lunedì 29 giugno 2009

Intanto ...

Se avete pazienza una decina di minuti, potete vedermi intanto qui. Poi qualche santo lo metterà su youtube.

venerdì 26 giugno 2009

Al lingotto!

Domani sera un viaggio in treno e sabato mattina fresco fresco mi ritrovo a torino.
Qui il documento scritto che presentiamo come iMille, qui sotto una versione che dovrebbe durare 5 minuti:

Per poter promuovere un rinnovamento radicale dell'Italia e dell'Europa, il Partito Democratico ha bisogno di un rinnovamento al suo interno altrettanto radicale, che coinvolga sia la sua struttura sia la qualità delle idee che promuove nella società.
Il partito si deve affrancare dagli sterili nominalismi e personalismi che hanno inquinato il centrosinistra italiano negli ultimi quindici anni, per riscoprire il senso non solo della sua recente nascita, ma soprattutto quello di una forza progressista che non sia un campo di scontro tra ideologie ma un luogo di confronto tra idee.
Così chiedere subito questa mattina un nome per la segreteria è una domanda sbagliata, fuorviante, che vuole rimettere l’azione politica nell’alveo sterile del nominalismo, senza interessarsi al senso di un partito progressista in Italia oggi, di come si possa generare una classe dirigente vincente e innovativa, di come ci si possa organizzare per elaborare e promuovere nella società la propria proposta politica.

Si può parlare di merito quando si sarà delineata una dirigenza politica che sia coerente e credibile. Si possono infatti proporre tutte le proposte politiche che si voglia, ma perché queste idee abbiano gambe devono essere portate da una classe politica che non sia screditata. Screditata perché quando ha avuto le sue opportunità di governo si è persa. Non ha saputo cambiare la società italiana che, sebbene il centrosinistra abbia governato per 6 anni e mezzo dal 96 a oggi, si ritrova oggi molto più a destra: nelle idee dominanti di “sicurezza” intesa come contrapposizione tra la “pura razza italica” e i “pericolosi” migranti, nella volgarità dominante nei rapporti uomo-donna, nell’identificazione ad escludendum dell’Italia con il cattolicesimo in contrapposizione ad altre culture e sentimenti, nel localismo esasperato, che riduce le nuove sfide del cosiddetto mondo globale alla difesa del limes dell’impero contro le invasioni barbariche.
Questa classe dirigente non è stata quindi solo delegittimata dalle ultime sconfitte elettorali, ma dalla sua incapacità palese nel costruire una società più sana, moderna, aperta al futuro.

Come arrivare ad un partito che si rigeneri in maniera sana e non attraverso i metodi della cooptazione? E’ necessario liberarsi da una abitudine tipica in Italia: attendere che il capo ormai anziano liberi il posto per il suo più fedele tra i fedeli, colui che pur di arrivare alla successione ha dimenticato ogni capacità di autonomia, ogni passione. Ma una nuova generazione di dirigenti non cresce sopra gli alberi. Se una generazione è già in campo, “nel lavoro, nelle professioni, nelle amministrazioni, nel partito”, deve smetterrla di partecipare alle iniziative di altri dove il vecchio leader di turno presenta le proprie idee e si bea degli applausi di giovani sudditi. Altri “innovatori” dotati di spirito critico e di autonomia intellettuale, devono invece scendere dal pero ed invadere i circoli. Prendere tessere e fare tessere. Se non ci piacciono i suoi dirigenti ma restiamo fuori è facile e sterile critica, è restare comodamente in poltrona e guardare dalla finestra gli altri spalare la neve e far notare che potevano farlo meglio. Se vogliamo cambiarlo ora, bisogna farlo ora.

L’organizzazione di un partito dovrebbe poi rappresentarne la volontà di trasparenza e democrazia come la capacità di gestione del paese. Il PD è completamente disorganizzato. I circoli, gli iscritti e i simpatizzanti ricevono tutte le informazioni in modo casuale, per passaparola. E questo sembra dovuto a due cause che si auto-alimentano: da una parte privilegiare nelle decisioni e nel tempismo chi ha sufficienti entrature nei palazzi che contano, dall’altra la “disorganizzazione voluta” ha fatto dimenticare la capacità della buona organizzazione. Abbiamo così un partito che non coordina le sue energie per volontà e incapacità, che si scontra (perdendo) con una destra che fa dell’organizzazione di tipo aziendale il suo punto di forza propagandistico. Organizzazione aziendale che non è il nostro modello culturale ma contro la cui efficacia bisogna confrontarsi proponendo un modello interno diverso che sia lo specchio del modello di società che proponiamo.

Per organizzare un partito servono onestà intellettuale, volontà di trasparenza, competenze. Organizzazione che deve diventare in modo completo organizzazione del Partito Democratico e non semplice giustapposizione di due organizzazioni precedenti. Bisogna chiudere la stagione dei funzionari in quota Margherita o in quota DS e bisogna chiudere la stagione della gestione separata delle finanze del partito. Un solo tesoriere, una sola gestione finanziaria, un solo patrimonio monetario e immobiliare, come una sola dovrà essere l’appartenenza al PD.

Parlando di “appartenenza” non può non nascere la questione della “linea politica”, della “identificabilità” spesso chiesta da molti. Ma il problema, o il bello, per la sinistra moderna, è che questa linea è tutta da inventare. La linea non può, e non deve, nascere dal ritornare alla falsa sicurezza di una visione del mondo del secolo scorso, né con il marxismo socialista né con l’umanitarismo popolare, né con lo scimmiottamento grottesco del liberalismo economico come nuovo sol de l’avvenire. La Destra fa il suo mestiere: si reinventa declinandosi come statalista e liberista al tempo stesso, come protezionista e amica delle multinazionali. Crea il bisogno di ordine e propone un padre (un papi). Cosa fa la Sinistra? Sembra brancolare nel buio alla ricerca di regole. Abdica così da una delle funzioni principali della politica, e soprattutto quella progressista: “guidare” la società. Ma oggi non si guida seguendo le ricette scritte su vecchi libri polverosi del secolo scorso ma affrontando i problemi con umiltà, ovvero ascoltando le parti in causa e rendendole attrici nel processo della creazione di una visione della società e del mondo che migliori la società e il mondo, seguendo il valore stesso della condivisione, dell’importanza della dignità di ogni persona nel suo lavoro, nei suoi affetti, nella sua quotidianità.

Nella sinistra italiana molti, privi di fantasia e di coraggio, cercano di riciclare i modelli che potevano funzionare nel passato o inseguono quelli della destra. La mancanza di capacità immaginativa è forse il maggior sintomo dell’inadeguatezza della classe dirigente della sinistra e del PD. Una classe dirigente che ha perso la capacità di leggere il presente perché vecchia, occupata in lotte di palazzo, che non conosce più la società che dovrebbe rappresentare, una classe che si è formata su schemi antichi, che non ha l’abitudine all’elaborazione critica delle proposte politiche, a mettersi in gioco, a mettere in discussione le proprie posizioni per elaborare le migliori strategie sia di corto che di lungo periodo.

E allora, come e dove può nascere questa “rivoluzione culturale” necessaria per ricostruire una sinistra vincente, elettoralmente, politicamente e culturalmente? Dando fiducia alle tante intelligenze, alle tante sensibilità proprie della nuova società dove la cultura è “di massa”. Dove non ci sono guide istruite e masse proletarie o contadine ignoranti e disinformate. Così il partito dovrebbe avere il coraggio di dare fiducia ai propri componenti, e scommettere sui circoli per un nuovo rinascimento culturale e democratico. Per fare questo occorre organizzazione e coordinazione.
Un partito che rifugge le ideologie ma promuove le idee. Un partito nuovo che liberi le energie dei propri iscritti e simpatizzanti per liberare le energie dell’Italia, perché quella rinascita culturale, sociale, industriale necessaria non può venire da un partito sterile e statico, ma solamente da un partito che sia già lo specchio, l’avanguardia, di quella società dinamica, orizzontale, aperta, progressista necessaria per vivere a pieno titolo nel mondo contemporaneo.

lunedì 22 giugno 2009

Letta a Paris ... Gianni o Enrico?

Letta (Enrico ...) è venuto oggi a Paris a presentare il suo libro (edito da mondadori, of course non credo ci fosse bisogno di dirlo ...). Che ovviamente non penso meriti una grande lettura, meglio sicuramente se si vogliono proprio leggere libri di politica dell'oggi (istant books sempre da evitare) quelli di analisti più fini (Marc Lazar che presentava l'incontro mi sembra una persona i cui libri potrebbero meritare di essere letti), anche se è sempre meglio leggere romanzi, che parlano molto di più della "Politica", intesa come la vita vera e il senso delle azioni private e pubbliche, di tanti inutili panflet propagandistici.

Ma al di là di questo nuovo libro di un politico, di cui non credo si sentisse la mancanza e che non credo segnerà la storia né della politica né della società italiana, è stata un'ottima occasione per conoscere uno dei leaders del presente e del futuro.
Già però mi sembra piuttosto un leader di un futuro schieramento avversario moderato-conservatore, posizionato nel campo opposto a quello dei progressisti, che un "compagno" di partito. Così a pelle, ma anche per la questione dell'alleanza con l'UDC - che l'ha fatta da padrona nel dibattito. Non solo, e non tanto, per la questione in sé dell'alleanza, ma per la motivazione della stessa. Ovvero: per vincere bisogna allearsi e l'UDC è alleato naturale. Venendo così meno al senso stesso della nascita del PD, in barba alle lezioni del passato (lui stesso cita le vittorie del 1996 e 2006 in cui ci si è alleati con Dini e Mastella per vincere, non i migliori esempi mi pare ...) e in barba a qualsiasi discorso "contenutistico". Insomma in puro stile da notabile democristiano.

Se questo è il futuro del PD, aridatece baffo, baffetto, stecchino, chiunque!!!!

"I giovani devono essere inseriti gradatamente"

"I giovani devono essere inseriti gradatamente", questa nazionale bollita mi ricorda tanto il PD. E perdere sembra non conti per imporre il rinnovamento. Allora è una questione culturale, la casta non c'entra nulla. O si?

venerdì 19 giugno 2009

Alto livello

Mentre nel PD si è tutti presi dal congresso, dall'altra parte ferve il dibattito come sempre su questioni di grande importanza: "ma tu quando me le presenti le amiche tue?" (S.B.)

martedì 16 giugno 2009

La lezione verde di Cohn-Bendit

Non si può mancare qualche giorno, e non aggiornare il blog, che ti pubblicano su l'Unità ...

Immaginazione e unità. Con queste due parole chiave si riassume il metodo che ha portato Cohn-Bendit a compiere due miracoli: riunire in un progetto politico europeo e innovatore le tante anime ecologiste francesi e portare questa unione ad una eclatante vittoria. Una vittoria ancor più atipica nel panorama politico uscito dalle elezioni europee, poiché Europe Ecologie – la lista condotta da Dany il rosso – è l’unica forza non solo innovatrice ma anche convintamente europeista ad affermarsi il 7 giugno, quando in tanti paesi europei le pulsioni nazionalistiche e protezionistiche prendono il sopravvento. Unità e immaginazione. Cohn-Bendit riesce facilmente a convincere elettori del PS e del MoDem grazie ad un progetto chiaro e onesto, unendo rigore intellettuale e un’oratoria semplice e diretta. Il progetto ecologista, anche sulla scia dei primi passi dell’amministrazione Obama, delinea una proposta politica realizzabile per uscire dalla crisi, dorandosi al tempo stesso del più nobile dei propositi, quello di salvare il pianeta. Ma Dany è ancor più travolgente perché non si fa invischiare nella palude del localismo e del nazionalismo da parte di giornalisti e avversari che tentano di portare il confronto nei piccoli confini interni. Riesce infatti ad esporre sulle questioni principali, lavoro, ecologia, politica estera, una visione europea, una risposta necessariamente europea. È questo che hanno premiato gli elettori progressisti francesi. Immaginazione. Il vecchio leader del maggio francese sembra non aver perso lo smalto di 40 anni fa, quando chiedeva l’imagination au pouvoir. Ora l’immaginazione sembra la sola salvezza per la sinistra francese ed europea. Immaginare come uscire dai soliti schemi delle social-democrazie, unire il campo dei progressisti come si è riusciti a riunire quello degli ecologisti, elaborando un progetto innovatore, volto al futuro. Un vasto campo che Cohn-Bendit individua, non solo in Francia ma in tutta Europa, composto di ecologisti, socialisti e liberal-democratici. Un campo dove è necessario riconsiderare le proprie rassicuranti antiche parole d’ordine e crearne di nuove adatte alle sfide del tempo attuale. Un campo che in Francia è tutto da costruire. Un progetto che da noi è nato in anticipo rispetto all’Europa: Ulivo e Pd ne rappresentano la versione italiana. Un progetto cui però è mancato finora il coraggio delle azioni. Se quindi il Pd può mostrare come l’immaginario sia possibile, deve imparare come questo immaginario possa realizzarsi e affermarsi uscendo dalle imbolsite e tristi usanze politiche del secolo scorso.

martedì 9 giugno 2009

Democratici d'attacco

Mi sembra che sia inutile nascondere il risultato italiano, che per le europee è finalmente definitivo in termini di seggi e eletti (ultimi credo in europa, un bel record).
Il PD ha perso non solo rispetto alle elezioni dell'anno scorso (dopate dalla legge elettorale con premio di maggioranza) ma anche alle europee di 5 anni fa, dove l'Ulivo prese il 31% ovvero il 5% in più di quest'anno. Allora fu premiato il progetto ora ne viene parzialmente bocciata la realizzazione. E quei 5 punti persi li ritroviamo pari pari riguadagnati da IdV. Mentre, sempre rispetto al 2004, Comunisti+SL fanno all'incirca gli stessi voti di Rifondazione da sola. E tralascio gli altri rivoli, per puntare all'essenziale.

Il PD non riesce a concretizzare l'idea per la quale era nato, e sulla quale aveva avuto il consenso nel 2004 (come prospettiva) e tutto sommato anche l'anno scorso. Dal risultato dell'anno scorso si sarebbe forse dovuti ripartire, giocare d'attacco e non in difesa. Franceschini è stato un buon mediano, ma la sensazione è che con i mediani si potrà al massimo arrivare a quella soglia del 33% che sembra restare un valore insormontabile per qualsiasi unico aggregatore progressista in Italia: PCI (come record storico e sorpasso nel 1984) e poi Progressisti di Occhetto (in quel caso fu batosta nel 1994 contro il primo Berluskoni). Per andare oltre servono attaccanti, idee che riescano a sfondare guardando avanti, al futuro, che siano dinamici e scattanti.

Sembra poi che nel PD esista una inerzia al rischio e al coraggio non solo da parte degli intramontabili "dirigenti" (che sono lì da 15 anni o forse più) ma anche dalla parte più inquadrata del suo elettorato. E qui vengo alle preferenze e alla sconfitta di Ivan (anche qui non stiamoci a nascondere). Con 22000 preferenze nel Nord-Ovest non solo non è eletto ma è ben lontano dalla soglia delle 45000 preferenze necessarie per andare all'Europarlamento.
E se guardiamo il panorama degli eletti nel PD, possiamo gioire poco: Serracchiani e Prodi nel Nord-Est, Borsellino e Crocetta nelle Isole, possiamo infilarci pure Pittella nel Sud per il suo poco conosciuto ma importante lavoro a Bruxelles. E il paradosso non è tanto nei risultati, ma nel non utilizzo da parte della maggior parte degli elettori della preferenza, tanto invocata contro l'utilizzo delle liste bloccate. Così mette le preferenze o chi è del PD o chi ne segue le vicende da vicino. Gli altri - che sono la maggior parte e sono quelli che contano - non usano la preferenza, sembrano votare il partito nel suo complesso.

Il rovescio della medaglia è il fatto che molti con lo stesso spirito non lo votano nel suo complesso e non bastano alcune figure (peraltro spesso marginalizzate) per convincere l'elettore a votare un partito.

Ora aspettiamo il secondo turno delle amministrative, ma poi penso che dentro il PD bisogna ragionare in termini di attacco e non di difesa delle posizioni. D'altra parte su questo Silvio anche sarà d'accordo con i "komunisti" per una volta: la miglior difesa è l'attacco.

lunedì 8 giugno 2009

Verde Francia

Se il buon giorno si vede dal mattino, oggi c'è il sole e la Francia è forse l'unico paese dove si è affermata una forza europeista (o meglio una forza guidata da uno dei più convinti europeisti, Dany Cohn-Bendit). Stranamente (e per fortuna) qui non hanno vinto i nazionalismi ma le idee visionarie.
I dati al mio seggio chiaramente non potevano essere rappresentativi di tutta la Francia, che se Europe Ecologie avesse avuto al livello nazionale più voti dell'UMP allora veramente bisognava andare in piazza a festeggiare ;)

Ora mi riprendo, attendo con ansia Ivan (che rischia di essere anche sto giro il primo dei non eletti), esco e mi leggo integralmente Libé (version papier).

domenica 7 giugno 2009

Risultati del mio seggio

Esco ora dal seggio dove ho fatto il "segretario" (a gratis, in francia non pagano i cittadini per mandare avanti la democrazia):

Votanti 679 su 1246 aventi diritto (pari al 54.5%)
Risultati delle principali liste:

Europe Ecologie (la lista di Cohn-Bendit) 27.8%
UMP 27.5%
PS 17.3%
Modem 8.1%
Front de Gauche 5.3%
NPA 3.5%
Fornte Nazionale 2.1%

a dopo ...

giovedì 4 giugno 2009

Contare come cittadini



Qualcuno ha detto che nel parlamento europeo bisogna "contare come paese". Io preferisco contare come cittadino. Per questo domenica voterò per le liste francesi, e tra queste per la lista del Partito Socialista.

Se fossi residente in Italia, ovviamente, voterei per il Partito Democratico, che, al contrario di quanto dice quello stesso signore, entrerà in un gruppo parlamentare con i socialisti europei (e per questo votare PS o PD è uguale dal mio punto di vista).
Per chi, anche a ragione, mi dicesse che nel PD ci sono molti impresentabili, ricordo che ci sono le preferenze. Le mie andrebbero a

Scalfarotto (Nord-Ovest)
Serracchiani (Nord-Est)
Cioffredi (Centro)
Capacchione (Sud)
Borsellino (Isole)

Se votassi in Italia mi documenterei per trovare altre preferenze (se ne possono dare fino a tre), perché so che ce ne sono anche tanti altri meritevoli.