venerdì 28 gennaio 2011

Er profeta

La blogosfera spesso è utile per pescare dal passato messaggi profetici.
Tipo questo:

Mentre ch’er ber paese se sprofonna
tra frane, teremoti, innondazzioni
mentre che so’ finiti li mijioni
pe turà un deficì de la Madonna
Mentre scole e musei cadeno a pezzi
e l’atenei nun c’hanno più quadrini
pe’ la ricerca, e i cervelli ppiù fini
vanno in artre nazzioni a cercà i mezzi

Mentre li fessi pagheno le tasse
e se rubba e se imbrojia a tutto spiano
e le pensioni so’ sempre ppiù basse

Una luce s’è accesa nella notte.
Dormi tranquillo popolo itajiano
A noi ce sarveranno le mignotte.

Giuseppe Gioacchino Belli (1791 – 1863)

P.S. E' oramai accertato trattasi di uno scritto apocrifo di epoca moderna. Una bella "pasquinata" in ogni caso, tutto secondo lo spirito del tempo, anche il farlo credere del Belli.

giovedì 20 gennaio 2011

Lettera di un papà dubbioso

Un papà italiano, leggendo l'articolo di Ostellino di mercoledì, non capendo alcuni passaggi, gli pone alcune domande. Eccola.

Egregio Ostellino, sono un papà che sta cercando di educare al meglio la propria figlia. Ho letto il suo editoriale e sto provando a spiegarlo in maniera più facile alla mia bambina.
Lei usa certi paroloni che magari ai più giovani risultano difficili. Vediamo se ho capito bene. Lei scrive:

Una donna che sia consapevole di essere seduta sulla propria fortuna e ne faccia - diciamo così - partecipe chi può concretarla non è automaticamente una prostituta.

Ecco, questa frase a mia figlia la spiego cosÌ: allora, bambina mia, hai visto che sei tra le più carine della classe e hai un culo che anche i grandi si voltano a guardarlo? Bene, allora sappi che con quel culo puoi fare successo. L'importante - diciamo così - è che tu lo dia alle persone giuste. Non a tutti, ma solo a chi può davvero poi fare qualcosa per te.

Non aver paura di cosa diranno le tue compagne di classe invidiose, non sarai automaticamente una mignotta. Ho capito bene, Ostellino?

E ancora:

Il mondo è pieno di ragazze che si concedono al professore per goderne l'indulgenza all'esame o al capo ufficio per fare carriera.


Sul farsi sbattere dal capo ufficio per far carriera non c'è problema, glielo ho spiegato e ha capito al volo. Però alcune frasi tipo "Concedersi per goderne l'indulgenza" risultano ancora ostiche. Mi aiuti, la prego: io l'ho spiegato a mia figlia dicendo che non c'è problema a farsi scopare dal professore per passare gli esami; ho riassunto bene? Però non ho ben capito dall'articolo se parliamo dell'esame di maturità o se ci immaginiamo mia figlia già all'università. Veda, adesso frequenta la secondaria, le medie di una volta, però a fine anno avrà già un esame. Ha tredici anni, le dico che può iniziare subito a seguire i suoi consigli? O è meglio che inizi prima a fare un po' di esperienza con i compagni di scuola? Sa, è ancora giovane e non sia mai me la bocciano per un pompino mal fatto! E i professori in questo caso sono più d'uno! Cosa le devo suggerire: amplessi separati o orgia? Ostellino, mi può illuminare? Lei a sua figlia cosa ha consigliato?
Resto in attesa di suoi consigli più precisi e nel frattempo ringrazio lei e il Corriere della Sera per il bell'articolo che aiuterà senz'altro molti genitori a spiegare alle proprie figlie la differenza tra "fare uso del proprio corpo per ottenere una promozione o godere indulgenza all'esame" (cosa normalissima e leggittima), e prostituirsi (cosa illeggitima). Si figuri che noi ottusi questa differenza non l'avevamo ancora notata.

Grazie ancora, Cordiali saluti

sabato 15 gennaio 2011

A, B, C ... una storia semplice

Il paese A era uno stato molto ricco, dove si producevano tantissimi prodotti e tutti li compravano, vivendo felici. "Più felici saremmo se potessimo comprare dei prodotti a dei prezzi più bassi", si dicevano in molti.

"Se potessi abbassare il prezzo del mio prodotto X, ne venderei molto di più e la popolazione sarebbe molto più felice", si disse un giorno il giovane produttore di X. Un giorno, pensando e ripensando, si accorse che che X lo si poteva anche fare nel paese B, ad un costo molto minore. Certo, fino a poco prima nel paese B non lo si poteva produrre per tanti motivi: guerre, instabilità politica, governi troppo corrotti e infine perché poi bisognava portarlo da A a B. Ad un certo punto però tutti questi problemi finirono e anche mettendoci il costo del trasporto, l'oggetto X si poteva produrre nel paese B e vendere nel paese A ad un prezzo molto più basso. Allora così fece quel giovane produttore. Chi lavorava alla produzione di X si trovò senza lavoro, ma c'erano tanti altri oggetti analoghi (come volume di lavoro) e quindi si "assorbì" la mancanza di produzione di X producendo quegli altri oggetti, unici al mondo.

"Non è un problema facciamo tanti prodotti che non si potranno mai fare a B" dicevano i cittadini del paese A. Nel frattempo, il prodotto X prodotto nel paese B lo si comincò a vendere un po' anche nello stesso paese B. Ma solo i cittadini più ricchi di B, ed erano pochi, se lo potevano permettere.

Poi un giorno anche il produttore di Y si accorse che poteva fare il suo prodotto nel paese B. Poi fu la volta del produttore di Z. Man mano che nel paese B si producevano sempre più prodotti per il paese A anche il numero di persone di B che si potevano permettere quei prodotti aumentava.

I prezzi diminuivano nel paese A e tutti erano contenti. Alcuni perdevano il lavoro, ma venivano gestiti in un modo o nell'altro, riassorbiti dalla produzione degli altri oggetti, riconvertiti nella gestione della vendita e promozione degli oggetti prodotti nel paese B.

Così anno dopo anno sempre più oggetti venivano prodotti nel paese B. E piano piano anche la gestione delle vendite e della promozione degli oggetti iniziò a farsi sempre più importante nel paese B. Perché, abbiamo dimenticato di dirlo, il paese B aveva una popolazione 10 volte superiore a quella del paese A. E ben presto gli affari che derivavano dalla vendita degli oggetti un tempo fatti solo nel paese A furono maggiori nel paese B che nel paese A di origine. Sempre meno si vendeva in A, dove il mercato diminuiva, insieme alla sua popolazione e alla sua ricchezza.

Finché un giorno ci si accorse che rimaneva solamente il prodotto ALEPH. Un prodotto che era il vanto nazionale del paese A. "Solo noi sappiamo farlo", "la nostra abilità nel produrre ALEPH è inimitabile". "Venderemo ALEPH agli abitanti di B che non potranno fare a meno di noi". "La nuova versione di ALEPH è superiore alle precedenti, tutto il mondo ne avrà bisogno, il nostro paese sarà sempre il migliore".

Un giorno, quello stesso primo produttore che si era spostato nel paese B, e che intanto era diventata un'azienda a tutti gli effetti del paese B (dove anzi era considerato una sorta di eroe nazionale), si guardò intorno, andò dal primo ministro del paese B e gli disse: "abbiamo bisogno dell'ALEPH che producono nel paese A? Perché non ci mettiamo noi a fare BETA, la grande innovazione del secolo?". Il primo ministro si fidava molto di quel produttore, lo venerava perché grazie a lui il suo paese, dove prima regnavano solo povertà e guerra, era ora diventato uno dei paesi più prosperi del pianeta.

E così fu. BETA fu il prodotto del secolo, tutti i paesi del mondo lo volevano, e nessuno più comprò ALEPH. Il paese A cadde in disgrazia (tanto che nessuno si ricordò più perché si chiamava A) e per anni vi regnarono solamente guerre e povertà.

Il paese B era prospero, produceva tanti prodotti e i suoi abitanti li compravano in abbondanza, contenti di non doverli più comprare da quegli spocchiosi del paese A. Certo i prezzi erano calati da quelli dell'inizio, però "ah, se quel prodotto Y si potesse comprare ad un prezzo minore", pensavano in molti.

Così un giorno il giovane produttore di Y si guardò intorno nel mondo e si disse: "ma guarda il paese C. Fino a qualche tempo fa c'erano solo guerre e miseria, ora invece sta migliorando. Anche se mi costerà un po' di più fare Y nel paese C, risparmierò molto sulla produzione e tutti vorranno comprare Y nel mio bel paese B a dei prezzi più bassi."

E così fu, e iniziò la produzione di Y nel paese C, un prodotto indistinguibile da quello che si faceva nel paese B (e indistinguibile da quello che si faceva nel paese A, ma quello era tanto tempo prima e solo pochi vecchi potevano ricordarselo), e tutti erano contenti nel paese B ...


p.s. è più lineare del mondo dove stati e prodotti hanno nomi e dove tante cose intorno accadono. Ma è un po' come quella storia del punto materiale sul piano inclinato senza attrito ...

martedì 11 gennaio 2011

Tunisia, Italia?

Su la Repubblica cartacea di oggi, che ho potuto leggere integralmente sul treno che mi ha riportato da Amsterdam a Parigi questa mattina, c'era una pagina dedicata a quanto succede in Tunisia.
In uno dei due articoli alcuni "giovani" locali parlano con il giornalista italiano. "Lavoro? Manco a parlarne. E comunque niente che abbia a che fare con ciò che ho studiato", dichiara un "laureato col massimo dei voti già da due anni". E prosegue che "ci vogliono conoscenze" per trovare qualche lavoro stagionale in un ristorante o in un albergo. "Prospettive? Non ce ne sono".
Un altro interviene dichiarando come vanno le cose in Tunisia (solamente?): "Negare l'evidenza, nascondere i problemi sotto il tappeto, fingere che tutto vada bene. Protestare è un atto terroristico ...".

E' in Tunisia, ma attraversando il Canale di Sicilia non che sia poi molto diverso. La Tunisia è entrata in Italia o l'Italia in Tunisia?