mercoledì 31 marzo 2010

Note Elettorali

Il PD ha perso e di brutto. Questo è quello che penso di queste elezioni. Non credo (né ho qui tempo di farlo) che ci sia bisogno di riportare i tanti dati che scorrono. Chi non lo ammette fa un’opera di disonestà intellettuale.

Il centrosinistra, e ancor peggio il PD, per come è pensato è strutturalmente un comitato elettorale per le elezioni. Lo ha affermato il suo vice-segretario. Perché ora non si fa altro che pensare (dal basso all’alto) alle “alleanze” del 2013 e non alla politica che vuole fare. E’ questa la vera specularità rispetto al PdL.
Di fatto l’unico “partito” che fa politica è la lega. Tutto il resto è tatticismo esasperato, inutile, e che dovrebbe interessare poco.

E ora? Fare la guerra nel PD? Guardarci l’ombelico per i prossimi tre anni è sicuramente la più facile strada per la sconfitta perenne.
Non vorrei più sentire parlare di “congressi”, perché prima vorrei capire “per cosa”. Qual è il senso del PD? ha ancora un senso questa accozzaglia di vecchi perdenti? Fare un contenitore per contrastare qualcuno o qualcosa nel 2013? Ma per fare cosa? Gli elettori sono molto più intelligenti di quanto gli esperti (di sconfitte) dei caminetti del PD dicano spocchiosamente oramai da 15 anni. Questo congresso, per chiudere, penso che sia stata la più grande occasione mancata del PD. Si sono distribuite cariche e assegnate quote nelle spartizioni di sottogoverni (quelli che restano) e candidature e non si è riflettuto del senso di un partito riformista in Italia oggi.

E quindi? Che dovremmo fare dentro questo PD? Molti stanno già dicendo: ripartire dal territorio.
Lo stare sul territorio, una frase “di moda”. Vuol dire avere militanti, certo. E la sinistra ne ha sempre avuti storicamente. Solo che mentre tanti si smazzavano “sul campo” il tempo passava e molti militanti sono tornati a casa perché si sono rotti le balle di portare l'acqua agli stessi di sempre.
Lo "stare sul territorio" della Lega non è solo aprire i banchetti, quello lo fa anche il PD, non è solo stare nelle strade, nelle scuole, nelle fabbriche, ma anche (e soprattutto) far venire "dal territorio" i suoi dirigenti.
Dove stanno oggi i leghisti della prima ora? quelli degli anni 90, intendo. Speroni, Pagliarini, Ghigo, il sindaco di Milano, Gnutti etc ... solo il grande capo Bossi e il suo braccio destro Maroni resistono della lega storica. Gli altri "vengono dal territorio", e rinnovano naturalmente il partito che presenta sempre volti nuovi, giovani e dinamici. Che facevano 15 anni fa Cota, Zaia e tanti altri meno noti? Tant'è che Castelli (uno quasi storico) è stato trombato (e in primis da dentro, manco l'hanno ri-fatto ministro e gli hanno appioppato la patata bollente di Lecco .. oramai sopravvive solo nella naftalina di Santoro, forse).
Noi invece alla fine degli anni 90 (anche prima nei fatidici settori giovanili) avevamo: Veltroni, D'Alema, Bersani, Bindi, Bassolino, Fassino .... continuo?
Certo che 15 anni appresso a gente che poi non fa altro che collezionare sconfitte, politiche e numeriche, disaffeziona, mi pare naturale.

Ecco, due note, solo alcune riflessioni da cui partire. Non vorrei che si agisse d’impulso a questo risultato tanto brutto quanto da aspettarsi. E’ difficile in questi momenti sprecarsi per questo PD. Ma siccome il PD non esiste come partito, forse è l’occasione buona per spendersi direttamente per la società italiana ed europea.

sabato 13 marzo 2010

Le regole sono regole ...

In genere è un motto delle destre, di chi difende lo status quo.

O di chi vuole massimo rigore contro i cosiddetti clandestini.

Come viene fatto notare bene qui.

Il collegamento con l'assurdità di una piattaforma politica che ha come base il "rispetto delle regole" secondo me è flagrante. Sempre che si voglia fare politica progressista e di sinistra.

L'opposizione delle carte bollate

E così tutta l’opposizione ha trovato il modo di manifestare insieme. Non accadeva da molto tempo che PD, IdV e tutte le altre formazioni politiche polverizzate dal voto del 2008 si ritrovassero insieme su una piattaforma comune. Se ci pensiamo è l’Ulivo in piazza.

Che le opposizioni si ritrovino insieme è sempre un bene. Purtroppo, come sempre, l’unica piattaforma comune in cui ci si riesce a ritrovare è nella contestazione dei “comportamenti” di Berlusconi. Opporsi alle azioni del governo sui temi economici, sociali, ambientali, di gestione del territorio sarebbe forse stato meglio.
La manifestazione contro il “decreto truffa” è indetta dal PD “per protestare contro l’arroganza del Governo, ma soprattutto per far conoscere con forza le nostre proposte: i problemi del Paese devono essere al centro del confronto elettorale”, come finisce l’appello del segretario.

Traspare, inevitabilmente, in questa frase un certo imbarazzo nei vertici del PD. La manifestazione infatti è stata indetta, una settimana fa, sull’onda dell’emozione del decreto che avrebbe dovuto far riammettere Formigoni in Lombardia e la lista PdL nel Lazio. Il decreto, come abbiamo detto, era soprattutto una “polpetta avvelenata” verso i giudici del TAR, era un tentativo (goffo possiamo dire a posteriori visto il suo effetto) di fare pressione sui giudici. Si voleva “suggerire” ai giudici come decidere, per parafrasare il ministro Maroni. Un governo e una maggioranza in genere non suggeriscono sentenze poiché, avendo il potere, hanno la possibilità prima di stabilire le regole. Sono in una situazione di forza e di governo mentre paradossalmente questa destra sembra sempre come se fosse sempre attaccata.
Opporsi a quel tipo di azioni del governo era sacrosanto. Le notti e i giorni successivi hanno visto manifestazioni spontanee e meno spontanee dove erano presenti movimenti e partiti politici. Dove il PD era presente. E’ nata d’istinto (e d’astuzia) la richiesta di una grande manifestazione nazionale, richiesta che sembrava naturale. Una manifestazione perché si pensava che i TAR avrebbero usato il “decreto truffa”. E invece il lunedì i due TAR hanno sentenziato indipendentemente dal decreto. Si è stati, involontariamente, i primi nel non avere fiducia nei giudici, nel pensare che i giudici sono influenzati dal governo.
Se si fosse aspettato il fine settimana per indire la manifestazione, ora non saremmo nella situazione “paradossale” e rabberciata di oggi.

Perché “paradossale”? Perché la manifestazione era stata indetta contro un’azione del governo che non c’è stata nei fatti perché non ha avuto alcun effetto. E allora per cosa si manifesta? Per la sentenza dei giudici che non hanno “usato” il decreto? Per delle elezioni “falsate”? Perché, e qui vorrei chiarire un punto, le elezioni nel Lazio sono falsate. Per almeno due motivi. Il primo, che pochi fanno notare, deriva dal fatto che il PdL (come tutti i partiti, il PD in primis) usa le liste (soprattutto quando si vota con le preferenze) per inserire i “portatori di voti”, ovvero coloro i quali hanno “clientele” che non votano un partito o un candidato governatore in base ai programmi ma per convenienze. Il PD scende in piazza per denunciare questo? No, sarebbe ipocrita. Non una manifestazione servirebbe per questo ma una seria azione di onestà. Azione che si sarebbe dovuta fare quando si compilavano, con o senza primarie, liste e candidature. Alla fine, ci sarà un’elezione in cui si avrà un po’ più di voto clientelare da una parte e un po’ meno da un’altra. Proprio una vittoria della democrazia. Una vittoria dell’ipocrisia, piuttosto.

Il secondo motivo per cui le elezioni sono ora falsate, è perché questo “caos”, nato nel PdL e alimentato ora anche dal PD, distoglie l’attenzione dei cittadini e polarizza il voto nel solito plebiscito pro o contro Berlusconi. Berlusconi che ora ha pure la possibilità di ergersi a vittima e martire della democrazia e della libertà, operazione che gli riesce benissimo. Ci lamentiamo del suo controllo, diretto e indiretto, sull’informazione, ci lamentiamo di come manipoli l’attenzione dell’opinione pubblica e poi cadiamo nel tranello che tende all’opposizione e all’Italia da quindici anni.

Cosa ha fatto il PD per evitare che tutto si tramutasse in un inutile, sterile e controproducente plebiscito contro Berlusconi? E’ passato da una prima fase (prima del decreto) di silenzio alla fase attuale di fermezza e di protesta. Una protesta anche imbarazzata perché non sa più per cosa veramente si dovrebbe protestare. Nel silenzio iniziale si poteva forse scorgere un tentativo di cercare quella "soluzione politica" auspicata da molti. Soluzione politica che, chiaramente, non volevano i "chiassosi" ovviamente, che sono quelli che hanno più facilmente accesso alla "comunicazione", chi usa parole semplici (complotto, golpe, sopruso) e chi controlla i mezzi di comunicazione. Partita la solita gazzarra il PD è andato, come al solito, a ruota. Un partito, rispetto ad un movimento, dovrebbe avere la funzione di fusibile verso le prime, sacrosante, indignazioni e lavorare per una composizione organica di proteste e proposte.

Purtroppo è stato sbagliato il percorso per individuare la soluzione fin dall’inizio, da parte di chi non ha ammesso le proprie colpe e da parte di chi non è riuscito ad aiutare chi aveva commesso un errore a trovare una via di uscita accettabile. Ma la “politica” è irrealizzabile fintanto che non solo la dirigenza di destra, ma anche quella di sinistra, sarà quella che è. Sembra che si scopra oggi che Berlusconi controlla l’informazione, forza le regole democratiche, non ha alcun rispetto di chi non fa quello che vuole. Gira in questi giorni lo slogan "Io non gioco coi bari" : come se avessero scoperto ora il valore dell'avversario. 
Si va in piazza con le stesse parole d’ordine delle manifestazioni del 1994.

Con l’aggravante che si alimenta una situazione paradossale: si organizza una manifestazione che nasce contro un decreto ma anche per parlare dei problemi reali, ma anche per difendere la Costituzione.
Alla fine quello che resta è un’opposizione delle carte bollate, il cui risultato è quello di non far scontare nulla agli inetti e prepotenti del governo, ma consente loro una campagna vittimistica, seppellendo contenuti, programmi, politica.

Una sinistra la cui azione politica è schiacciata sulla difesa delle normative è una sinistra triste che si taglia le ali. Proprio di questi giorni è la notizia di una sentenza della Cassazione che sancisce che “l'esigenza di garantire la tutela della legalità alle frontiere prevale sulle esigenze di tutela del diritto allo studio dei minori.”

Una sinistra che fa politica va in piazza contro queste leggi e queste sentenze. Quando difendiamo le leggi, infatti, dovremmo ricordarci che quello che si deve difendere, quello che i princìpi democratici devono difendere, non sono le norme in sé, ma i princìpi che hanno generato le norme.

E in piazza si scende per ricordare gli scempi nell’economia, nella convivenza civile, nella formazione, nel futuro che sta facendo questa classe dirigente e questo governo, non per aiutare l’oscurantismo mediatico che si genera quando si manifesta contro un decreto che si è dimostrato non avere alcun effetto.
Il “paese reale”, che subisce quotidianamente l’operato del governo e che è stato cancellato nella campagna elettorale dalla lunga, estenuante e prolungata polemica su liste e listini, è quello che perde una giornata di stipendio scioperando o quello che urla contro un sopruso che poi non c’è stato?

giovedì 11 marzo 2010

Manifestare contro i giudici?

E' di oggi la notizia di una sentenza della Cassazione che sancisce che l'esigenza di garantire la tutela della legalità alle frontiere prevale sulle esigenze di tutela del diritto allo studio dei minori.
Considero un principio repubblicano quello per il quale l'educazione dei minori è la fonte della cittadinanza, perché è l'istruzione che forma i cittadini e la cultura. Non il sangue né il censo né la religione.

Stasera preferirei andare in piazza contro le leggi che provengono da una politica nazionalista e anti-democratica. Una cultura che vuole "proteggere" la cittadella.

Quando difendiamo le leggi dovremmo ricordarci che quello che si deve difendere, quello che i principi democratici devono difendere, non sono le norme in sé, ma i principi che difendono le norme. E per questi principi, oggi, manifesto la mia avversione a queste norme e alla loro applicazione.

Oggi vorrei vedere denunciare la legge e la sua applicazione.
Quando si difendono norme in quanto tali e in quanto inviolabili, dimenticando il senso di quelle norme, quando si manifesta per il sacro rispetto delle leggi, si puo' poi con altrettanta serietà manifestare contro norme (e applicazioni di norme) ingiuste?

domenica 7 marzo 2010

Decretino

Come non ci si poteva non aspettare, il governo del “fare” ha fatto. Come capita sempre, il governo è tempestivo a fare le cose che lo riguardano da vicino, per il presidente del consiglio, o per le sue aziende, o per aiutare i suoi fedelissimi.

Che Berlusconi sarebbe intervenuto per soccorrere i suoi non penso fosse un mistero per nessuno, ci si domandava solo “come e quando”. Perché chi è “fedele al capo” non può mai essere abbandonato. Qualsiasi cosa faccia, troverà sempre un aiuto. Reati, leggerezze, evasioni fiscali. Questo vale per i suoi uomini e, per traslazione, per i suoi fans ed elettori. Il più grande messaggio elettorale, che passa in maniera subliminale ma non tanto, è : “chi sta con Silvio può fare quello che vuole”.

Sempre come al solito, la canizza mediatica ha confuso le acque e ha distorto la realtà. Unificando due situazioni molto diverse e riuscendo a ribaltare una loro incapacità in un attentato alla democrazia.
L’unico fattore unificatore tra le due situazioni, se vogliamo trovarlo, era la litigiosità della destra che in Lombardia ha chiuso il listino poche ore prima della scadenza e nel Lazio addirittura mezz’ora dopo la scadenza stessa. Ma si sa, le scadenze seccano a molti italiani e Silvio ha compiuto un doppio miracolo: passare da colpevole a vittima ed erigersi ancor più come difensore della “libertà all’italiana”, ovvero quella che mette avanti l’interesse particolare su quello collettivo. Avvelenando ancor di più la democrazia italiana che ,basata su questa “libertà prevaricatrice”, diventa sempre più la democrazia del potere. Diventa oggi anche la “legge del potere”.

Così le loro divisioni, e i motivi delle loro divisioni, sono passati in secondo piano. Divisioni i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti, poiché li portano a non essere in grado di governare il paese nei problemi quotidiani. E le polemiche, oggi sul “decreto salva-liste”, ieri sul lodo Alfano o sulla sentenza Mills (per cui si discute tra la minzoliniana assoluzione o la pedissequa e noiosa sottigliezza della prescrizione), sono il fumo che scientemente usano da molti anni per distogliere l’attenzione.

Hanno ieri dimostrato che il loro federalismo è un federalismo di facciata e di convenienza, in perfetta linea con il loro senso di politica. Utile quando serve a Bossi e Tremonti, inesistente quando è necessario sanare i loro errori locali. Così il governo nazionale si mobilita in forze (un ministro della difesa arriva addirittura a minacciare azioni irresponsabili) per “salvare” una regione e una provincia. In barba alle autonomie regionali. Così i governi regionali del PDL, se saranno loro, saranno federali finché serve, finché non intralciano.
Ci hanno detto, con le loro azioni, e hanno detto ai cittadini, che i loro governi regionali saranno autonomi, per esempio nella scelta dei siti nucleari, finché non arriverà il governo, e magari l’esercito, a decidere. E’ questa la visione della politica al tempo stesso centralista e localista della destra italiana. Si rispettano i cittadini solo quando sono d’accordo con il capo, altrimenti si interviene.

Per questo ora, i decreti sono fatti, la polpetta avvelenata ai magistrati è stata mandata (un ulteriore, anche se più nascosto, intervento del governo sulla magistratura) e le proteste sono doverose. Come è doveroso criticare tutti coloro che hanno contribuito a questo finale, irrispettoso delle regole, della democrazia e dei cittadini, perché lede l’indipendenza dei governi locali dal governo centrale.
Ma questo, per tornare all’inizio, lo sapevamo già. Come sappiamo già che Berlusconi e la destra italiana considerano la democrazia unicamente come mezzo per conseguire i propri interessi.
La “necessità e l’urgenza” di questo decreto è la tipica necessità e urgenza del governo Berlusconi: salvare se stesso e i suoi sodali. In questo tipo di interventi sono sempre compattissimi. Non altrettanto lo sono nel risollevare la società e l’economia italiana, non altrettanto lo sono nel rispondere ai colpi della crisi economica, alla chiusura e alla delocalizzazione delle fabbriche, alla perdita di qualità della produzione italiana, alla perdita della dignità del lavoro e quindi dei frutti del lavoro che sono alla base della ricchezza di tutta la nazione.

In queste tre settimane elettorali sarebbe utile usare questo “caso” per parlare dei decreti e delle azioni che non hanno fatto e che avrebbero avuto la possibilità e il tempo di fare, visto che quando è in ballo il loro interesse sono sempre rapidi ed efficaci. Meno quando si tratta di far uscire l’Italia dal pantano economico e culturale. Certo in questo pantano ce l’hanno portata loro ed è difficile che da loro arrivi una soluzione.

sabato 6 marzo 2010

Attualità

"Vincere e Vinceremo"

Non ho parole. Anzi il mio non è stupore, visto che da questa cricca di fascisti al governo mi aspetto di tutto.
I colpevoli sono tanti. Loro sono Fascisti, eversivi, squadristi, arroganti, imbonitori, mistificatori. E tutto quello che volete. Napolitano è pavido e succube perché ha firmato.

Il PD si deve dare una svegliata, anche contestando il Quirinale. Occhetto, 20 anni fa, contesto' duramente Cossiga per molto meno. Abbiano e abbiamo il coraggio anche di contestare Napolitano, quando è necessario.

L'Italia ha il fumo negli occhi da 15 anni. Non si grida al lupo e poi il lupo viene, perché il lupo c'è già. I regimi non ritornano mai uguali. Questi si fanno i decreti quando una loro lista ha un problema. Perché loro sono quelli del "Vincere e Vinceremo".

Ma in Italia pochi sembrano capirlo. Per questo lunedi' torno in esilio.