubblica Istruzione sono guidati per l'intera legislatura da Mancino, Barucci e Russo Iervolino. E' l'epoca dei governi Amato e Ciampi. In parlamento l'alleanza è la stessa che si aveva alla fine della precedente legislatura, ma le inchieste giudiziarie scardinano tutto e portano alla fine di un'epoca di governi instabilmente stabili.

mercoledì 18 luglio 2012

Guida ai presidenti della Regione Sicilia per giornalisti marziani



Oggi alcuni giornalisti atterrati in Italia dal pianeta Marte si sono accorti che la regione Sicilia ha un deficit enorme e che a questo debito si affianca una gestione sconclusionata dei propri dipendenti (oltre che dei propri conti). I suoi dipendenti sono tantissimi, hanno dei benefits inconcepibili e soprattutto non sembrano essere poi tanto utili allo sviluppo economico dell'isola. Atterrando sulla Terra, si sono accorti che assistenzialismo e clientelismo l'hanno fatta da padrona in Sicilia negli ultimi anni.

A questi giornalisti marziani, mentre intervistano magari Alfano, Casini, Bindi e i tanti politici di estrazione culturale democristiana presenti nell'arco parlamentare voglio porgere l'elenco dei presidenti della Regione Sicilia dal 1947 (anno delle prime elezioni regionali) ad oggi. Per informazione, così da avere ben chiaro cosa significa "tradizione democristiana".

Raffaele Lombardo: 2008-oggi. Classe 1950, nel 1977 è dirigente nazionale del Movimento Giovanile della Democrazia Cristiana. Con la DC è consigliere comunale e assessore nel comune di Catania dal 1986 al 1992 quando diventa consigliere, anzi deputato, nell'assemblea regionale. Nel 1994 deve eclissarsi per qualche problema giudiziario e nel 1998 è vicesegretario del Centro Cristiano Democratico con cui è eletto europarlamentare nel 1999. Nel 2003 poi è presidente della provincia di Catania e nel 2004 nuovamente europarlamentare, ora con l'UDC. Poi litigano e fonda il Movimento per le Autonomie alleato del centrodestra nel 2006 e nel 2008. Nel 2008 è eletto presidente della regione siciliana, alleato di PDL e UDC. Il resto della bagarre è storia odierna.

Salvatore Totò Cuffaro. 2001-2008. Classe 1958, inizia a militare nella Democrazia Cristiana sin da studente. Nel 1980 è eletto consigliere comunale con la DC del suo paese, Raffadali, di cui è capogruppo. La sua carriera nella DC cresce fino alle elezioni regionali del 1991 quando è eletto deputato regionale con quasi 80.000 preferenze. Con la fine della DC entra nel CDU con cui è nuovamente eletto consigliere regionale. Nel 1998 però aderisce all'UDEUR di Mastella ma nel 2000 rientra nel CDU per poi essere tra i fondatori regionali dell'UDC e nel 2001 è eletto governatore della regione Sicilia. Riconfermato nel 2006 è costretto alle dimissioni nel 2008 per la condanna in primo grado per favoreggiamento e rivelazioni di segreto d'ufficio.

Vincenzo Leanza
. 1991-1992 e 2000-2001. E' deputato regionale per la Democrazia Cristiana dal 1976 al 1996, poi con il CDU fino al 2001 e con Forza Italia fino alla sua scomparsa nel 2004.

Angelo Capodicasa. 1998-2000. Esponente del Partito Comunista Italiano, deputato regionale dal 1986 al 2006, prima col PCI e poi con PDS-DS. Prima di lui il solo Salvatore Corallo (PSI) fu presidente proveniente dalla sinistra (nel 1961 per un anno in condizioni straordiarie).

Giuseppe Drago. 1998. Classe 1955, eletto nel 1991 come deputato regionale con il PSI passa al CCD con cui è rieletto nel 1996. Dopo la presidenza della giunta regionale passa per un breve periodo all'UDEUR, è poi eletto deputato nel 2001 e nel 2006 con l'UDC. Nel 2008 è deputato regionale e nazionale con l'UDC ma passa nella maggioranza di centrodestra con il "Popolari per l'Italia di Domani", PID, quelli di Saverio Romano, per capirci.

Giuseppe Provenzano. 1996-1998. Classe 1946, si iscrive in gioventù al PSI e poi, dopo anni di inattività, è capolista per Forza Italia alle elezioni regionali, diventando presidente della regione.

Matteo Graziano. 1995-1996. Deputato regionale con la Democrazia Cristiana dal 1986 al 1996. Con la fine della DC passa prima al PPI, poi a Rinnovamento Italiano (la formazione di Dini) e infine alla Margherita. Aderisce nel 2008 al PD ma nel 2010 passa all'UDC per finire nel 2011 al PID di Saverio Romano.

Francesco Martino. 1993-1995. Esponente del Partito Liberale Italiano, col PLI è deputato regionale dal 1976 al 1996, anno in cui si ritira dalla politica.

Giuseppe Campione
. 1992-1993. Dirigente in gioventù dell'Azione Cattolica è poi dirigente regionale della Democrazia Cristiana, con cui è eletto all'assemblea regionale nel 1981, 1986 e 1991. E' tra i fondatori del PPI regionale.

Rosario Nicolosi
. 1985-1991. Dirigente della CISL e della Democrazia Cristiana regionale con cui è deputato regionale dal 1976 e deputato nazionale nel 1992. Nel 1994 entra nel Partito Popolare Italiano.

Modesto Sardo
. 1984-1985. In gioventù nell'Azione Cattolica è deputato regionale con la Democrazia Cristiana dal 1963 al 1986, quando tentò di diventare senatore senza successo.

Santi Nicita
. 1983-1984. Eletto deputato regionale con la Democrazia Cristiana per la prima volta nel 1971, diventa presidente della regione nel 1983 ma si deve dimettere per uno scandalo l'anno successivo. Nel 1990 è il più votato della DC nella provincia di Siracusa, poi nuovamente deputato regionale con il PSDI nel 1991. Con la fine della DC transita per Cristiano Sociali, Rinnovamento Italiano, Nuova DC e UDEUR (con cui è capolista nel 2006 alla camera dei deputati, senza però essere eletto), per approdare poi nel PD.

Calogero Lo Giudice. 1982-1983. Deputato regionale con la Democrazia Cristiana dal 1971 al 1991, con cui è eletto deputato nazionale nel 1989. Passa poi all'UDC.

Mario D'Acquisto. 1980-1982. Deputato regionale con la Democrazia Cristiana dal 1963 al 1983, quando viene eletto deputato nazionale sempre con la DC, riconfermato nelle due legislature successive. Passa all'UDC. Esce dalla politica attiva, anche se il governo Berlusconi lo nomina presidente di Italia Lavoro Sicilia, carica che mantiene fino al 2009.

Gaetano Giuliano. 1980. Deputato regionale del PSI dal 1971, diventa presidente della regione per alcuni mesi dopo la morte di Piersanti Mattarella.

Piersanti Mattarella
. 1978-1980. Prima attivo nell'Azione Cattolica, è deputato regionale della Democrazia Cristiana dal 1971 fino al 1980 quando, presidente di una giunta di centro sinistra con l'appoggio esterno del PCI, viene ucciso dalla mafia.

Angelo Bonfiglio
. 1974-1978. Esponente della Democrazia Cristiana di Agrigento, è deputato regionale dal 1959. Nel 1983 è eletto deputato per la DC ma non viene rieletto nel 1987.

Vincenzo Giummarra
. 1967 e 1972-1974. Esponente della Democrazia Cristiana di Ragusa, è deputato regionale dal 1955 al 1976. Dal 1979 al 1989 è parlamentare europeo per la DC.


Mario Fasino
. 1969-1972. Esponente dell'Azione Cattolica, è deputato regionale per la Democrazia Cristiana dal 1951 al 1986 con una pausa dal 1981 al 1983 e più volte assessore.

Vincenzo Carollo. 1967-1969. Esponente della Democrazia Cristiana di Palermo è deputato regionale dal 1955 al 1972 quando diventa senatore sempre per la DC, carica che ricopre fino al 1986.

Francesco Coniglio. 1964-1967. Esponente della Democrazia Cristiana di Catania è deputato regionale dal 1955 al 1971.

Giuseppe D'Angelo. 1961-1964. Esponente della Democrazia Cristiana di Enna, è deputato regionale dal 1947 (anno delle prime elezioni regionali) al 1967. Il suo è il primo governo di centro-sinistra di tutta l'Italia, quando questo significava governi in cui partecipavano sia la DC sia il PSI.


Salvatore Corallo
. 1961. Esponente del PSI di Forlì, viene mandato nel 1959 come commissario del partito in Sicilia, eletto deputato regionale guida un governo di transizione. E' poi deputato regionale col PSIUP fino al 1976, quando viene eletto deputato nella circoscrizione di Milano per il PCI e poi senatore in Sicilia.

Bernardo Majorana della Nicchiara
. 1960-1961. Inizia la politica con l'Uomo Qualunque ed è eletto deputato regionale nel 1951 con la lista Liberali-Uomo Qualunque, rieletto con il Partito Nazionale Monarchico e riconfermato nel 1955. Nel 1959 è candidato per l'Unione Siciliana Cristiano Sociale di Milazzo, passa alla Democrazia Cristiana che lo fa eleggere presidente. Passa poi al PLI nel 1963 ma, non venendo rieletto, abbandona la politica.

Silvio Milazzo
. 1958-1960. Esponente della Democrazia Cristiana di Catania, è deputato regionale con la DC dal 1947 al 1959, quando fonda l'Unione Siciliana Cristiano Sociale, USCS, con cui è deputato dal 1959 al 1963. L'operazione UCSC, conosciuta anche come milazzismo, riuscì ad estromettere la DC dal governo regionale, grazie ad un governo sostenuto da tutte le forze politiche regionali. UCSC, PSDI, PLI, PRI, MSI componevano il governo regionale con l'appoggio di PSI e PCI.

Giuseppe La Loggia
. 1956-1958. Sturziano durante il fascismo, è deputato regionale con la Democrazia Cristiana dal 1947 al 1967. E' poi deputato nazionale sempre per la DC dal 1968 al 1983. E' il padre di Enrico La Loggia, esponente di Forza Italia e del PDL.

Giuseppe Alessi. 1947-1949 e 1955-1956. Inizia l'attività politica col Partito Popolare prima del fascismo, nel 1943 è tra i fondatori della Democrazia Cristiana siciliana. Entra nell'assemblea regionale nel 1947 e diventa il primo presidente della regione. Deputato regionale fino al 1963 quando viene eletto senatore sempre per la DC per poi fare il deputato dal 1968 al 1972.

Franco Restivo. 1949-1955. Eletto nel 1946 all'Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana, si dedica alla politica regionale, diventando deputato regionale dal 1947 al 1955 per la DC. E' poi deputato per la DC dal 1958 al 1976, diventando ministro degli interni dal 1968 al 1972 nei governi Leone, Rumor e Colombo.

martedì 17 luglio 2012

Sistemi elettorali sotto l'ombrellone



E' quasi 20 anni che si parla fittamente di modificare il sistema elettorale. Intanto che se ne parla in Italia si è votato con almeno quattro sistemi diversi dal 1987 al 2008: proporzionale con preferenze multiple nel 1987 e con preferenza unica nel 1992; Mattarellum nel 1994, 1996 e 2001 e infine Porcellum nel 2006 e 2008.

Ora non direi che cambiando i sistemi si sia cambiata poi molto la sostanza del contendere. Così lascerei ad amene discussioni da ombrellone il dibattito sui sistemi elettorali che sembra invece tornare molto di moda. Certo è molto affascinante districarsi tra sistemi uninominali, maggioritari, a due turni, all'australiana o alla francese. Ma così, prendiamola un po' come un Sudoku particolare, nulla più. Perché tanto nulla faranno e anche se faranno qualcosa non è da un sistema che si giudica (e si crea) una classe politica.

Infine a chi invoca il maggioritario come sistema per avvicinare elettori a eletti, vorrei domandare: ricordate i nomi di chi avete votate e/o eletto nel 1994, 1996 e 2001 ?

Io (che si sa sono un po' patito ...) ricordo i miei. Ecco i profili di chi si presentò alla Camera l'alleanza "i Progressisti" prima e "l'Ulivo" poi nel collegio Eur-Garbatella dove vivevo all'epoca. Inutile commentarli.

1994 Robeto Villetti, giornalista e poi direttore (dal 1989) dell'Avanti in epoca craxiana candidato in quota "socialisti buoni" (infatti con mani pulite entrò in conflitto con Craxi) con i Progressisti, non fu eletto. Era un collegio difficile, nel 2001 riuscì nell'impresa (sempre col maggioritario) facendosi paracadutare in Toscana.

1996 Andrea Guarino della Lista Dini (la lista Dini era in desistenza, non c'era neanche il candidato "Ulivo), eletto, entra prima nel gruppo parlamentare "Rinnovamento Italiano", passa poi nell'Ulivo e a gennaio 2001, a pochi mesi dalle elezioni perse dal centrosinistra, si trasferisce in Forza Italia.

2001 Riccardo Milana, in quota Margherita e in particolare persona molto vicina a Rutelli che, ricordiamolo, era sindaco di Roma all'epoca e, costretto a dimettersi, era il candidato premier per il centrosinistra. Anche se l'Ulivo perse le elezioni, fu eletto. Di lui noi semplici elettori niente sapevamo prima e niente sapemmo dopo. O meglio trova posto nel listone del porcellum nel 2006 sempre alla Camera e poi nel 2008 passa al Senato tra le liste del Partito Democratico. Resta con Rutelli e quindi lascia il PD per aderire all'API.

Quindi divertiamoci sotto l'ombrellone a disquisire delle virtù che un sistema o l'altro introdurrebbe magicamente. Poi però ripensiamo a parlare della ciccia e di chi è stato votato, con un sistema o con l'altro.

domenica 15 luglio 2012

Sacralità anni '70



A prescindere dal merito delle questioni che hanno fatto nascere la polemica intorno all'assemblea estiva del PD, il punto più "agghiacciante" sono le motivazioni, e in particolare quella che ha bloccato ogni dibattito sulle primarie che recita: "la relazione di Bersani delinea un percorso ben definito che si occupa anche delle primarie per la premiership. L'odg delinea un percorso un po' diverso e quindi è precluso."

Sembra di vedere un film degli anni '70, con una lunga relazione del segretario del comitato centrale (di PCI, PCUS, PCF, PCC o chi vi viene in mente), omnicomprensiva, una sorta di omelia del comunismo, dove si concretizza la sacralità di chi dirige il popolo attraverso il suo partito.

Un mondo parallelo in cui vivono, rivivendo la propria giovinezza che fu, grigi burocrati, fedeli amministratori locali, dirigenti bolliti, giovani vecchi che vorrebbero rimettere indietro di 40 anni le lancette dell'orologio, nei riti come nei contenuti. Fuori dal tempo al pari del loro avversario che dopo 18 anni continua imperterrito a candidarsi.

Ma forse sono il giusto specchio di una società che ha paura del futuro, ha paura di mettersi in gioco con il mondo, mitizza un passato che mitico non fu e pensa di potersi così rituffare in una società dove il pubblico impiego sostituisce gli ammortizzatori sociali, dove qualcosa si avrà comunque aspettando. La mitizzazione del modello Andreotti-Forlani-Cirino Pomicino.

Una società che poi non si deve lamentare se nessuno vuole investire in lei (e che non sa o fa finta di non sapere che quei soldi prestati dai tanto vituperati mercati servono proprio per quello stato sociale che gli vogliono contrapporre): ma voi glieli prestereste 100 euro a questi dirigenti e ad una popolazione che li continua a votare?

sabato 14 luglio 2012

Un ceffone al 5x1000



"Solo uno schiaffone", dichiara il leader dei fascisti del terzo millennio, con quella strafottenza tipica dei fascisti del millennio scorso e di tutti i millenni passati e futuri.

E come tutti i fascisti picchia i giornalisti, e più in generale chi esprime liberamente la propria opinione. Oggi è toccato al giornalista Filippo Rossi direttore de "Il Futurista" (e così ancor più beffardo è definire il proprio pestaggio come "marinettiano"). E domani?

Uno schiaffone anche al 5x1000 cui i fascisti del terzo millennio usufruiscono, visto che si mascherano da opera di bene. L'avevo detto a dicembre, provo a ripeterlo, sperando che almeno questo schiaffone possa far capire a chi di dovere che fascisti sono e non opere di bene.

Andrebbero chiusi, non sovvenzionati.

L'Europa vista dal parabrezza



Robert Byron (un cognome importante, soprattutto quando si va in Grecia) parte nell'agosto del 1925 da Londra in direzione Atene con i suoi amici Simon e David a bordo di Diana, un'automobile che epicamente raggiunge la Grecia passando per Berlino, Norimberga, il Brennero, Verona, Roma, Brindisi, Patrasso e infine Atene.

Una visione dell'Europa in un momento cruciale della sua storia, compressa tra due guerre mondiali, già colpita dal fascismo (cui non lesina critiche, seppur dal punto di vista di un inglese dell'epoca) e che presto riceverà la mazzata del nazismo - e con questo sembrano stonare i proto-hippies "Wandervogel" che incontrano ripetutamente sul loro tragitto.

Dal parabrezza non si vede chiaramente la tragedia che arriverà ben presto, ma si può vedere ancor più lontano nel tempo: "Mentre mi chinavo in avanti per scaldarmi le mani al calore del fuoco, provai un nuovo orgoglio di razza, l'orgoglio di essere, oltre che inglese, europeo", è infatti l'ultimo pensiero di Byron.

p.s. devo ringraziare Ottavio che mi ha fatto conoscere questo bel libro commentando le "Cronache dalla Corea". Ottavio che ringrazio anche per il paragone, che non può che farmi piacere vista la gradevolezza del libro di Byron.

sabato 7 luglio 2012

Spese e federalismo



Quando si dice di tagliare gli sprechi (espressione vaga) sono tutti d'accordo. Quando poi un governo prova a rivedere la propria spesa (questo dovrebbe significare spending review) ecco che tutti insorgono.
"E' una finanziaria" dicono alcuni, "non possono esserci solo tagli" gridano altri.
Qui non si può, qui non si può ... si rincorrono a destra e a sinistra.

Come quando fu per le liberalizzazioni. Se si dice che si vuole ridurre la spesa è ovvio che si riduce la spesa. E se nel comparto X si pensa che si spendono dei soldi inutilmente è ovvio che il risultato è che per il comparto X ci saranno meno soldi. Questo magari non tagliando servizi ma sprechi. Che significa avere dipendenti inutilmente o avere costi spropositati. Non ci fidiamo di chi poi dovrà attuare questi tagli? Allora tanto vale suicidarsi e farla finita.

Un caso particolare è poi quello della sanità, dove di sprechi e tagli si parla sempre in modo schizofrenico: tutti a dire che nella sanità ci sono degli sprechi enormi (che fanno rima con corruzione, per dirla chiaramente) ma poi quando si decide che si vogliono risparmiare i soldi ecco che si dimenticano.

E soprattutto la sanità non era federale? E allora cosa significa il federalismo? Che lo stato centrale mette i soldi al buio e le regioni li governano come vogliono? Qui bisognerebbe capire che o una cosa è regionale e quindi lo stato non se ne occupa (ma non la finanzia) oppure è centralizzata, e allora è il governo centrale ad occuparsene.

Mi fa tornare in mente quanto disse alcuni giorni fa a proposito degli eurobond il ministro degli esteri tedesco: "noi siamo uno stato federale, non ripianiamo i debiti delle nostre regioni".
Allora, l'Italia è centralista o federalista?
A me pare che la moda di cercare un "altro" che sia sempre responsabile di non mettere tutto a posto quando gli sarebbe facile è il cancro maggiore dell'Italia.

Risultati e responsabilità, altrimenti resteremo sempre al "Francia o Spagna purché se magna".

Diffusione su Pure and Applied Chemistry



Nel turbinio di articoli mandati, rapporti dei referees, proofs e affini, mi sa che mi sono dimenticato di segnalarvi questo articoletto sui nostri amici lantanoidi e attinoidi, dove ci interessiamo di diffusione e entalpia di idratazione, Lanthanoids(III) and actinoids(III) in water: Diffusion coefficients and hydration enthalpies from polarizable molecular dynamics simulations.

E' uscito su Pure and Applied Chemistry, la rivista della IUPAC (la International Union of Pure and Applied Chemistry), in una special issue dedicata alla conferenza internazionale di chimica in soluzione dove sono andato l'anno scorso a fine agosto.

Di che parla? Si discute del comportamento dei coefficienti di diffusione di questi curiosi ioni molto carichi in acqua e di come ciò sia legato all'entalpia di idratazione. E soprattutto mostriamo come simulazioni ed esperimenti siano in accordo, cosa che valida entrambi. I più curiosi (con l'abbonamento) possono leggerlo qui.

venerdì 6 luglio 2012

7° articolo del 2012



Non ricordo più dove ero rimasto, ma qualche giorno fa è stato accettato l'ultimo articolo dell'anno (il settimo): Collision Induced Dissociation of Doubly-charged Ions: Coulomb Explosion vs Neutral Loss in [Ca(urea)]2+ Gas Phase Unimolecular Reactivity via Chemical Dynamics Simulations.. Un lavoro fatto in collaborazione con A.Cimas (Università di Porto), K.Song (KNUE, dove sono andato a settembre), W.L.Hase (Texas Tech, dove sono stato nel 2008 e 2009) e ovviamente Marie-Pierre e Jean-Yves di Evry.
Uscirà presto spero su Phys. Chem. Chem. Phys.

Di che parla, se il titolo non vi dice molto di più)? Dunque in pratica abbiamo visto come dando dell'energia (non troppa ma abbastanza) ad uno ione molecolare in fase gassosa questo si scassa. Che tipo di meccanismi avvengono e come questi sono collegati ai due tipi principali di prodotti. Infatti siccome lo ione è carico 2+, si possono avere due situazioni:

1) si frammenta in due ioni carichi 1+. E' quella che si chiama esplosione coulombiana. In pratica gli atomi si muovono e la carica si separa, così da avere una carica positiva su due pezzi della molecola, cosa chiaramente instabile.

2) si perde una molecola neutra e resta ancora uno ione 2+.

Il tutto vedendo i vari "limiti dinamici", ovvero fenomeni che avvengono su una scala dei tempi breve, poi quelli in cui il sistema deve avere il tempo di redistribuire l'energia (ma non troppo) e poi i limiti statistici dove la distribuzione è totale.

Maggiori dettagli su PCCP, è già disponibile il manoscritto (per chi ha l'accesso ovviamente). O se avete voglia di dare solo un'occhiata si possono giusto vedere i filmini (1, 2, 3, 4).

mercoledì 4 luglio 2012

Il cambiamento in salsa Hollande



Il cambiamento è ora(“Le changement c’est maintenant”). Così recitava lo slogan con cui François Hollande ha condotto vittoriosamente la campagna elettorale nelle scorse elezioni presidenziali francesi. È diventato così il secondo socialista presidente della V Repubblica francese dopo François Mitterrand, vincitore nel 1981.

Cambiamento per questo? Certo, in un’ottica di alternanza normale, senza isterismi. In Francia il presidente della repubblica era di destra da ben diciassette anni: prima Chirac (1995-2007) e poi Sarkozy (2007-2012) avevano mantenuto l’Eliseo stretto nelle mani dell’area neo-gaullista, con tutte le differenze politiche tra i due presidenti, ovviamente. Ma ricorderemo che in questa lunga epoca di presidenti gaullisti c’è stato un quinquennio in cui il governo era socialista, il famoso governo Jospin (1997-2002), che alcuni ricorderanno per l’introduzione delle 35 ore lavorative, di cui tanto si parlò in Italia all’epoca del primo governo Prodi.

(continua su iMille)

domenica 1 luglio 2012

Lavoro e Pavlov



Purtroppo in Italia appena si tocca la legislazione sul lavoro scatta un riflesso pavloviano. E insospettabili in preda ad una specie di delirio arrivano anche con disinvoltura ad invocare le BR a proposito delle dichiarazioni e delle azioni del ministro Fornero. Cosa che purtroppo non è lontana dalla realtà anche nella storia recente. D’Antona, Biagi a quello stavano lavorando, Ichino è nel loro mirino da anni, eppure sono tutte persone di “sinistra” (Ichino addirittura è stato in passato senatore del PCI, i famosi “senatori indipendenti”, una tradizione che si annovera tra le cose positive dell’eredità comuniste che sono andate perse).

Ma tutti noi, tutti quanti si pensano "progressisti", facciamo bene a non lesinare sforzi per mettere la discussione su un tono “pacato”, ovvero un tono civile e democratico. E questo sarebbe auspicabile non solo qui, ma ovunque nella società. I deliri generano mostri, l’abbiamo già visto tante volte, ma evidentemente non si ha sempre il necessario distacco della ragione. E i mostri sono i maggiori nemici del progresso sociale ed economico.

E quindi non scoraggiamoci, anche se ci sembra troppo difficile invocare il “polisenso” di una parola così importante come “diritto”, come fa bene Matteo Rizzoli in un recente articolo su iMille. La semplificazione è la strada dell’assolutismo, di qualsiasi origine.

Anni 20, 50 o 70 ?



"Una parte del ceto economico e del ceto intellettuale non accetta la democrazia dei partiti. Nel loro dna c'è l'elitismo e il qualunquismo antiparlamentare"

Quando è stata pronunciata questa frase? Negli anni 20 ? Negli anni 50 ? Negli anni 70 ?

No, oggi, 1° luglio 2012, da un certo Massimo D'Alema in una intervista al Corriere. E poi uno dice che il PD è perduto. Non perché è sempre lui (tutto sommato cerca, per quanto quasi costretto a forza, di fare il "padre nobile"), ma per quello che dice. E perché temo molti, anche giovani, la pensino ancora in questo modo. Altro che progressisti del 2000, qui siamo ancora in pieno novecento.